Ho scritto qui a proposito del loro primo album “Per aspera ad mortis”. E non ho scritto cose bellissime. Nonostante ciò li ho voluti intervistare nel tentativo di trarre qualche cosa di costruttivo da un confronto schietto e propositivo su quello che hanno fatto. E loro non si sono tirati indietro, guadagnando il mio rispetto. Gli Annata nera si difendono dagli zoccoli di Sdangher!
1 – Parlandovi sinceramente, ritengo che il vostro black metal sia ben fatto ma privo di grandi spunti. Ci sono bei riff e dei passaggi che infondono un senso di riottosa energia, ma in generale non vi elevate (e probabilmente neanche aspirate a farlo) oltre una certa tendenza a voler che le cose permangano così, secondo la cosiddetta “vecchia scuola”.
Högash: Non abbiamo aspirazioni di spicco, o un ago di bussola da seguire. Vogliamo solo fare musica. E farla ascoltare a chi ne ha voglia. Che poi piaccia o meno, onestamente, me ne fotto altamente.
La vecchia scuola appartiene, e se la tenessero pure, ai norvegesi e compaesani. Noi siamo noi, facciamo quel che ci va senza pensare a quello che dirà un intervistatore qualunque o un ascoltatore qualunque. Quello che soddisfa le nostre mani e orecchie mentre componiamo-scriviamo-registriamo è ben accetto, a costo di fare musica di merda o dar vita a un genere nuovo.
2 – La vecchia scuola un tempo era messa in crisi, disconosciuta da band che tentavano di cambiare i primi dettami. Mi riferisco agli anni 90. Oggi però non sembra tanto in pericolo, questa vecchia scuola, anzi. Tutti si mettono a fare gli ortodossi. E con la scusa di non voler inventare nulla, spuntano continuamente progetti e band, specie in ambito metal, davvero troppo simili tra loro.
Högash: Non vedo cos’abbia di così importante la vecchia scuola. Non facciamo black metal per far contenti i fondatori del genere. Facciamo black metal perché è quello che ci riesce meglio.
Sul fatto delle band simili tra loro, onestamente, non comprendo a cosa tu ti riferisca. Se parli di sound potrei parlarti degli standard che comunque cerchiamo di abbattere a modo nostro senza dover per forza fare il ribellino, che a quanto pare sembra l’unico scopo della musica anziché esprimere qualcosa, raccontare o inventare.
Se parli di tematiche, beh, se volevamo parlare di quanto sia hermosa l’estate ci saremmo dati alla merda pop o affini.
Ad ogni modo, seguire o no le regole è davvero così importante? Ci si incazza quando si torna indietro e ci si scandalizza quando si va avanti e si storce il naso quando si resta stabili. Alla gente non sta mai bene un cazzo. E a me va bene così
Nekroshadow: Non capisco mai l’utilità di affrontare un discorso trito e ritrito come quello di “nuove leve” che tendono a riproporre un qualcosa di già fatto senza aggiungere alcun tipo di innovazione. La mia domanda è, c’è davvero un male in tutto questo in fin dei conti?
Tenendo pur sempre conto di un qualsiasi tipo di opinione personale, semmai non dovesse andarti a genio una nuova band che suona come i Darkthrone, semplicemente si preme il pulsante stop e si passa a un’altra, senza dover dibattere più di tanto ahaha.
Che il mercato in generale, in ogni genere musicale, (e quanto fa ridere parlare di mercato in questo caso) che sia ormai piuttosto saturo su tutti i fronti è un dato di fatto, ma come dice il mio “collega”, non ci interessa minimamente.
Al limite, ci si può lamentare, sempre “fra virgolette”, di quasi un mancato controllo qualitativo nell’industria musicale, dove ogni band è in grado di fare “grandi cose” semplicemente sborsando quattrini su quattrini in cambio di vari servizi.
Senza contare il fatto che oggi come oggi, chiunque può comprarsi una scheda audio da 50 euro e fare musica. Ma del resto, come si usa dire, anche “‘sti gran cazzi”, ognuno facesse come vuole.

