Come ogni anno, immancabile come la Signora con la Falce, arriva quel vento di nostalgia a far rabbrividire la mia schiena. È un conforto che non tutti si possono permettere, ma tanto basta a farmi sentire vivo, che è già una (s)fortuna. Fine decennio, fine di un ciclo, fine: che bel suono che ha questa parola. E invece no! Ho iniziato da poco un nuovo progetto musicale, ho una creatura in gestazione e ho un sacco di energia e determinazione che mancavano da tempo, quindi è arrivato il momento di riprendere la tastiera sotto l’ascella, profumarla per bene e poi scrivere qualcosa per smentire le voci sulla mia mummificazione, come punzecchiava il buon Padre Cavallo Feldmaresciallo Franz Sieg Heil Ceccamea. Ecco ora arrivano di nuovo le censure sul metal di destra, come inutile e consueta mannaia. Mannaggia voi e il vostro buonismo, ve lo brucerei, ve lo bucherei quel pallone gonfiato del buonismo. E basta! Lo dicevamo giusto ieri con il caro Puledrone Pugliese Ruggy Mushi Mushi, non si può nemmeno scherzare su certi temi, che ti appioppano l’etichetta di nazista.
Chiudo subito questa parentesi e torno a fare il nostalgico (aridaje col nazi-fascismo direte voi), e allora sì, come un gerarca, vi appioppo una manganellata tra i denti con il mio blackmetallarismo oltranzista. I panda sono sempre in agguato e quest’anno sono più agguerriti che mai, compreso me, Panda/Zebra selvaggia, scalpitante e recalcitrante.
Di cosa stavamo parlando? Ah ok, Sdangher! è pur sempre una webzine di musica, torniamo alla nostalgia vera quella della fine anni 80 e dei primi anni 90. Fino al 1994 in Norvegia c’è stato il delirio della “nera fiamma” poi, tra globalizzazione, massificazione, pan-pandizzazione aka pan²-dizzazione, con la mondiale diffusione di certe sonorità, un po’ la grinta è venuta meno e ‘sto black metal è andato sulle palle anche ai black metallers.
Ci voleva uno schiaffone in faccia, altro che le pizze e i fichi dei Mayhem, ormai ammosciati sulla pianta, con Necroburger abbarbicato alla vuvuzela di Filosofem dello zio Burzy. (Forza Mayhem, dite grazie a zio Burzy anche stavolta, mettete il tema in bella copia e consegnate!).
Tutti i pecoroni a osannare Daemon che a me ha solo fatto venire la bile agli occhi per tanta sfacciataggine: copioni!
Invece, ecco che quest’anno, in largo anticipo, sotto l’albero è arrivato un regalone a chiudere un’estate deprimente e a stendere un’ombra impietosa sulla mancanza di idee dei True Mayhem. Se fossi in Hellhammer due paroline con il resto della band le farei, visto che è anche il batterista dei MORTEM.
Ohhhh, i Mortem sono risorti (Ah l’ossimoro! Ah, la tauromachia!), tornati a nuova vita, come me quest’anno e a distanza di 30 anni hanno sfornato un vero e proprio capolavoro: gelo, terrore, oscurità, meno seghe avantgarde rispetto agli Arcturus, un inusitato vigore, freschezza nelle idee, come se un varco spazio-tempo avesse fatto penetrare la musica di allora al giorno d’oggi. Una cella criogenica deve essersi rotta così che Ravnsvart è arrivato fino a noi: una gemma, una perla incredibilmente reale e consistente.
Con il corvo nero, traducendo alla lettera il titolo dell’album, è stato subito 90s. Magia pura, sinfonica, ma dritta al nostro nero cuore di panda, fredda e nefasta, di incomparabile ferocia. Ho adorato sentirmi atterrito di fronte a tanta violenza e perizia. Il black metal è morto, evviva il black metal!