Gli Hour Of Penance sono una gran bella band. Paolo Pieri poi è un tipo in gamba. Pensavate che li odiassi? Ma perché? Di certo non gli lecco il culo, però li rispetto e li stimo pure. Ecco come Paolo se l’è cavata con i calcioni di Sdangher! L’intervista è lunga ma piena di spunti e roba davvero interessante. In ordine sparso: la terrificante Pizza polacca Giuseppe, il pay to play, il ristagno creativo, la smitizzazione dei miti smitizzanti intorno al Music Business e tanto ancora. E sapete una cosa? Nel metal in realtà girano un sacco di soldi, altro che storie!
Ah, non ricordo più quali, ma alcune domande sono di Maximus Doomicus e altre della mamma di Padrecavallo.
1 – Allora, cari Hour Of Penance. C’è chi vi definisce i Suffocation italiani e chi vi paragona ai Behemoth ma senza i fronzoli “blackettoni”. Io sono convinto che siate tra le migliori metal band italiane in circolazione e soprattutto che siate gli Hour Of Penance. Siete riconoscibili e mi sembra una cosa non da poco. Ma! ma devo dirvi che da un po’, ho come l’impressione che siate rimasti incastrati nella catena di montaggio disco-tour-disco e che a livello creativo, questo vi stia impedendo di esprimere davvero al massimo il potenziale che avete. Nessuno discute la rabbia e la violenza che siete in grado di esprimere su disco. Poche band riescono a “menare” come voi, ma non credo che Misotheism dica qualcosa che già non abbiate detto in Paradogma, ribadito con più veemenza in Sedition, espresso in modo forse un po’ più muscolare e “grandesco” in Regicide (che trovo sia il vostro lavoro migliore da dieci anni a questa parte). Chiaro che siamo di fronte a lavori sempre altamente professionali e competitivi, ma io ho come l’impressione che a livello di idee e di creatività vi siate un po’ messi a sedere e necessitiate di nuove sfide, che non siano: “ok, famo sto disco e ripartimo co la giostra”. Che ne dite?
Paolo – Guarda in realtà il fatto di essere una band indipendente dalla necessità di un profitto continuativo per vivere ci risparmia quella che può essere la routine e la pianificazione a scopo di lucro, nel senso che non abbiamo bisogno di ragionare sulla componente artistica e dire facciamo così perché ora va di moda questo, mettiamoci le maschere, caghiamo sangue sul pubblico o facciamo sei mesi di tour perché sennò non mangiamo a casa. Quello che dici è un problema che esiste persino in gruppi che hanno fatto la storia, che ormai si trovano imprigionati dalla necessità di continuare a fare dischi e tour senza averne voglia, ma costretti dalla necessità, perché a 50 anni ormai chi cazzo assume un alcolizzato capellone che non sa fare niente a parte suonare e vomitarsi addosso? Abbiamo tutti un lavoro nel quotidiano e la musica è un secondo reddito che non è però una necessità, e ti assicuro che questo cambia tanto le carte in tavola. Senza particolari pressioni, al di là dei vincoli contrattuali che sono comunque abbastanza elastici nelle tempistiche, ci mettiamo giù e scriviamo quello che ci pare senza grandi pippe mentali su come dovrà essere il prossimo disco. Sul fatto di adagiarsi un po’ sugli allori ti devo dire che in realtà ogni volta c’è sempre grande impegno e attenzione da parte di tutti, ma fa parte della carriera di un gruppo avere dei dischi buoni e dei dischi meno buoni a prescindere dalle intenzioni. Misotheism a gusto personale è il disco che preferisco tra quelli che ho registrato con gli HOP insieme a Sedition, Cast… quello che mi convince di meno, Regicide non mi piace come è registrato, ma sono cose di cui ti accorgi sul lungo termine perché nel momento in cui stai lavorando su un disco stai comunque cercando di dare il meglio. Magari aggiungere più varietà all’interno di questo raggio d’azione può essere anche un’opzione, sperimentare sinceramente non la sento come esigenza e obiettivo di questa band. Ho sperimentato tanto in passato con Aborym e Kalki Avatara quindi non è per ottusità, è proprio che non ne vedo né il senso né la necessità. Il pubblico è contento, la critica è contenta, l’etichetta è contenta delle vendite, io sono contento (cosa che non succede quasi mai) quindi penso che stavolta il lavoro sia stato fatto nella maniera giusta.
