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Metal e Politica – Non solo una questione di riff!

Recentemente mi è passata sotto il naso una vecchia copertina di Metal Shock! (anni 90, o giù di lì), in cui campeggiava un titolone riguardante un concerto di Slayer e Sepultura insieme, due band che, con tutti i distinguo del caso, hanno sempre avuto ispirazioni politiche diametralmente opposte. In qualche modo, quella copertina mi ha ricordato come il metal, nei suoi momenti migliori (e con le persone giuste) possa andare oltre le sterili barriere ideologiche, e come puntellarsi sulle divergenze porti inevitabilmente a perdere di vista la finalità di tutta una cultura.

Perché il metal, checché ne dicano, ha sempre avuto una valenza “politica”, anche laddove sembra non esservi necessità alcuna. Il suo scopo, infatti, è sempre stato quello di tirare schiaffi sonori a tutti coloro che hanno la pretesa di dirti cos’è socialmente accettabile, eticamente giusto, o stilisticamente bello, dall’alto degli scranni della cultura (o del moralismo) che contano davvero. E questo vale tanto per chi nei suoi testi parla di dragoni, astronavi, vampiri o pornografia, quanto per l’hardcore o il NSBM: vi dirò di più, io sono profondamente convinto che tutto ciò che non abbracci quella matrice comune di intenti, pur avendo in sé tutti i crismi sonori che conosciamo e cerchiamo (pesantezza, strutture interessanti, velocità, melodia, etc.) sia comunque qualcosa di più circostanziale rispetto al metal in senso stretto.

Fortunatamente, nella stragrande maggioranza dei casi, questa finalità viene perseguita: non è un caso che vi siano molte band politicamente schierate che ottengono grandi responsi di pubblico e critica, anche da parte di chi ha idee molto diverse, proprio perché evidentemente la “cosa in sé” ha sempre trasceso gli stretti spazi dell’agone politico, e sinceramente non credo solamente perché al metallaro gli interessino solo i riff.

Che cosa?

Tuttavia negli ultimi anni ho avuto la percezione che qualcosa si sia trasformato nel rapporto tra metal e politica. Pare che anche alcuni metallari ci abbiano preso gusto con il campanilismo fine a se stesso, rendendo sempre più evidente la connotazione ideologica di certi determinati (sotto)generi, anche per via del periodo non proprio felice in materia di rispetto delle idee altrui, e in alcuni casi siamo passati dallo sbattercene altamente del pensiero politico di chi suona la musica che amiamo, al leggere interminabili scroll di commenti su Facebook per giustificare o criminalizzare l’artista di turno per le sue sparate e i suoi ammiccamenti a certe ideologie o posizioni, incarnando proprio quell’atteggiamento moralizzatore che un tempo veniva disprezzato da noi metallari.

Vi ricordate gli anni 80 e 90, quando c’era chi ce la menava con il metal che conduce a comportamenti violenti e antisociali, poi ampiamente smentiti dai fatti? Non sarebbe terribile scoprire che ci stiamo trasformando in quella roba lì? Immaginate l’incubo: hai dischi di Arghoslent e Peste Noire in casa e automaticamente per qualcuno diventi un bigotto nazista; da una parte hai i fasci (quelli veri) che ti accolgono come un nuovo camerata, e dall’altra hai gli sfigati alfieri del moralismo inglese ottocentesco che si vergognano per te. A te non frega assolutamente nulla né degli uni né degli altri, ovviamente, ma sai benissimo che per qualcuno sarai per sempre incasellato in un certo modo e ti rassegnerai a vivere nel ribrezzo di questa consapevolezza. Solo perchè ascolti gli Arghoslent. E ti piacciono pure un botto.

D’altra parte, la cosa non mi stupisce affatto: il metal, in certi suoi aspetti, è sempre stato permeabile (purtroppo) ad un certo tipo di elitismo e alla necessità di farsi le sue nicchie interne (cvlt? True? Poser? False metal? Vi dicono nulla queste cose?); allo stesso tempo il suo pubblico è sempre stato sensibile all’attualità: è più che naturale, visto il periodo fortemente polarizzato che stiamo vivendo, che il metallaro tenda a leggere in chiave più estrema e particolareggiata il tempo in cui vive.

“Politicians, fake musicians. Create no relationships”

Che tristezza. Come è stato possibile passare dai cazzotti in faccia al buon gusto, al moralismo e all’omologazione, per diventare un’ulteriore rivisitazione (con le borchie) delle grette, nauseabonde e sterili diatribe social di sovranisti VS. buonisti?

Per dirne una, festival di band black metal con l’ultra destra sullo sfondo non sono certo una roba nata oggi, però quello che è cambiato è sicuramente tutto ciò che ci sta attorno.

In un mondo normale faremmo spallucce e chissenefrega, visto che i numeri di quei gruppi rimangono comunque quelli che sono e che poi stiamo pur sempre parlando di metal estremo, in cui la componente anti -* è da sempre un valore estetico della proposta – e comunque stiamo pur sempre parlando di gente che si pone in un certo modo on stage, ma che nella vita reale lavora e prospera in un sistema democratico; in quello di oggi, invece, abbiamo gli antifa incappucciati che evidentemente nutrono l’idea infantile che il fascismo si possa affossare boicottando un concerto black metal; abbiamo gli organizzatori dei concerti che si rifiutano di far suonare qualcuno perché altri artisti hanno deciso così (vi ricordate il caso dei Satanic Warmaster?); abbiamo Robb Flynn che fa vlog su You Tube per condividere la sua indignazione per le pose deficienti di un Phil Anselmo ubriaco (per poi fare figure di merda su altre cose, come accaduto di recente); abbiamo un noto portale multimediale che boicotta l’ultimo disco dei Deathspell Omega solo perché c’è Mikko Aspa, chiaramente senza mai aver letto un testo nei loro dischi (o una delle due interviste ufficiali rilasciate dal principale compositore della band).

Tutti segnali allarmanti che sembrano più frutto di un isteria collettiva più che aspetti di un qualche problema reale. Dopo decenni di sbudellamenti e stupri in copertina, violenza fisica e verbale nei testi, satanismo sonoro e visivo, elogi vari a tutto ciò che c’è di malvagio e negativo su questa terra, stiamo ancora qua a indignarci per riferimenti a ideologie vecchie un secolo. Ah, Lemmy Kilmister, ci manchi proprio tanto…