Cosa passa per la mente di una band italiana che approda su Century Media? Non una band di sprovveduti, s’intende, bensì un gruppetto di gente scafata che ha già condiviso tour bus, motel, chilometri di autostrade del Vecchio e Nuovo Mondo, e tutto ciò che ne consegue, con figuri del calibro di Cryptopsy e Aborted. La faccio breve: sto parlando dei romani Hideous Divinity, giunti alla quarta release con questo Simulacrum, uscito appunto per Century Media. Reduci dall’esaltante Adveniens del 2017 – suoni oscuri, ottime recensioni, grande accoglienza live, tutto ciò che serve a una band per farsi le ossa e diventare matura, compiere il passo definitivo, quello che ti mette sul piano di chi fa il Death Metal sul serio – gli HD scrivono la colonna sonora di questa transizione.
Così sono i riff di tracce come l’opener Deleuzen Centuries e la rapidissima Actaeon in cui le indecisioni sono annichilite in un incedere schiacciasassi. Una menzione a parte la meritano le due cover poste al termine della lunghissima tracklist: Cursed In Eternity dei Mayhem e un’interpretazione davvero esaltante di Blood Of The Zodiac dei Machine Head attraverso cui gli Hideous Divinity fanno un omaggio a due band che li hanno ispirati particolarmente, come spesso capita con certi scrittori nelle dediche dei loro libri.
Ma, davvero, cosa passa per la mente degli Hideous Divinity?
Se un disco fosse solo una prova di forza non ci sarebbe storia: i nostri non hanno nulla da invidiare ai mostri nord-americani. A cominciare dalla copertina disegnata da Vladimir Chebakov (che tanto ci ricorda un certo Dan Seagrave), fino alla produzione di livello superiore che riesce a esaltare le sonorità dei nostri senza mai perdere di definizione, tanto nelle parti melodiche e di atmosfera che nei momenti più possenti e veloci.
Allora perché ascoltando più e più volte questo lavoro ho la sensazione che la voglia di mostrarsi all’altezza abbia prevalso sulla genuinità del contenuto? Intendiamoci: Simulacrum è un gran bel disco e chi, senza andare troppo per il sottile, ama le sonorità death più moderne e violente troverà pane per i suoi denti. Gli HD riescono a non scadere mai nel tecnicismo fine a sé stesso, né tantomeno nella trivialità di certo brutal death pure assai in voga.
E allora? Allora c’è qualcosa che mi fa pensare. Il punto è se Simulacrum ci parli davvero di chi sono in realtà gli HD oggi. La musica, questa musica come altre, non può davvero ridursi a una prova di lunghezza imposta da standard di genere/mercato e neppure a una sventagliata caleidoscopica di abilità, seppur pregevoli, nel comporre e arrangiare.
In più punti ho la sensazione che gli Hideous Divinity avrebbero potuto fare meglio facendo di meno, lavorando di cesello e di sintesi più che di quantità in un timore (non so quanto cosciente) di doversi inevitabilmente confrontare con un rito di passaggio. Non posso non pensare, in definitiva, che alcuni dei più grandi dischi di questo genere duravano meno di mezz’ora. E c’era un motivo.
A tal proposito, Enrico Schettino, il chitarrista-leader della band, in occasione di un’intervista finita poi nel promozionale della release, ebbe occasione di affermare: “Sentivamo di dover diventare qualcosa di più di quel fantastico combo death-metal tecnico italiano. Simulacrum è la colonna sonora di ciò che temiamo di più…”
E, in un certo senso, travisando volutamente le sue parole in una lettura inconscia, questa è forse un’affermazione dettata anche dal momento importante che la sua band sta attraversando.
Certo, l’esame è superato a pieni voti e ho molta fiducia per il futuro degli Hideous Divinity, soprattutto se cominceranno a seguire ciò che hanno dentro più di ciò che vedono fuori e con cui desiderano confrontarsi. Senza paura.