2 – Mastrobuono è il responsabile delle registrazioni, il mixaggio e il mastering dei vostri ultimi due album. Prima c’era Morabito, che già su Regicide, ha diviso le incisioni insieme al vostro attuale bassista e non figurava nemmeno più come producer. In studio, Stefano era il vostro produttore dal primo album del 2003. Ora immagino che sia la band a decidere, tutta insieme, quale tipo di sound creare e che direzione dare alla musica. Credo sia nella fisiologica storia di un gruppo. Via via che fa esperienza in studio impara e alla fine, prova il salto.
Però, per farti capire cosa voglio dire permettetemi di raccontarti una storia. Ero sposato e mia moglie faceva una pizza da paura. Poi ci siamo lasciati e ho dovuto iniziare a farmi la pizza da solo. Alla fine, vedendola fare a lei, che sperimentava con le farine più assurde, provava sempre combinazioni diverse e realizzava le pizze più buone, ho imparato parecchio. E una volta single ho messo a frutto le cose imparate da lei. Però dopo due anni di buona pizza, mi sono accorto di aver definito un solo procedimento che fa uscire dal forno una pizza molto buona, ma sempre lo stesso tipo. E non schiodo da questa ricetta. E sapete perché ? Ho paura. E mia moglie non è più qui ad aiutarmi con qualche variante che mi possa aiutare a tirar fuori nuovi tipi di pizza più audaci e squisite. Io penso che gli Hour Of Penance senza Morabito siano come Padrecavallo senza sua moglie e i vostri dischi siano la pizza che realizzo oggi. Mi spiego? Personalmente poi ho sempre creduto che un parere esperto ma soprattutto ESTERNO sia necessario durante la realizzazione di un album. Un gruppo da solo non può capire con il necessario distacco e l’obiettività sufficiente, cosa sia da cambiare e cosa sia da tenere. Inoltre in una formazione c’è chi decide di più e chi si limita a pedalare e non si immischia troppo nelle decisioni generali. Insomma Paolo, che mi dici al riguardo?
Paolo – Ti devo correggere, perché su Misotheism abbiamo registrato sempre a Roma da Marco ai Kick Recording ma mixing e mastering sono invece stati fatti agli Hertz Studios in Polonia proprio per migliorare questo aspetto del sound e avere come dicevi dei pareri esterni che ti aiutano a fare le scelte migliori per il tipo di musica che hai sotto mano. Come qualità sonora questo disco è ad un livello superiore dei precedenti visto le persone coinvolte e si sente la differenza. Non abbiamo mai avuto un produttore nel senso classico che ti dice cambia questo, togli quello, sistema gli arrangiamenti, la parte compositiva è una cosa che abbiamo sempre curato noi. Il ruolo del produttore nel nostro caso riguardava più la parte tecnica, nel senso di farti suonare un riff più volte finché non suona con il giusto tocco e precisione o farti cantare una frase finché non ha la giusta intenzione. Poi come dicevi si ascoltano i pareri di tutti all’interno della band ma bisogna prendere delle decisioni tramite un processo limitatamente democratico. E’ una cosa fondamentale, quando vedi quei gruppi in cui ognuno vuole decidere sul suo strumento poi esce fuori una cacata, bisogna che tutti abbiano fiducia nelle scelte fatte. Riguardo la pizza, in Polonia hanno la pizza surgelata con la bandiera italiana sopra chiamata “Guseppe” (sic), che ti consiglio caldamente quando vorrai farla finita con la vita.

3 – Tra gli addetti ai lavori, qualcuno mi ha raccontato che ormai le etichette non esistono più. O meglio sono un marchio che i gruppi pagano per fingere una sorta di bollino di qualità che nei fatti non esiste. Il gruppo si paga il disco, il gruppo se lo produce da solo, il gruppo spende soldi su soldi per tirare avanti la carretta. Ho addirittura sentito di “pacchetti promozionali” che grosse etichette del genere offrirebbero alle band medio piccole. Possibile che siamo arrivati a ‘sto punto?
