Chiunque ami un po’ l’Heavy Metal conoscerà (purtroppo) band come Stratovarius, Freedom Call, Sonata Arctica, Nocturnal Rites, Angra e affini.Molte di queste band nascono tra la metà e il finire degli anni 90 quando, dopo il distruttivo passaggio del grunge e una cronica mancanza di idee da parte dei big, l’Heavy Metal classico e il Thrash in particolare arracavano parecchio.
Ovviamente, come in tutto ciò che può creare un guadagno, un lucro, le case discografiche impazzirono per il trend del momento e iniziarono a produrre band power in quantità industriale, intasando il mercato, i magazine di settore e tutto ciò che si potesse intasare.
Ma analizziamo un po’ più da vicino il fenomeno musicale in questione e proviamo ad addentrarci in un mondo fatto di vocine bianche, ritornelli melensi, infinite battaglie tra bene e male, Tolkien, orchi, draghi, spade e orpelli medioevali in quantità.
Uno dei tratti distintivi del power melodico sono senza ombra di dubbio i ritornelli. Sfido chiunque a non aver canticchiato almeno una volta il ritornello di Eagle Fly Free. Beh, stiamo parlando degli Helloween, una band iconica ed enorme, ma che purtroppo, dopo aver praticamente creato un genere con il mastodontico Walls of Jericho, ha ammorbidito il sound cercando disperatamente la giusta formula tra melodia melensa e velocità.
Complice di questo drastico cambiamento: Michael Kiske. Ottimo cantante senza dubbio, dotato di un’estensione e una versatilità spaventose ma, a parere di chi scrive, assolutamente inadatto al Metal e molto più idoneo a sonorità AOR.
Ma questo non è un articolo su Kiske, che vuoi o no, rimane un cantante iconico, bensì su come Kiske con i suoi Helloween abbiano potuto influenzare tutta la scena power melodica venutasi a creare negli anni 90. Prendiamo per esempio gli Stratovarius: tecnicamente buoni, pieni di virtuosismi e doppia cassa “a elicottero”, dei ritornelli e un appeal fuori dal comune ma assolutamente innocui. Una versione velocizzata degli Europe e nulla più.
Gli Angra: tecnicamente fenomenali, veloci, precisi, vantano una serie di cantanti invadibili, tra cui André Matos (RIP), ma alla fine della fiera sono innocui anche loro. Canzoncine allegre, piene di melodia e carinerie e poi?
Ho nominato due dei nomi più noti ma potrei continuare all’infinito, tanto son tutti uguali, la ricetta è la medesima. Sweep picking, doppia cassa, plettrata alternata con palm muting e melodia a tonnellate. Anche la sigla giapponese dei Power Rangers presentava queste caratteristiche, come quella di Dragon Ball Super.
La sigla di Jem e le Holograms è un chiarissimo prototipo di Power melodico, l’accelerazione centrale della sigla è degna dei migliori Helloween.
E pensare che quando si parla di Power Metal vengono in mente Iced Earth, Metal Church, Armored Saint e Jag Panzer, band che con le carinerie e le melodie da scolaretto di cui sopra non hanno assolutamente nulla a che fare pur suonando un metallo abbastanza orecchiabile.
Il Power melodico affonda prepotentemente le sue radici nell’ AOR e nell’ Hard Rock più commerciale, quello di Bryan Adams per intenderci, e lo mischia a veri e propri plagi di quanto fatto dai Maiden, i Manowar e gli Helloween degli anni 80.
E così gruppi come gli Edguy, cloni dei citati Maiden (ascoltate il ritornello di Until We rise again e quello di Aces High) e del gruppo di Weikath raggiungono un successo planetario, dedicando la proposta musicale non ai fan di Iced Earth e Metal Church bensì a chi ama roba più leggera e orecchiabile.
Non fanno eccezione neanche i Gamma Ray del folletto Hansen, creatore di brani allucinanti come Ride the Sky o Phantoms of Death, i quali iniziano una carriera costellata da alti e molti bassi, piazzano due dischi decisamente buoni (Land of the Free e Somewhere Out in Space) per poi cadere nella mediocrità, prendendo a piene mani dai Priest e dai Maiden e diventando sempre più inoffensivi e spompati.
Nascono band più dirette come gli Iron Savior di Piet Sielck che picchiano come matti, mostrano i muscoli e poi si perdono nel solito, commerciale, melenso ritornello da cantare sotto la doccia. I Primal Fear di Scheepers (ex Gamma Ray) saccheggiano i Priest di Painkiller e condiscono il tutto con melodie scontate. I Nocturnal Rites, scontati e piatti come una sogliola sotto una pressa. I danesi Manticora, che forgiano il termine progressive – power thrash (sti gran cazzi), i Thunderstone, i Firewind, i Sonata Artica (soporiferi), e miriadi di altre band e sottogeneri che, seppur con caratteristiche differenti, hanno un’unica missione: il ritornello accattivante.
