Da sempre, e per alcuni per sempre, la musica metal è uno sfogo quasi fisico, una valvola dove convogliare frustrazioni di una vita mediocre, rabbia accumulata per un lavoro miserabile e poco gratificante, rapporti sociali al limite della paranoia, un quotidiano non appagante, condizione comune per tante persone. Ecco che, schiacciato il tasto “play”, tutto quel mondo resta fuori dalle orecchie, dal cervello e dal cuore, e immergendosi nelle note musicali, si penetra dentro un altro universo, che regala sollievo e consolazione temporanea. Il metal è perfetto veicolo per tutto questo, specie se è violento, estremo, annichilente e brutale. Di contro c’è chi vive una vita tutto sommato tranquilla, magari anche di successo o perlomeno non viziata da psicosi e condizioni sociali tragiche, che non deve sfogare nulla, che semplicemente ascolta musica per fare volare la mente, rilassarsi, appagarsi e compiacersi delle architetture sonore, come ammirare un Monet o sorseggiare un Brunello di Montalcino, edonismo mentale e null’altro.
Per costoro anche il metal è adatto, specie se attraverso virtuosismi, arrangiamenti sontuosi o voci suadenti, il bisogno insito di bellezza viene sublimato. Due estremi del metal, due concezioni diverse, che a volte si conciliano, poiché le persone non sono schemi ma esseri emozionali e imperfetti, oscillanti tra la felicità e la tristezza, ma che spesso non si incontrano, dividendo le categorie di ascolto tra i sostenitori del “metal ignorante” e quelli del “metal tecnico ed elegante”.
A meno di grande apertura mentale, che non sempre c’è, raramente un entusiasta di Rage For Order dei Queensryche, quintessenza del metal elegante, sarà altrettanto rapito ed estasiato da Black Metal dei Venom, il grezzume per antonomasia. Pantera e Machine Head mal si conciliano con i Fates Warning o gli Elegy, lo scapocciare di un biker sudato che si riempie la gola di birra e la compiacenza di un esteta che si emoziona con un passaggio armonico tra una scala minore e una maggiore ben riuscito, in un loft vista mare, sembrano l’antitesi in persona.
Eppure metal è l’uno e metal è l’altro, nella scala cromatica dal bianco al nero, con tutte le sfumature del caso, copre la gamma delle possibilità di amore per la musica. Chi è veramente metal ? I puristi spesso si pongono dalla parte “cafona” della barricata, sostenendo che il metal è qualcosa di fisico, che deve far pogare, urlare a squarciagola, alzare la braccia al cielo, tracannare birra e riempirsi il chiodo di borchie, spille e toppe, di farsi crescere una criniera bella folta, e di gridare al mondo “slayeeeerrrrrrrrr!!!”.
Ma in realtà è tanto metal come il resto anche la potenza controllata e misurata del prog metal, il virtuosismo neoclassico di Malmsteen, che ti ributta dentro pizzi e merletti del 700, il poliritmo scomposto e il tempo dispari, la dissonanza cacofonica e al contempo suadente dei Mekong Delta.
Il metallaro è tendenzialmente o “cafone” o “gentleman” di indole, di natura, schierandosi a livello conscio o inconscio in una delle due categorie, anche se a parole, a gesti o a intenzioni si dichiara incline a tutte due le scuole di pensiero. Non si può essere intimamente cavernicoli e lord inglesi allo stesso tempo, non è nella natura umana.
Se poi, e ci saranno, qualcuno lo è davvero e sinceramente, complimenti, perché è sopra la media. Tra i Discharge e i Rhapsody Of Fire corre una linea sottile, veloce, snella, sinuosa, che unisce la testa alla coda del serpente Metal, e ognuno di noi è solo una squama più o meno vicina ad una delle due estremità.