Paolo – Allora ti dico subito che queste sono delle grandi cazzate tipicamente da italiani che parlano parlano e non sanno un cazzo, altro che addetti ai lavori, forse le pulizie all’autogrill, di certo nessun professionista si andrebbe a impiccare in contratti del genere. I soldi nel metal ci sono e anche parecchi, le etichette vere pagano bene e guadagnano bene, fanno business e hanno tutto l’interesse a investire dove c’è ritorno economico. Al di là di realtà enormi come Nuclear Blast o Metal Blade dove parliamo di fatturati da milioni di euro, normalmente si parla di 10/20.000 euro minimo di investimento per la release di un album di una band professionista da parte di un’etichetta, non parliamo di spiccioli, e sono soldi che rientrano perché altrimenti chiuderebbero nel giro di un anno. Ovviamente il mercato è cambiato ma è cambiato anche il tipo di proposta per adattarsi alle esigenze di un mondo più virtuale, magari meno CD e più vinili o magliette o edizioni limitate, ma il pubblico c’è e compra. Poi ci sono pratiche disoneste, etichette che non ti dicono la verità sulle vendite per non pagarti tutte le royalties o cose del genere, ma ‘sta storia delle etichette e dei gruppi poveri non si può sentire proprio. Se ti dicono “guarda ti produco il disco ma tu paghi tutto” allora ti stanno chiaramente inculando e tu ti sei messo la vaselina da solo, quindi per me te lo meriti, perché è colpa della tua stupida ambizione e arroganza se credi che una qualsiasi etichetta ti distribuisca a tue spese perché sei bravo. Nella vita se sai fare bene un lavoro ti pagano, non è che paghi te per lavorare, quindi o la tua proposta non è all’altezza o proponi qualcosa difficile da vendere che non suscita interesse.

Stesso discorso quando sento tutte queste cazzate sul pay to play da gente che non ha mai fatto un tour, è chiaro che ci sono spese perché noleggio di tourbus, backline, benzina ricadono sulle band che al massimo hanno un ulteriore investimento da parte delle etichette chiamato tour support, che siano i Behemoth o chiunque altro, ma tramite il cachet e le vendite di merchandise queste spese sono coperte e rimane un buon margine di guadagno, altrimenti staremmo tutti a casa, chi cazzo ce lo fa fare? Se io ho un negozio la merce che vendo prima la pago o si materializza come lo spirito santo? Poi esiste il vero pay to play, cioè non solo non ti do un euro di cachet, ma ti paghi tutte le spese da solo e a volte devi pagare proprio per partecipare a un tour, ma qui non parliamo di un investimento, parliamo sempre di arroganza e ambizione di gente che vorrebbe diventare famosa. Essendo ormai vecchio posso anche dispensare consigli: se avete 5000/10000€ da tirare nel WC usateli per pagare pubblicità sui social, su Google e su Youtube, darà molta più visibilità al vostro ego piuttosto che suonare davanti a 20 persone. Poi esiste anche un pay to play tra i big. Ad esempio per partecipare all’Ozzfest o eventi enormi di questo tipo anche band di alto livello pagano cifre che non immagini, vi prendono parte come forma di investimento, perché sono eventi che ti danno grande visibilità e vendite assicurate. Spero con questa spiegazione di aver soddisfatto la grande curiosità gossipara e complottista rispetto a questi banali meccanismi del music business.
4 – Sì, hai decisamente fatto un quadro esariente e per certi versi più rassicurante e piacevole, almeno per me. Ok, torniamo alla musica. A livello lirico la vostra principale fonte d’ispirazione è la polemica verso le religioni monoteistiche organizzate. E che mi dite delle religioni neo-pagane e dei satanisti laveyani, gli animalisti e i respiriani?
Paolo – Per me tutta la gente che sente il bisogno di sentirsi parte di un gruppo o di un’ideologia è deficiente o socialmente disadattata o entrambi. Fai quello che ti pare ma lo fai in privato. Vuoi vivere di aria? Muori a casa tua e non rompere i coglioni con le tue idee. Un libro vecchio e sconclusionato ti dice non mangiare il porco o i crostacei o ammazza gli infedeli? Sei solo stupido. La tendenza istintiva e primitiva dell’essere umano alla tribù come forma di socialità è il danno più grave che l’uomo fa a se stesso ma soprattutto agli altri che vorrebbero solo farsi i cazzi propri e campare cent’anni.
5 – La vostra band agisce all’ombra delle chiappe del Vaticano ma non sembra assolutamente vittima di censura. Al tempo di Glenn Benton, che più o meno si muoveva nella vostra stessa direzione, anzi, per certi versi ha avviato in ambito estremo il tipo di assalti verbali e filosofici che voi ancora praticate, qualche scandalo mediatico venne fuori. Oggi non pare che un gruppo così chiaramente anti-cristiano come il vostro abbia vita difficile. Pensate sia perché la Chiesa non considera pericolosa la musica heavy metal, specie quella più estrema, visto che alla fine la seguono un numero limitato di persone o è solo perché Paolo Pieri non ha il potere mediatico di un Nergal?