3 – L’elemento che trovo davvero interessante in Annata nera è la scelta di usare l’Italiano, anzi una forma di dialetto, a quanto dici tu, Hogash. Non è tanto la scelta in se a stuzzicarmi. Ci sono un mare di band italiane black che fanno così, ma in ogni caso tutte cercano di attingere alla propria cultura e creare un ponte vero tra il black metal nordico e il mediterraneo. Voi avevate questa intenzione?
Högash: “Cercare un ponte vero tra il black metal nordico e il mediterraneo”. Onestamente non mi interessa cosa sia il BLACK METAL VERO, anzitutto. Uno dei primi motivi (ma non il primo) per il quale uso il dialetto nei miei testi è proprio discostarmi più che posso dalla lontana e a me sconosciuta Scandinavia. Certamente del suddetto “true” è l’aria elitaria che suscita e mi da un senso di dittatura. In senso positivo nei miei confronti ovviamente, dove, tanto per ribadire il concetto, quel che soddisfa me non deve soddisfare gli altri ma se così fosse bene. Altrimenti vivrò sereno lo stesso.
Nekroshadow: Ma anche fosse, mi ripeto, dove sarebbe il problema? Penso che il bello del Black Metal in generale sia anche questo, ti dirò che, attingere alla propria cultura è una cosa più unica che mai in ogni caso, ma aldilà di un futile valore di unicità, credo proprio che ogni band non si ponga mai un quesito di questo tipo, sul chi lo ha già fatto o meno. Non so se tu abbia mai avuto un progetto musicale o abbia composto in generale, ma semmai ti fosse capitato, ti ponevi questo problema durante la fase di scrittura? A mio parere, è una limitazione davvero inutile, che va a intaccare semplicemente la propria libertà di espressione (come sono “Politically Correct”) spesso il motivo per cui non ci si sente minimamente soddisfatti con se stessi a lavoro finito, è il fatto di non far altro che cercare di attuare un qualcosa di “rivoluzionario” o “rinnovato”, anziché puntare a un lavoro “sincero” che non per forza deve piacere a tutti, e “personale”. In primis lo facciamo per noi, in ogni caso, poi arrivano tutti gli altri.
Ok, facciamo una pausa. Chiaro che agli Annata nera di cosa piaccia o meno al pubblico o a chi si dedica alla loro musica scrivendone, non gliene fotte granché. E non sono interessati a fare cose che nessuno ha tentato prima. Di conseguenza il loro obiettivo, con Per Aspera ad mortis è perfettamente riuscito. Io ero rimasto al senso di perenne insoddisfazione che guida l’arte, anche quando il mondo grida “capolavoro!” l’autore vede solo i limiti di ciò che ha fatto e spera di superarli al prossimo tentativo. Ma evidentemente parliamo di cose romantiche. Dispiace che gli artisti stessi, i quali secondo me dovrebbero avere a cuore il futuro del proprio genere espressivo, se ne fottano e vadano avanti suonando ciò che gli riesce e basta. Bisogna però aggiungere che talvolta, quando sono gli artisti stessi a fare i teorici del proprio lavoro, le cose possano andare anche peggio. Immagino che esempi come Chuck Schuldiner o i Fates Warning non siano opportuni. Mi domando però, di fronte all’attitudine degli Annata e di tante altre band, cosa potremmo fare noi scribacchini, a parte trovare sempre nuovi aggettivi o nuove scuse ogni volta che recensiamo l’ennesimo disco che “se ne fotte di tutto” e fa cose che abbiamo (e avete già) sentito un milione di volte. Proseguiamo con l’intervista.
4 – Purtroppo, sollecitato a mostrarmi i testi delle vostre composizioni, tu, Hogash ti sei rifiutato, dicendo anzi, che fosse stato per te non li avresti fatti comparire nemmeno nel Booklet della versione Jewel Case (Satana mi fulmini se so cosa sia). Ora, mi incuriosisce questa tendenza a usare parole in un idioma poco comune, rivestirlo di una voce stridula e gutturale che renderebbe di per se difficoltoso distinguere se le parole si riferiscano a un testo sacrilego o la formazione dell’Inter 88-89 e negare al pubblico la lettura di quelle stesse parole. In un certo senso è come declamare poesie da sotto un tombino di una strada cittadina molto trafficata. Come mai questa contraddizione?
