Questo articolo non vuole avere nessuna pretesa se non quella di sottolineare ancora un particolare già discusso più volte. Ormai i grandi vecchi della nostra amata musica hanno raggiunto un altro piano di frequenza, penso a Lemmy e tutta la sua band storica, quindi: Philty e Eddy Fast, il nostro amato Dio (andato via ormai quasi 10 anni fa), i grandi Randy Rhoads, Criss Oliva, Jeff Hanneman, Bon Scott, Kevin DuBrow, l’indimenticato Phil Lynott, Gar Samuelson, Cliff Burton, Peter Steele, Layne Staley, Chuck Schuldiner, Warrel Dane, Scott Weiland, Piggy, Paul Baloff, Cozy Powell, Kurt Cobain, Eric Carr ma anche Keith Emerson, Greg Lake, Chris Squire, John Wetton, Jerry Garcia, Mike Porcaro, Syd Barrett, Richard Wright, John Bonham e potrei continuare. Certo gli anni passano per tutti, alcuni ci hanno lasciato davvero
troppo presto e avrebbero potuto dare ancora molto; il loro breve contributo musicale ha comunque cambiato il corso dell’evoluzione della “nostra” musica e spesso mi ritrovo ad ascoltare chi non c’è più.
Le emozioni che si provano da ragazzi, soprattutto per chi ha vissuto sulla pelle i lontani anni della NWOBHM, sono difficili da riprovare oggi. Quegli anni furono decisivi per lo sviluppo di una generazione piena di ideali in contrapposizione a un mondo che sentivamo già cambiare. Il Metal era un urlo anarchico di contrasto e di condanna per una realtà che diceva di essere conservatrice ma che nei fatti spingeva verso una plastificazione dei rapporti, dei sentimenti; una omologazione che emargina chi ha un pensiero libero da dogmi e schemi preconfezionati.
Chi ascoltava il Metal era un diverso, nei paesini era considerato un tossico, un satanista. Chi c’era ricorderà l’aria che si respirava e lo stupore di quando per caso si incontrava un ragazzo che era un “nostro simile”, l’amicizia nasceva spontanea, senza orpelli.
La ricerca dei dischi era un momento emozionante, scoprire un nuovo nome e ascoltare la musica di gruppi allora
sconosciuti, pura goduria. A tal proposito, ricordo quando, in un negozio di vinili export, ascoltai per la prima volta
i Warlord o gli Omen o ancora i Virgin Steele.
Ricordo anche i tentativi di censura del PMRC, sbeffeggiati da una critica tagliente firmata su tutti da Frank Zappa e MegaDave che, su Hook in Mouth, gli vomita addosso il suo ribrezzo. Ma gli anni passano e gli atti d’accusa si diradano, parlo di quelli che fanno notizia. Nel marasma del web oggi tutto e il contrario di tutto si affrontano, annullandosi a vicenda.
I gruppi che amavamo si sono imborghesiti e il mordente è calato a danno dell’arte di fare musica e a favore di
un mestiere. Certo, chi ha avuto l’apice della sua carriera durante gli anni 80 e 90, non può fisiologicamente ripetere un capolavoro in ogni uscita discografica e cercare qualcosa che non suoni già sentito è sempre più difficile.
Una volta si riconosceva il suono di una Fender Stratocaster rispetto a una Gibson Les Paul… poi la tecnologia ha
annullato queste diversità, ha appiattito i sound delle band che spesso risultano tutte uguali, la musica è sempre più immagine e sempre meno arte, le nuove generazioni sono figlie di questo mutamento, a cose già avvenute, quando non si ha la possibilità di confrontare se non con una ricerca a ritroso…
Il cambiamento, anche se lento, è inesorabile e questo fa sì che oggi non ci sia la capacità di distinguere. Il web dal canto suo è stata un’arma a doppio taglio. Una vera comodità ma anche un annullamento. Vendite a picco, enorme possibilità di ascoltare qualunque cosa con un click e questo, a mio avviso, porta a non desiderare un album ma ad ascoltarlo nella maggior parte dei casi in modo svogliato e senza un vero interesse.
Chi ascolta ancora con attenzione tra i giovani può considerarsi una perla nera. Chi cerca nei vecchi album impolverati dal tempo per scoprire le origini, ancora più raro. Non che ogni tanto non esca qualche band che ti
faccia spalancare gli occhi e le orecchie, ma torno spesso su sentieri già frequentati, forse perchè così esorcizzo il
passare del tempo, forse perchè trovo nel Metal poco stimolo, quando penso di ascoltare qualcosa di nuovo, mi accorgo che metto su album di band che ormai non sono più nuove ma hanno almeno 20 anni di carriera.
La musica cambia insieme alla società, in un clima di abbassamento culturale. Nonostante le innumerevoli fonti,
il disinteresse regna sovrano, cosa che si evince anche nei live.
Ma io alzo le spalle e mi accingo ad ascoltare l’ultimo dei Fates Warning, che non deludono mai.