Paolo – Vanno analizzati un po’ i contesti perché gli Stati Uniti sono lo stato più bigotto e retrogrado del mondo alla pari dei talebani, infatti si fanno la guerra tra loro come bambini ritardati. Parliamo di un posto dove tanta gente crede che 6000 anni fa un tizio con la barba ha creato tutto e poi il sabato si è riposato perché era stanco, che dio di merda, pensa un magazziniere precario pagato 4 euro l’ora che deve lavorare anche per Natale che cazzo dovrebbe dire! Ovvio che se vedono un disagiato capellone che ce l’ha con il loro dio pigro poi ci rimangono male e si arrabbiano, almeno noi italiani siamo ipocriti e furbi, ce ne freghiamo di tutti gli insegnamenti della chiesa e bestemmiamo un sacco. La realtà alla fin fine è quella creata dai media, se domani su Libero facessero un articolo sui testi degli Hour of Penance allora tutti si sentirebbero offesi dalle blasfemie varie, ora come ora però i media non ci cagano di striscio quindi non facciamo scandalo.
6 – Non credi che noi metallari ci siamo un po’ auto-ghettizzati da soli con questa brutalità che ci rende inavvicinabili? Parliamoci chiaro, gli Hour Of Penance nei loro testi sembrano voler comunicare qualcosa alla gente. Non vi occupate di ferite purulente piene di vermi o di serial killer di suore. Voi esprimete delle idee e lo fate in modo anche piuttosto evocativo. Ha senso però creare una confezione tanto sfuggente ed elitaria?
Paolo – Secondo me è un tema che è condizionato dai trend e da quanto in un dato momento quel dato gruppo o genere tira. Effettivamente nei testi cerco di raccontare fatti e situazioni che hanno anche un sostrato ideologico più criptico e che proprio per questo può risultare elitario, ma allo stesso tempo come dicevi sono abbastanza evocativi da poter funzionare anche a una lettura più superficiale. Posso però portarti ad esempio i testi dei Deathspell Omega che sono scritti veramente bene e al pubblico piacciono ugualmente nonostante facciano riferimento a una filosofia nichilista che per la profondità di contenuti e idee è ancora più elitaria. Poi torniamo sempre al solito discorso, faccio questo genere perché voglio fare i soldi e realizzare un prodotto ad hoc che piace agli altri o lo faccio perché è quello che mi piace suonare e sti cazzi? Io sono cresciuto in un certo modo e andavo a vedere i gruppi che facevano canzoni che mi piacevano, non è che stavo a vedere se si vestivano fighi o facevano le messe nere sul palco, andavo ed ero contento di sentire quei pezzi che ascoltavo a casa perché erano belli. Il problema del metal di oggi è che ormai si ragiona come nel pop, cosa faccio per vendere di più? Il mio look è ok? Caccio il mio cantante brutto e capellone che suda acido e prendo una zozzona profumata che strilla così eccito le fantasie sessuali di persone con problemi relazionali? La cosa triste è che oggi funziona.
7 – Quello che secondo alcuni critici, incluso me, non c’è nella musica moderna, specie quella più estrema, sono i “crescendo”. In pratica si pesta duro dall’inizio alla fine, senza tregua. Le ritmiche di batteria sono quasi sempre le stesse, le possibili variabili della voce sono minime e le chitarre devono cagar fuori decine di riff a disco, affastellandoli uno sopra l’altro in modo un po’ ingrato. Nei vostri lavori ci sono idee molto gustose che talvolta, data la richiesta notevole di riff e la tempistica limitata dei brani, possono condurre a una specie di “spreco”! Sbaglio?
Paolo – Il fatto è che la musica estrema è estrema proprio perché ha queste caratteristiche, altrimenti avrebbe un altro nome, ce li vedi i Marduk con gli arpeggi dei Dark Tranquillty o i Cannibal Corpse con lo stacco melodico? Secondo me puoi anche pestare dall’inizio alla fine, la differenza la fa la qualità di quello che suoni. Bloodthirst dei Cannibal Corpse è un disco perfetto eppure è death metal tirato dall’inizio alla fine. Slaughter of the Soul degli At the Gates per l’80% del tempo ha lo stesso pattern di batteria. Reign in Blood sono 28 minuti sparati ma nessuno sta là a criticare che non c’è dinamica. I Meshuggah fanno la stessa roba dal 1995 eppure sono osannati da tutti, vendono 50.000 copie e nessuno gli va a dire avete rotto il cazzo (a me sì). Se fai un disco di qualità funziona altrimenti no, la differenza è là, il resto è questione di gusti personali. Io un disco doom di 50 minuti anche se bellissimo fatico ad ascoltarlo, per un altro 30 minuti a 250bpm sono eccessivi, credo che sia meglio giudicare il risultato che la forma ed ascoltare le cose che sentiamo più affini. Riguardo i nostri dischi, anche se in maniera diversa uno dall’altro credo che nel genere siano mediamente orecchiabili, nel senso che ci sono strutture abbastanza classiche con strofe e ritornelli. Non è il classico brutal che ascolti un pezzo e non ti ricordi un riff o una linea vocale perché ce ne sono 200 diversi, lo vedo più come un death metal classico un po’ più veloce e un po’ più tecnico.
