Credo che in futuro, quando sarà storicizzata la scena metal degli anni dieci, andrà tenuta in una considerazione maggiore di quanto si faccia adesso la produzione degli Eclipse. Il gruppo svedese si è stabilito come sicuro e costante punto di riferimento dell’hard rock melodico, con una serie di dischi di alto livello esecutivo e soprattutto compositivo.
Erik Mårtensson della rockstar non ha il phisique du role, ha pessimo gusto in fatto di copertine (che palle ‘sti teschietti sempre uguali), è probabilmente nato in un paese e in un’epoca sbagliata per ascendere al successo vero, ma con Eclipse e W.E.T. ha ripetutamente dimostrato di essere un eccellente creatore di canzoni.
Pur non raggiungendo forse le vette compositive di Armageddonize del 2015, Paradigm si pone brillantemente in una scia d’ispirazione della quale ancora non s’intravede il declino. Anzi, con l’iniziale Viva La Victoria gli Eclipse sembrano volersi aprire a un mercato più grande di quello tutto sommato angusto del loro sottogenere. Il pezzo suona più o meno esattamente come lascia presagire il titolo: trionfalistico e un po’ ruffiano, potrebbe stare sul palco del Bang Your Head tanto quanto su quello dell’Eurovision Song Contest.
C’è una vena anthemica che ricorre nel disco, come una voglia di celebrazione e consacrazione: United ne è un altro esempio, un po’ più ordinario ma sempre ben memorizzabile. Trovo tuttavia maggiormente apprezzabili gli arrangiamenti più sleazy e americaneggianti di Mary Leigh, uno degli apici del disco insieme agli stratosferici cori di Delirious (alla Harem Scarem!).
Due parole sulla produzione: suoni potenti e cristallini ormai garanzia Frontiers (che differenza con le produzioni ovattate di venti anni fa!), che garantiscono al gruppo esattamente quello che cerca, anche nei casi in cui decide di abbassare il ritmo, come nelle ballad Shelter Me e When The Winter Ends (quest’ultima anche in una bella versione acustica). Va detto che questa muscolarità e quadratura un po’ crucca, tipica del class/AOR continentale sin dai primi anni novanta (Fair Warning, gruppi di Michael Voss), porta con sé il rovescio della medaglia di scarsa raffinatezza negli arrangiamenti, anche se rispetto ad altri gli Eclipse non sono troppo legnosi. E chi cerca atmosfere AOR più tastierose può sempre rivolgersi agli W.E.T.
Gli Eclipse in compenso possono sfruttare la loro potenza di base per fare quello che riusciva bene ai Dokken e non altrettanto bene ai Ten, ovvero conciliare class e classic metal: in questa occasione meglio nella tagliente 38 Or 44 (grandi assoli) che nell’epicheggiante The Masquerade.
Insomma, chi già li segue non resterà deluso da Paradigm, ma chiunque ami queste sonorità non ha nessun motivo al mondo per non iniziare a seguirli.