Chi ascolta ‘sto genere vuole esattamente questo: il ritornello accattivante. Un po’ come a Sanremo: alla gente frega un cazzo se il brano è ben fatto o meno, l’importante è che sia cantabile.
Produzioni plasticose e finte, suoni freddi, batterie triggerate e voci stretchate allo sfinimento sono la cornice che caratterizza il buon 90% delle uscite del genere. Le band fanno a gara per risultare sempre più delle copie di Bon Jovi con un tantino di distorsione in più.
E cosa dire delle immancabili ballad poste a metà della tracklist? I brani lenti, in fondo, nel Metal ci sono sempre stati, basti pensare a Children of the Damned dei Maiden o a Heart of Steel dei Manowar, ma si è sempre rimasti all’interno del genere, brani lenti sì ma comunque in chiave Metal.
Ciò non può esser detto per le ballad composte dagli alfieri del powerone melodico. Brani di una mielosità che farebbero impallidire Fred Bongusto, infiniti, lenti e pachidermici, con i soliti scontatissimi ritornelli e assoli degni del peggior Nino D’angelo di Un Jeans e ‘na maglietta, il tutto condito da testi strappalacrime e cuori infranti.
Ovviamente ci sono delle eccezioni. Prendiamo come esempio i Blind Guardian: partiti da gruppo fotocopia degli Helloween di Walls of Jerico, raggiungono fama mondiale con album davvero ottimi come Somewhere Far Beyond, Imaginations e Nightfall. La capacità dei Blind Guardian nel riuscire a far coesistere furia speed/thrash con ottime melodie medioevaleggianti, il tutto condito con una voce potente e a tratti sgraziata. Esperimento riuscitissimo purtroppo però fino al 2003, anno in cui i BG tonfano clamorosamente avvitandosi su sé stessi.
Non si salva nulla insomma, il carrozzone melodico è quanto di più lontano ci possa essere dall’ Heavy Metal, dal genere ruvido e cattivo che faceva scapocciare grazie agli Agent Steel, gli Helstar, i Nasty Savage.
E l’Italia?
L’Italia è la patria dei Rhapsody, dei Rapsody of Fire, dei Luca Turilli’s Rhapsody e dei Turilli/Lione Rhapsody. Ovviamente in Italia, patria del neomelodico napoletano, il metal melodico ha attecchito in maniera allucinante. Cosa c’è di meglio di atteggiarsi a metallaro cattivo senza scontentare mamma e papà?
Beh, mammina e papino possono star sereni che il loro pargoletto non ha nulla a che vedere con una massa di drogati, capelloni, satanici che tutto fanno tranne che musica. Eh no, il loro pargoletto ascolta sì musica un po’ strana, ma è dalla parte dei buoni, dalla parte di Aragorn e Frodo, coloro che batteranno il malefico Sauron e salveranno capre e cavoli.
Non mi va di star qui a nominare tutte le band di metal melodico che purtroppo l’Italia ha partorito nel corso degli anni, sono così tante e così inutilmente uguali che sprecare tempo per elencarle mi sembra alquanto privo di senso. La corsa a chi compone il ritornello più medioevale, più epico e sognante ha prodotto sgorbi di ogni genere che hanno plagiato Al Bano e i Pooh spacciando il tutto per Metal e, tanto per cambiare hanno avuto il supporto di molte label che, fiutato il potenziale commerciale, hanno siglato contratti con chiunque. Appeal commerciale, sì, perché il metal melodico lo ascolta chiunque; e lo segue chiunque proprio per la sua natura innocua e poco impegnativa.
Il power “metal” melodico è, a parere di chi scrive, il sottogenere peggiore mai nato dall’ Heavy Metal, caratterizzato da tanta, troppa apparenza e pochissima sostanza. Giacchette in pelle, camicie con i volant e stivaletti scamosciati sottolineano quanto lontano questo genere sia lontanissimo da ciò che lo ha creato.
L’Heavy Metal è un genere fiero, duro e ruvido che ha saputo sopravvivere al tempo e che ancora oggi, dopo 40 anni dalla sua nascita, riesce ancora ad emozionare e a spaccare.
Fortunatamente lo stesso non si può dire del power melodico, il quale, per fortuna, si è lentamente (troppo lentamente) diretto verso l’oblio, accasciandosi debole e senza vitalità così come succede a tutto ciò che abbia rappresentato una moda.