8 – Secondo me per avvertire davvero la violenza e la cattiveria, bisognerebbe alternarla alla dolcezza e la melodia. Mi restano impresse più le mazzate alla fine di Hollow dei Pantera rispetto a tutte le legnate che mi sono preso ascoltando i vostri pezzi, per dire. Ma lo so, i gruppi death non credono nella dualità lento-veloce o piano-forte. Però vi chiedo, non si rischia la noia, la prevedibilità, riducendo le possibilità che la musica offre? Non trovo sia casuale che di tutti i pezzi dell’ultimo Misotheism, il solo che viene citato praticamente da tutti i recensori sia l’ultima “Occult Den Of Snakes”. Un bellissimo brano ma credo che il segreto della sua riuscita stia proprio nella maggiore varietà compositiva che lo caratterizza. Una intro rarefatta di chitarra suggerisce uno scenario malinconico e frustrante che però non resta lì. Si insinua più in là nel pezzo e stempera le ritmiche violente in una nebbia di malignità. C’è più dinamismo e finalmente si resta un po’ col fiato sospeso. Non trovi anche tu?
Paolo – Non penso che ci sia una cosa giusta o sbagliata su questo argomento o un modo in cui le cose andrebbero fatte per essere migliori, perché parliamo di gusti personali rispetto a ciò che piace ascoltare in un dato momento. Poi c’è la qualità oggettiva di un lavoro che è o fatto bene o fatto male o una sfumatura tra le due e su quello non si deve discutere. Dei giorni mi piace sentirmi Battiato, altri i Deathspell Omega, se ho più tempo magari mi ascolto Bruckner o Mahler. I Pantera no perché mi stanno sui coglioni. Facendo un discorso più ampio e filosofico, fare qualcosa di vario e imprevedibile è necessariamente migliore di qualcosa più nei binari di un certo genere? Il progresso è sempre meglio della staticità o del ritorno al passato? Boh. Io sento Firepower dei Priest e sono contento perché fanno il loro Heavy Metal fatto alla grande rispetto a dischi più strani che hanno registrano che però musicalmente sono trascurabili. Per dirti ora si ascoltano tutti ‘sta roba che fa finta di essere anni 80/90 registrata in quello stile perché va di moda e le etichette più modaiole spingono su quello. Nel Death Metal ora tutti osannano i Blood Incantation che non sono mica malvagi però sono veramente ‘sto gruppone da disco dell’anno? O questi MGLA che fanno Black Metal uguale a 20 anni fa però se lo facevano 20 anni fa non se li cagava nessuno invece oggi ti fanno 3.5 milioni di views su Youtube perché sono un po’ misteriosi dato che non fanno vedere la faccia? Poi però siamo noi che facciamo sempre la solita roba? Per me queste sono questioni arcane che mi tormentano quasi tutti i giorni. Occult den of snakes è sicuramente più fruibile anche per chi mastica meno questo genere, e secondo me arriviamo al punto del discorso che è la fruibilità. Quello è un pezzo che tocca corde emotive più immediate e ha dei tempi più dilatati che facilitano l’ascolto e lo rendono più comprensibile a un pubblico più ampio, non per questo però lo ritengo migliore di Flames of Merciless Gods che è musicalmente più articolata.
7 – Penso che i vostri testi siano ben realizzati. Alcuni dei titoli più belli del metal estremo degli ultimi anni sono vostri, secondo me: The Cannibal Gods, Paradogma, Wall of Cohorts, The Second Babel, Misotheism. Ma non vi siete rotti le palle di parlare sempre dello stesso argomento? Io per esempio vi vedrei bene a fare un concept sulla vita degli insetti nei suoi aspetti più brutali o magari una saga su una guerra civile tra Rom e borgatari romani di estrema destra. Che ne dici?
Paolo – Pensa che avevo letto una “sega” sulla guerra civile, fai te. Comunque sì, mi ero rotto un po’ le palle ed è anche il motivo per cui stavolta ho preferito parlare di temi diversi, più politici che religiosi anche se il lessico arcaico e il riferimento al sacro sono ormai una caratteristica dello stile dei testi. In generale se leggi tra le righe si parla di anticapitalismo, organizzazioni criminali, NATO, giustizia e roba così. Il dio di cui si parla è il denaro e di come venga usato per separare gli uomini in schiavi e padroni, poi i disgraziati si fanno girare i coglioni e massacrano quest’aristocrazia, un po’ come la rivoluzione francese che se ci pensi è stata la cosa più death metal della storia.