Högash: Scommetto che tu comprenda alla perfezione ogni singola parola norvegese o “qual dove” di ogni pezzo da te apprezzato, di cui non si trova traccia di testo neanche a pagarla oro spesso, e se si trovano comunque dovresti tradurre, e con molta probabilità si va a perdere la poesia che c’è (e c’è nel 99% dei casi) dentro quei testi, la musicalità delle strofe e il loro senso più stretto compresi di slang e modi di dire tradizionali.
Contraddizione? Non esiste contraddizione nel caos. Si tratta di una scelta. Non voglio che i miei testi vengano letti. Devono essere ascoltati. Chi carpisce il testo ha qualcosa in più. In parte c’è un po di “razzismo territoriale”. I nostri compaesani hanno un netto vantaggio.
A ogni modo, a parere di molti, le vocals sono state definite comprensibili.

5 – Si percepisce spesso la parola “sangue”, “demonio”, facendomi pensare che ci troviamo di fronte alla consueta retorica occulto-pagano-satanista che va tanto di moda tra i blackster. A questo punto la domanda che vi rivolgo è questa. Perché fare un disco che, almeno a livello di testi, non si discosti dal canone stabilito? Perché ribadire concetti già espressi da centinaia di band prima di voi? Perché usare stilemi estetici e musicali che vi confondono con decine di altre realtà? Eppure il satanismo è individualità, non dico bene? Non dovreste dismettere certi stilemi così uniformanti e trovare la vostra via per essere sconvolgenti, fastidiosi, unici?
Högash: Il sangue è un simbolo, e la simbologia è un elemento molto importante, specie quando si parla di miti Sabini e tematiche mitologiche.
“Demonio” è un simbolo come sopra, non faccio mai riferimento al diavolo come entità nei miei testi. Ed è anche usanza per descrivere un carattere, nel nostro dialetto.
Non siamo una band che si poggia sulla retorica “occulto-pagano-satanista” ma ci ispiriamo a miti e leggende del territorio, di pagano c’è solo un rimando d’affezione per il nostro territorio.
Inoltre, non trovo nulla di più “diverso” di una sub-cultura o folklore, quindi mi spiace, ti trovo nel torto.
Usare un metodo usato da più persone per raggiungere qualcosa di diverso o fare qualcosa di diverso per raggiungere qualcosa di comune. La differenza sta solo nella creatività e nell’espressione.
Nekroshadow: E comunque, man mano che procediamo in questa intervista, sempre delle stesse cose parliamo. “Perché ribadire concetti già espressi da centinaia di band prima di noi?” La vera domanda è: perché no?
Esprimiamo concetti a modo nostro, semplicemente, ed è quanto basta a noi in fin dei conti.
6 – Da dove nasce l’idea del nome che vi siete dati, Annata Nera?
Högash: Per farti fare questa domanda. Hehe
Nekroshadow: È un riferimento ai diversi periodi bui e spiacevoli che il nostro territorio ha subito, sia nel corso della storia che anche recentemente.
7 – Il black metal è uno stile di vita o almeno aspira a esserlo. Al punto che di molte band possiamo anche non parlare di musica ma di attitudine, di look, di strane passioni comprimarie. Paradossalmente, per il mondo, parlare degli omicidi di Oslo o del primo disco dei Mayhem sembra la stessa cosa. Come vi ponete voi nei confronti di questi vecchi discorsi?
Högash: Il black metal è musica. Essere un omicida è un altra cosa. Essere entrambe è una coincidenza o una scelta. Essere un eremita o un satanista è diverso dal fare musica con caratteristiche che suggeriscono il genere.
Io sono solo un vocalist, che ha una band, che usano distorsione e ritmi veloci nei propri pezzi e che fanno il cazzo che vogliono.
