Parlando con Cavallo Goloso, è saltata fuori una disputa a cui lui ha assistito diverso tempo fa su facebook. Dei metalluomini si azzuffarono per decidere chi fosse il più grande tra Quorthon e Varg Vikernes. Al di là del fatto che per me la questione neanche dovrebbe porsi, quello che Ruggiero ricorda, è che a giustificare un simile conflitto tastieristico tipicamente social, sia il fatto che entrambi questi due artisti erano figli di papà; e grazie ai soldi di famiglia riuscirono a realizzare i loro progetti. Quello di cui vi voglio parlare oggi però non riguarda la disputa sopra e tanto meno la faccenda dei figli di papà. Vero, Quorthon era figlio di un produttore. Ed è vero che, con i suoi primi dischi, il leader (e unico membro) dei Bathory creò il black metal. Va bene citare Venom, Sodom, Hellhammer, Mercyful Fate. Ma la verità è solo una: senza Quorthon e Under The Sign Of The Black Mark, oggi non avremmo le principali band black metal nordiche. E infatti Mayhem, Dartkthrone e tanti altri l’hanno sempre riconosciuto non come una semplice influenza, ma un vero profeta in terra.
In realtà il black metal, inteso come sound e canone stilistico, a partire dai Mayhem e la progenie di Oslo, si è sempre retto su un equivoco. La registrazione pessima, l’elitarismo, la grossolanità delle esecuzioni, esprimevano una purezza e una intransigenza di cui c’era bisogno nel metal, secondo Euronymous e Fenriz. Anche Varg sosteneva che non bisognasse concedere nulla al music business né esibirsi dal vivo e lasciarsi schiavizzare da tutto il resto del pagliaccesco tran tran che, nel tempo non a torto, ha ridotto i Mayhem e Abbath a degli imbarazzanti puffi da supermarket del metal estremo.
Eppure la sensazione, avvalorata anche da alcune dichiarazioni del “profeta”, è che Quorthon abbia sempre visto i suoi figli artistici norvegesi come Brian di Nazareth vedeva i suoi testardi seguaci ebrei. Il film dei Monty Python, per chi non l’avesse visto, si regge su un gigantesco equivoco che porta un povero Cristo (si fa per dire) di nome Brian a prendere il posto di Gesù. Le difficoltà di convincere un pubblico esagitato e fin troppo disponibile ad accogliere profezie e miracoli, finiscono per condurre Brian fin sulla croce, proprio come il vero Messia.
Ecco, Quorthon ha subito una sorte simile. Quando penso al suo terzo disco, preso a modello da un pugno di ragazzini disagiati come fosse una bibbia da seguire alla lettera, mi ritorna in mente la zucca di Brian, sfoggiata e preservata come il Sacro Graal.
E a nulla sono valse le parole del musicista svedese, il quale disse più volte che la scelta di occuparsi quasi di tutti gli strumenti era perché non aveva musicisti decenti che gli dessero retta. E soprattutto la qualità dei suoni era così grossolana per via del budget ridotto, le tempistiche forsennate e una miriade di altre cause di forza maggiore. Non si trattava di una volontà artistica consapevole.
Quorthon avrebbe desiderato, se gli fosse stata data la possibilità e soprattutto il denaro necessario, di incidere un lavoro all’altezza delle band thrash americane! Magari più estremo e cattivo ma capace di rispondere a certi standard commerciali e professionali. Non gli riuscì. Anzi, il risultato lo depresse. Non era felice come Varg, quando uscì dallo studio dove aveva inciso Aske proprio in quel modo di merda perché era ciò che desiderava fare.
Però bisogna aggiungere che se i Bathory avessero avuto i soldi e i produttori giusti, comunque avrebbero creato qualcosa di originale e unico, perché una versione così epica dell’estremo non l’aveva ancora concepita nessuno. Col tempo Quorthon andò avanti nel suo percorso, mantenendo quell’aura misteriosa e l’attitudine schiva e intransigente, mirata alla creatività e basta. E inventò il viking metal. Praticamente come scorreggiava ‘sto tipo inventava qualcosa.
Varg Vikernes invece ha dovuto uccidere per avere l’attenzione che la sua musica tanto rifugiva. “Burzuman” è sempre stato un tipo davvero incasinato. Da una parte cercava in tutti i modi di non piacere a nessuno e dall’altra aveva un disperato bisogno di stare al centro dell’attenzione. Anche se il mondo di cui voleva essere sovrano era un buco di culo di città dove non succedeva un cazzo dalla mattina alla sera.