8 – Approvo sulla rivoluzione francese. Lì ci sarebbe da attingere per un bel disco death metal. In ogni caso, c’è una tendenza nel metal estremo a non mostrare le parole. Avviene una specie di rifiuto che sa di sdegno misantropico misto a pudicizia. Ovvio che se tu pronunci le parole con l’imitazione di un cinghiale ferito o di un barboncino schiacciato da un Tir, nessuno capisce cosa dici. Eppure a queste persone le cose vanno bene così. Scrivono e cantano ma se nessuno li capisce è ok.
Paolo – Io rompo sempre le palle alle etichette per avere i booklet grandi per mettere i testi, mica perché mi sento Leopardi de ‘sto cazzo però credo che servano a integrare la parte musicale e farti visualizzare ciò che stai ascoltando in maniera più profonda. A tanti gruppi importa poco perché vedono le metriche e i testi come una cosa che ci sta giusto perché si deve fare allora facciamoli un po’ come vengono cioè a cazzo di cane. I Behemoth per esempio sono uno di quei gruppi che più lavora sulla qualità delle linee vocali nel metal estremo e dietro c’è un lavoro puntiglioso su dove far cadere gli accenti rispetto alla parte strumentale, infatti hanno una grande musicalità. Magari tra rutti e gargarismi non si capisce una sega però è un lavoro che richiede parecchie ore per ogni canzone affinché tutto si incastri e abbia un senso compiuto.
9 – Dal punto di vista di uno che recensisce da dieci anni tre band al giorno, il metal di oggi sembra un museo in cui ogni tipo di band, che sia death, black, grind, power, si sia lasciata rinchiudere in una sorta di bacheca da rettili o un acquario di pesci esotici. Dentro, i musicisti si limitano a riprodurre, come uova marce o vuote, le idee e le azioni storiche che ci si aspetterebbe in base all’etichetta messa fuori. Negli anni 90 i gruppi invece erano tutti già nel museo, sia chiaro, ma scappavano da ogni parte alle grinfie dei classificatori e dei guardiani. Andavano a copulare di nascosto con gli esponenti degli altri musei del rock e del pop. Venivano fuori degli aborti disgustosi tipo il nu metal, ma talvolta fenomeni interessanti come il gothic, l’industrial metal e il grind… Pensate che questo blocco sia dovuto al mercato discografico in crisi o non si può davvero inventare più nulla? Vent’anni fa si diceva: “non ci interessano le etichette”. Oggi invece i più rispondono alle critiche di immobilismo creativo con “ma il nostro genere è questo!” Possibile non si possa far nulla di diverso, ormai?
Paolo – Effettivamente il problema è che è stato sperimentato tutto, pensa che sono riusciti a far vendere milioni di copie ai Limp Bizkit cioè a un pelato che rappa male su una base di musica di merda. A confronto Madonna è roba d’autore. Poi è altrettanto vero che in questo tutto che si è sperimentato c’è un ventaglio enorme di soluzioni che vanno dai Manowar ai Dodheimsgard, il problema è realizzare qualcosa che sia anche musicalmente coerente al suo interno, con uno stile riconoscibile. I punti più critici del metal attualmente a mio avviso sono due: il primo è che tanti gruppi storici vanno avanti per inerzia o addirittura fanno delle reunion per riproporre la stessa formula in maniera svogliata o manieristica perché come ti dicevo, i soldi ci sono e tirare su uno stipendio di un anno con un mese di tour e un po’ di festival fa obiettivamente gola a tutti. Continuano a fare dischi che comunque grazie a una fanbase ampia vendono, e le etichette ci investono sapendo che sono una certezza. Il secondo problema è che prima l’innovazione nel metal creava la moda, ora il discorso è ribaltato. La moda detta quello che è “innovativo” o vendibile e il pubblico si beve quello che gli viene proposto come bello. Ci sono persone che fanno gli influencer metal e passano il tempo sui social a proporre certi gruppi piuttosto che altri. C’è una ricerca di formule per il successo, ragionando sulla musica come farebbe il songwriter di Fedez. E allora non capisco perché fare metal se poi ragioni come se dovessi fare pop, fai direttamente pop così ti sbatti la metà e guadagni dieci volte tanto. Comunque di solito le band quando sperimentano e non gli riesce bene dicono che non gli interessano le etichette, quando ripropongono la stessa formula e non gli riesce dicono che è il loro genere. Se fai le cose bene a prescindere dall’innovazione o la staticità nessuno ti critica quindi non devi stare a giustificare le tue scelte.