Nekroshadow: Che sia anche un discorso di attitudine non ci piove, è semplicemente una forma di espressione differente e molte volte difficile anche da spiegare se vogliamo.
Ma come tutti sappiamo, sussiste anche qui la cosiddetta “ostentazione” di alcuni soggetti, tanto da risultare semplicemente dei veri e propri “disagiati”, che sbandierano a più non possono questo discorso di attitudine, un modo, o per giustificare le loro stronzate o per far fronte ad una loro inconscia insicurezza implementando dunque secondo loro un metodo per essere costantemente al centro dell’attenzione.
8 – Credete che esista una scena metal in Italia? In particolare vorrei che mi parlaste di cosa succede in termini di eventi, locali e band nella vostra regione, se non vi spiace.
Högash: Parlare di scena metal è lo stesso che parlare di film.
Tutti quelli che definiscono la propria musica “metal”, fanno metal, come chi definisce le proprie riprese “film”.
La differenza è capire chi fa merda e chi fa musica.
La differenza è capire chi fa merda con soddisfazione e chi fa musica per far contenti gli altri.

9 –Vorrei che mi parlaste più in dettaglio di ciò in cui credete e del rapporto che avete con l’educazione religiosa “subita”.
Högash: Parlando di religione, ho avversità nella dottrina, non per gli indottrinati. Come tali non hanno un cervello totalmente loro.
Quello in cui credo, invece, è l’esistenza e la coscienza del proprio “essere”.
Nekroshadow: Semplicemente non mi sono mai pienamente ritrovato nel discorso religioso in sé, per quanto mi abbia sempre incuriosito cercando di comprenderla nel dettaglio, non credo a un’entità in particolare, ho sempre visto la religione come un ultimissimo appiglio di speranza nei confronti di particolari eventi o accadimenti nella propria vita, un modo per non accettare la realtà delle cose, volendone magari giustificare la spiacevolezza semplicemente perché “dio evidentemente così ha voluto perché forse ha di meglio in serbo per me” ad esempio. Ovviamente resta una MIA e PERSONALE opinione, rispettando quella altrui senza creare noia a nessuno, non è chi crede il problema, quello che non sopporto è semplicemente quando ci si riferisce a tutto ciò che concerne il “bigottismo”, sono fortemente contrario a quello che è il sistema della chiesa, estremamente incoerente nei confronti di quelle che sarebbero le radici del cristianesimo, basato su scandali, ricchezze ed oscenità varie, perciò il totale opposto di come inizialmente il tutto era basato.
Non seguo nulla in particolare, potrei ritrovarmi semplicemente in alcune filosofie probabilmente o “modi di vivere”, come un “Do what thou wilt shall be the whole of the Law”.
10 – L’Italia è in profonda crisi. Non c’è lavoro, non ci sono prospettive per le nuove generazioni. Vorrei sapere come riuscite a sbarcare il lunario. Tu, Hogash so che sei un illustratore, un grafico. Gli altri cosa fanno per tirare avanti?
Högash: Non sono solo un illustratore, quella è più una passione e sono io che la tiro avanti, non il contrario. Nella vita vera sono amministratore/responsabile di un’azienda dalle mie parti.
Nekroshadow: Sono un Sound Designer che lavora dietro commissione, in pratica non è ciò che al momento mi dà “la pagnotta” ma che vorrei lo diventasse, non è molto che ho finito di studiare in realtà, al momento sono semplicemente un tirocinante all’interno di una azienda regionale in ambito artistico e culturale.
11 – Vorrei sapere che tipo di metodo usate per comporre le musiche. Vi ritrovate in una cantina e vedete cosa succede o qualcuno scrive al pc una traccia midi e la passa agli altri?
Högash: Il metodo è tra i più classici, ci si riunisce, si compone una traccia, ci si adagia sopra un testo già esistente o scritto da zero in base all’ispirazione e si registra.
Siamo una band “nuova”. Abbiamo un metodo che per ora funziona ma siamo aperti a cambiare le carte in tavola.
