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O si vive o si lavora – La giornata tipo di un impiegato del XXI secolo!

Si deve lavorare per vivere. Ci sono giornate però in cui credo a volte di vivere per lavorare. Capita mai anche a voi? Vi alzate la mattina senza durello. State lì a fissarlo chiedendovi se forse soffrite di disfunzione erettile. S’indurisce e maledite Dio perché ora dovete pisciare con l’alza bandiera. Bevete un caffè amaro come la vita, perché pensate di mangiare troppi zuccheri e non ne mettete neanche un cucchiaio dentro, salvo poi mangiarvi sei brioche e due pezzi di stecca di cioccolato solo a colazione.

Bagno, doccia… non fate in tempo. Vi date una lavata veloce. Annusate le ascelle. Non puzzano, ma il sotto-palla sì. Ma chi è che vi annusa il sotto-palla poi del resto?  Solo voi stessi dopo che vi siete annusati le ascelle.

Si va al lavoro, si sopravvive e si odia qualsiasi essere umano conosciuto. Misantropia portami via. Fissate l’orologio come un conto alla rovescia, perché avete capito che se contate le ore fatte, il tempo non passa mai, viceversa contando quelle che mancano i minuti scorrono più velocemente.

Sognate già la birra del sabato sera, nonostante sia solo lunedì. Pensate alle persone care. Una, forse due, basta. E sono pure troppe. Concludete la giornata. Tornate a casa, mangiate un piatto di pasta veloce mentre attendete che il pc si accenda. Sì oggi scriverò quell’articolo per il blog, vi dite, ma il vostro basso livello di concentrazione vi conduce verso le facili distrazioni. E aprite un video youtube. Vi stancate.

Allora aprite uno dei tanti telefilm iniziati e mai finiti su Netflix. Vi stancate pure di quello e mettete un porno. Poca trama, ma tanta sostanza. Scoprite che la sborra è un ottimo dentifricio e nonostante la censura i porno giapponesi non sono mica male, sapete?

Eiaculate. Aaaaaaharbrk! Il mondo precipita come un ascensore a cui si staccano i fili. È mezzanotte. Fissate il videogioco che dovevate finire, ma pensate “ci giocherò domani”. Allora prendete il libro sulla scrivania e ricominciate da capo quel capitolo che avete letto la sera prima, ma non vi si è bene impresso nella mente perché avevate sonno e le parole svolazzavano come un sogno di mezza estate, perché se quello fuori è autunno, allora la mia mano non è ancora sporca di sperma. Cazzo.

Vi andate a lavare le mani. Vi fissate nello specchio. Avete la barba incolta. Mi rado domani, ora solo una doccia, vi dite. Fatto. Uscite, ma il libro non lo continuate, perché le parole stanno sul vostro cervello come pomodori lanciati contro il muro.

Andate a dormire e il giorno dopo ricominciate il ciclo, pensando che ormai credere alla reincarnazione o la pensione è un po’ la stessa cosa. Esisterà un aldilà? Esisterà una pensione? Sarà abbastanza se potrete permettervi il funerale. Bella spesa che lasciate a chi rimane dopo di voi.

E vi domandate: ma quando non ci sarete più il mondo continuerà a esistere o forse era solo un sogno dall’inizio? La morte è un risveglio?

Siete dei o aborti? E se siete aborti, chi cacchio vi ha abortito?

Poi ripensate a chi vi ha lasciato. Fissate il cellulare aspettando un messaggio che non arriva mai più. Ah già. Iniziate a piangere.

Pensate allora ai vivi. Fissate il cellulare aspettando un messaggio di chiunque. Ricominciate a piangere.

Ricordate quando eravate disoccupati. Quanto tempo sprecato. E ora che tempo non ne avete più perché lavorate, dovete accontentarvi di sprecare il poco tempo libero che vi rimane.

Siete schiavi del vostro lavoro? Se non lavorate non avete denaro, ma se lavorate, comunque non ne avete granché. Senza un lavoro di merda avreste il vostro orgoglio, ma non lo accetterebbero alla cassa di un supermercato.

Continuate a fissare il cellulare aspettando un suo messaggio. Ah già. Piangete di nuovo. Andate a dormire. Questo è un problema dei voi di domani.