10 – Avete cambiato casa discografica quattro volte, se non vado errato. Due dischi con la Xtreeme Music spagnola, due con la Unique Leader e poi quattro con la Prosthetic, entrambe americane. Adesso siete con Agonia dopo un periodo molto lungo insieme all’etichetta californiana. Cosa non ha più funzionato da spingervi a cambiare?
Paolo – Con Prosthetic Records abbiamo rilasciato solo tre album, quest’ultimo è già uscito con Agonia. Con loro il contratto era scaduto, ci hanno proposto di rinnovare ma sinceramente è un’etichetta che ormai ha poco a che fare con il metal e vive di back catalogue. Negli ultimi anni non hanno lavorato come ci aspettavamo sulla promozione, quindi abbiamo cambiato aria. Agonia è tutta un’altra storia, hanno una visione imprenditoriale, sono sempre attenti e disponibili per qualsiasi esigenza e pensa che ogni sei mesi ti mandano persino i dati di vendita con le royalties, cose dell’altro mondo.
11 –Non ho mai capito se dietro la vostra livorosa attitudine contro la Chiesa non sia presente un credo alternativo, magari basato sulla ragione, la scienza e la libertà di pensiero…
Paolo – Un credo no, ma sicuramente reputo l’illuminismo la conquista più grande dell’umanità e del mondo occidentale in particolare. Invece mi tocca sentire questi imbecilli che parlano di radici cristiane dell’Europa, ma vadano a fare in culo. Lo stato moderno e il sistema di leggi e giustizia si basano sulle conquiste dell’illuminismo, l’uguaglianza è un concetto rivoluzionario in un mondo in cui c’era il re, il clero e l’aristocrazia, e tu eri solo la feccia che zappava la terra per farli mangiare. Le radici cristiane ti dicevano che il re esercitava il volere di dio e tu dovevi stare zitto e buono anche se ti scopava la moglie. Ma di che cazzo si parla? Qua oggigiorno l’unico che fa il vero cristiano è il Papa che è più anticapitalista di tutti, se si candida voto Bergoglio perché schifa il clero e i ricchi almeno quanto gli Hour of Penance.
12 – Parliamo di concerti. Da una parte ci sono i mega-eventi che fanno 600’000 o 800’000 mila persone e dall’altra gente come i Moonspell e i Rotting Christ suonano a Bologna davanti a 70 metallarozzi depressissimi. Che cosa succede?
Paolo – Non so cosa dirti, i Rotting Christ a me non piacciono molto però in generale sono uno dei gruppi che vanno di più all’estero. Sono come dicevamo molto fruibili, non vanno troppo veloci così si capisce tutto anche per chi è meno esperto di musica, ci sono gli accordoni atmosferici che piacciono anche alle ragazze e di conseguenza dove ci sono le ragazze ci sono anche più maschietti metallari. In Italia non va più niente nel senso che se c’è il festival grosso con un po’ di roba trasversale dal rock brutto al metal da classifica allora c’è gente, roba più di nicchia mi pare tiri poco, sotto Milano poi lasciamo stare. Ad occhio mi pare che la cosa che va di più ora nell’undergound in Italia e in generale è l’old school tipo black/thrash magari anche un po’ di destra che l’uomo forte piace sempre (all’uomo debole).
Ok, grazie, come disse il Trap ai tempi del Bayern: io sono terminato.
Paolo – Grazie a te, io però volevo chiarire un’ultima cosa: quando scrivete (essendo vecchio vi seguo perché siete una webzine da metallari attempati) che ci fanno le recensioni buone sui siti metal italiani in cambio di biglietti gratis ai concerti, ma chi è che non dorme la notte per inventarsi sta roba? I famosi addetti ai lavori? Cazzo nemmeno a Forza Italia si fanno corrompere per 10 euro. E all’estero dove sono comunque usciti quasi tutti voti tra l’8 e il 10 li abbiamo corrotti con gli imprescindibili biglietti degli Hour of Penance anche lì?
