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I Camel e i metallari coraggiosi o del fatto che non si vive di solo heavy metal!

L’heavy metal è una presenza quotidiana, costante e irrinunciabile nella mia vita, ma è soprattutto musica generata da altra musica, spesso ignorata da molti di voi per discutibili ragioni. In me si è insinuato nel tempo uno spirito avventuroso, che mi ha permesso di scoprire tanta grande musica, abbattendo inutili barriere culturali e stupidi luoghi comuni. Mi sono quasi immedesimato negli stessi musicisti che negli anni d’oro hanno fatto grande l’heavy metal, andando a ritroso nel tempo e rispolverando i loro ascolti giovanili. Un viaggio temporale che mi ha dato l’opportunità di scoprire correnti, stili, musicisti e dischi tanto straordinari quanto tristemente ignorati dalla massa o da un certo tipo di pubblico, oggi appannaggio di pochi intimi.

Ma dove sarebbe oggi Steve Harris se da ragazzo non avesse passato le sue giornate ascoltando i dischi dei Black Sabbath, dei Deep Purple, degli UFO e dei Thin Lizzy? E in quale misura è stato influenzato dagli Stray, dagli Strife, da Arthur Brown, dai Van der Graaf Generator, dai Genesis, dai Wishbone Ash, dai Jethro Tull e dai Camel?

Scommetto – e spero – che la maggior parte di voi conosca a memoria ogni singolo disco partorito dai gruppi citati nella prima domanda; al contempo sono quasi certo che pochi di voi potranno dire lo stesso dei nomi citati nella seconda. Eppure sono convinto che se Steve Harris leggesse questo articolo e potesse direttamente fornire una risposta a riguardo, vi direbbe che gli Iron Maiden non potrebbero essere quelli che conosciamo noi oggi senza la commistione musicale fra tutti i nomi citati nelle due domande.

Naturalmente qualcuno di voi potrà giustamente obiettare sul peso specifico dell’influenza degli uni rispetto agli altri, ma la sostanza della risposta resterà immutata. L’ascoltatore medio, purtoppo, tende a chiudersi in un mondo assai limitato, escludendo così tutto il resto per partito preso, perchè considerato “troppo leggero”, “troppo noioso”, se non addirittura “inferiore” rispetto ai suoi ascolti abituali.

Poi c’è chi metaforicamente riveste la sua mente di una divisa militare, sparando a zero su tutto e tutti, a prescindere, e senza aver mai ascoltato una sola nota di tutto ciò che finisce nel suo personale mirino. Purtroppo mancano la curiosità, il coraggio, e con essi anche la passione vera e autentica per la musica. Si spara senza pietà sugli Slade o sugli Sweet senza possederne un solo disco, rei di essere solo gruppi di grande successo pop/mainstream, condannandone di fatto la loro sostanza rock.

Si evitano come la peste i dischi simbolo del prog-rock, ma si incensano di lodi sperticate e spesso banalissime dischi progressive metal. A questo punto, perchè non provate a rimediare? Perchè, per esempio, non provate a mettere le mani sulle recenti ristampe relative alla discografia dei Camel?

Ascoltando la loro opera potreste restarne stupiti, come del resto accadde al sottoscritto, rimasto folgorato dal genio compositivo di Latimer & Bardens, dalla loro musica ammantata di epicità, mistero e atmosfere ora lunari ora cinematografiche, dai loro testi che pescano a piene mani dalla letteratura fantasy.

Accostati alla scena di Canterbury per via della loro somiglianza stilistica con i Caravan, i Camel sono considerati dai puristi (brutta gente!) l’ultima grande formazione del prog-rock. Guidati dallo straordinario chitarrista e cantante Andrew Latimer e dal tastierista Peter Bardens, la loro proposta appare però meno ostica rispetto a molti epigoni del loro periodo d’oro, con un’impostazione sinfonica, più hard e pomposa.

La discografia dei Camel è contrassegnata da dischi sontuosi che andrebbero ascoltati almeno una volta nella vita, con i primi quattro decisamente obbligatori. Chiedete agli Opeth, se volete: una delle formazioni metal più innovative degli anni novanta, che citano i Camel tra le loro maggiori influenze. Provate a mettere le mani sull’omonimo esordio, la cui doppietta iniziale composta da Slow Yourself Down e Mystic Queen varrebbe da sola l’acquisto del disco.

Poi c’è l’imperdibile capolavoro Mirage, che mise in contrasto i Camel con l’omonima azienda produttrice di tabacchi a causa della copertina, quasi identica a quella di un pacchetto di sigarette! Fatto sta che la nota azienda e la casa discografica della band (la Deram) trovarono un accordo e molti fumatori di Camel gialle si ritrovarono la tracklist di Mirage stampata sul retro dei pacchetti di sigarette!

L’album è epocale e trae ispirazione dalla letteratura fantasy di Tolkien; per rendersene conto basterebbe ascoltare il trittico Nimrodel/The Procession/The White Rider o la spiazzante Lady Fantasy: musica di caratura superiore e che ti mette i brividi.

Music Inspired by The Snow Goose è un concept-album interamente strumentale, ma ben capace di spiazzare l’ascoltatore attraverso soluzioni armoniche geniali, momenti di tensione e picchi emozionali che ben illustrano il soggetto tratto da La Principessa Smarrita di Paul Gallico.

Il quarto album è Moonmadness, le cui composizioni sono mediamente meno tortuose rispetto ai suoi predecessori, ma assai generose nell’offrire all’ascoltatore una manciata di gioiellini pregni di quelle atmosfere lunari richiamate dal titolo del disco.

Song Within a Song e Lunar Sea (l’assolo di Latimer è stellare!) non ci metteranno molto a farsi apprezzare, mentre con Another Night vi imbatterete in un pezzo in cui il prog poetico dei Camel si evolve in atmosfere rock da arena. I successivi lavori (Rain Dances, Breathless e I Can See Your House from Here su tutti) manterranno un livello qualitativo molto alto: ma se volete cominciare, procuratevi i primi quattro capitoli del loro repertorio e non ve ne pentirete. Se non vi fidate del sottoscritto, fidatevi almeno di Steve Harris. Siate coraggiosi!