Nekroshadow: Partire magari da un riff che si ha in mente e adeguarsi al caso proseguendo di conseguenza con la struttura del pezzo oppure addirittura aprendo semplicemente una sessione vuota di Logic Pro, bpm a caso, tasto rec, improvvisazione. Se l’idea è buona, si cancella e si riregistra meglio la take. Il midi è stato utilizzato solo per scrivere la batteria oppure per aggiungere alcuni synth in una traccia.
12 – Sono deluso dalla copertina. Lo dico conoscendo le capacità di te, Hogash. Ho visto alcune cose sulla tua pagina fb e ti trovo molto bravo. Per quanto il concept sia calzante col titolo del disco, si nota un pesante lavoro di copia e incolla grafico. Non sarebbe stato meglio un disegno, uno schizzo, una miniatura? Io trovo l’uso di photoshop per le copertine, incredibilmente freddo e lontanissimo dall’atmosfera old school che voi in qualche modo volete esprimere.
Högash: Prendo tutto come un complimento. Conosco benissimo le mie capacità e i risultati che posso ottenere. Ogni singolo “effetto copia incolla” è voluto. Non metterei mai in circolo qualcosa di mio, firmato da me, di cui non sono soddisfatto.
13 – Oggi sono sempre più le band costrette a investire sulla propria musica. Le etichette sono come bollini di qualità sempre meno attendibili. C’è scritto Nuclear Blast ma non significa ormai praticamente nulla di buono. Le etichette prima offrivano un lavoro di cernita, di filtro. A meno che non si parli di band già note e con anni di carriera alle spalle, un nome nuovo può essere una vera ciofeca che esce con Century Media o altre label medio grandi del circuito estremo. Voi come vi siete trovati con questo mercato allo sbando?
Högash: Il mercato è solo uno strumento di divulgazione per alcuni, di guadagno per altri.
Non penso assolutamente nulla a riguardo perché non mi interessa.
14 – Ottima risposta. Il vostro album è senza dubbio un buon lavoro. Non mi fraintendete. Purtroppo io credo che non ci si debba ricoverare in un ambito ultra-definito e che i generi siano fatti di confini. E I confini vanno abbattuti. Sempre. L’esistenza di una band è dettata dalla sua stessa crescita. E la crescita è frutto di una ribellione a certi dettami predefiniti. Come si può crescere senza fare incazzare chi fa le regole ma accettandole? Penso a Rebel Extravaganza dei Satyricon o magari Puritanical Euphoric Misanthropia dei Dimmu Borgir. Quelli sono album che hanno spezzato le catene del genere che loro stessi avevano contribuito a definire. Io mi auguro che presto inizierete (visto che trovo ne abbiate le capacità) a rompere gli schemi in cui vi siete calati con tanta disinvoltura e apparente soddisfazione.
Högash: Siamo alla prima “opera”. Stiamo sulla strada della maturazione e saremo maturi quando ci saremo rotti le palle di fare musica o di suonare insieme.
Non ci sono regole da spezzare. Ci siamo dati una certa libertà che ci ha portato (con Per Aspera ad mortis) a capire qual’è la direzione da prendere.
Per Aspera ad mortis è un feto, destinato a divenire un mostro o una poltiglia di fango. Questo solo il tempo può dirlo. Noi speriamo per il mostro, per puro diletto e soddisfazione personale. Finché NOI saremo soddisfatti, continueremo per la nostra strada. Quando non lo saremo più cambieremo via. Ma non sarà di certo l’orecchio di qualcuno a fermarci. A costo di produrre solo tre copie, una a testa, per noi una volta l’anno.
Nekroshadow: Semmai gli schemi dovessero rompersi, verrà solo da noi, non è un nostro scopo come già specificato più volte, suoniamo e registriamo quello che sentiamo sul momento, siamo così, dunque, per adesso. Con il tempo chissà, ognuno segue la propria strada e tutto può accadere.
Högash: Finalmente un’intervista in cui non si lecca il culo al prossimo per trovare approvazione. Grazie dell’opportunità.
Grazie a voi per averla resa possibile.