Ti spiego anche la storia dei promo in anticipo così svelo un altro arcano che a quanto pare suscita interesse anche se la risposta è noiosa come chiedere al tabaccaio di spiegare come funziona il suo lavoro. Primo: la band non si occupa di distribuire o scegliere a chi o quando vengono mandati i promo. Avremmo una penale di 30.000 euro se facessimo una cosa del genere. I pre-order nel mercato di oggi sono il momento in cui il disco vende di più e se ci fosse un leak perché io mando un promo a uno per motivi di simpatia farei perdere migliaia di euro all’etichetta, per cui la penale. Secondo: le etichette hanno tutta una serie di contatti affidabili con le webzine più rilevanti a cui inviano in anticipo sull’uscita un link dove ascoltare il promo, con tanto di nome e cognome per ognuno che accede. Se tu volessi recensire prima dell’uscita il disco dovresti contattare Agonia e chiedere, loro si accertano su chi tu sia e come lavori e se reputano che non c’è rischio e vale la pena ti permetterebbero di recensire in anticipo esattamente come qualsiasi altro sito.
Oltretutto ormai anche le webzine risultano cannibalizzate dai social, tanto che le etichette sono sempre meno interessate a questo tipo di promozione e piuttosto spendono 50€ di pubblicità su Facebook o Youtube e hanno dieci volte il ritorno di visibilità rispetto a una buona recensione su una webzine con il rischio di perdere migliaia di euro per un leak. Anzi le webzine più conosciute nel mondo che hanno una grossa influenza sui social addirittura chiedono soldi alle etichette per recensire un disco come fosse una pubblicità altrimenti non ti cacano, pensa a che punto del capitalismo siamo arrivati anche nel metal. Quando avete un dubbio o un sentito dire su questi meccanismi mi scrivi e ti racconto, è un lavoro come un altro e non ci sono dietro chissà quali segreti e macchinazioni oscure, mica siamo commercialisti (mi scuso con i commercialisti onesti).
Allora, rispondo alla tua domanda iniziale. Chi mi ha detto certe scemenze? Non mi pare di aver insinuato nulla a proposito degli Hour Of Penance nello specifico, ma anche fosse, era un esempio come un altro. Potevo metterci band X ma se citavo voi avevo più attenzione e forse una denuncia, che è un rischio da correre, se si vuole smuovere un po’ di casino. Il casino è sempre una cosa buona. Gli articoli che ho scritto nei mesi passati volevano tirar fuori una roba che serpeggia da anni intorno a certe webzines e certi addetti ai lavori. Non sono io che lo penso e il resto del mondo è convinto del contrario. Sono io che ho l’ardire di metterlo in piazza e provare a creare un cortocircuito che trasformi le dicerie in una discussione costruttiva. Sai, ho collaborato con alcune riviste, ho intervistato decine di ex scribacchiatori di riviste metal e ci ho anche ricavato un libro. Molti mi hanno confermato che negli anni 80 e 90 c’erano pressioni da parte di alcune etichette sui giudizi da dare e su chi mettere in copertina. Oggi purtroppo, certe dinamiche continuano, anche se non ho prove da offrire. So però che ci sono etichette che hanno sospeso i promo dopo aver ricevuto una recensione parzialmente negativa di una loro band. E ti posso assicurare che ci sono redazioni (virtuali) che temono di perdere pass e promo. Gli interessano solo quelli. Non ci tengono a dire la propria con il rischio di offendere o pestare i piedi a qualcuno. C’è chi ha il terrore di scrivere una recensione negativa a una certa band e chi non scriverebbe mai quello che ho scritto io, pur pensandolo, perché ha paura di ritrovarsi con i rubinetti chiusi, quindi sì, c’è chi potenzialmente si farebbe dare nel culo in via figurata per così poco. Io passo per il malfidato di turno ma ti assicuro che certe pulci nel crine me le hanno piazzate altri nomi che oggi fanno gli amiconi con i personaggi che io ho attaccato direttamente. Potrei citarteli, ho anche gli screenshot di certi messaggi che ho scambiato con loro anni fa e che basterebbero a smerdare mezzo micromondo giornalettistico metallaro ma che mi frega? Se poi devo finire in tribunale a difendermi da una grossa etichetta risentita, io passo. Sono d’accordo, bisognerebbe chiedere a chi ci sta dentro, ma ora che tu hai spiegato come stanno le cose secondo la tua esperienza diretta e come informato, credi davvero che certi elementi pronti a spifferare e far le corna (non quelle del metallo) alle spalle di altri a cui poi davanti slinguazzano il perineo, abbiano cambiato idea su queste tresche? In ogni caso le polemiche ormai sono vecchie e dimenticate. E io sono sempre pronto a discutere e cambiare idea su un sacco di cose. Grazie per aver riaperto la questione e di avermi detto la tua a riguardo. E grazie per la bella intervista, Paolo.