Parliamo oggi con il tizio inquietante che si nasconde dietro al progetto Dolore. Immaginate un thriller soprannaturale all’Italiana, come se ne facevano ai bei tempi però (1971-1976), non le cose spompe di Argento/Avati che escono in questi ultimi anni. Pensate a una roba che riesca a mescolare sudori freddi e passi nel buio, incontri con spettri fatti grondanti ragnatele e ululati rabbiosi, strani figuri che si muovono dentro vecchie case abbandonate dove neanche i gatti e gli uccelli hanno la smania di entrare. Immaginate roba così, ok? Ecco, diciamo che la soundtrack per un film del genere ce l’avremmo ma il film vero e proprio, no. Potrà esistere nella vostra testa, se chiuderete gli occhi e approfitterete delle suggestioni di un disco come Fantasmi.
1 – L’esordio del progetto Dolore mette in scena un horror che musicalmente raccoglie le più svariate fonti d’ispirazione. Ogni traccia sembra un omaggio a un modo di fare musica “de paura”? Fantasmi è la colonna sonora di un film mai realizzato, giusto?
Esatto. L’intero progetto nasce allo scopo di svolgere un’indagine attraverso la storia della musica per
immagini utilizzando titoli, atmosfere e riferimeni ideali a film inesistenti. Musica, “trama” e artwork
sono strettamente connessi nel quadro di ciò che faccio con Dolore.
2 – Il primo brano per esempio, Registri dell’incubo, ha quel giro di basso che, per quanto sia rallentato, ricorda Death Dies (in Profondo Rosso) e poi conclude con una sfumata a incrocio su un arpeggio di tastiera vicino a certi giochi sonori magici e infidi di Suspiria. Dire che i Goblin siano una delle tue principali fonti d’ispirazione è superfluo. Io però ti domando se riconosci un debito anche verso Giorgio Gaslini.
Piccola parentesi, se permettete. Gaslini, come alcuni sapranno, era il compositore che inizialmente doveva realizzare la colonna sonora di Profondo Rosso e che poi fu sostituito dai Goblin durante la lavorazione del film. Alla fine l’album è composto anche da sue creazioni. La nenia infantile è di Gaslini, quella che di sicuro ricorderete (la la la…) e anche la tiratissima Wild Session – eseguita dai Goblin ma composta da Giorgione, che dopo aver firmato Le cinque giornate, unica escursione di Argento fuori dai suoi generi consueti, aveva realizzato pure lo score della miniserie televisiva La porta sul buio. Gaslini aveva praticamente rubato il posto di Morricone come referente musicale per il cinema del regista romano, ma al tempo di Profondo Rosso, Giorgio si fece mangiare il cazzo dalle mosche (quattro, probabilmente) e alla fine Dario lo sostituì con la band di Simonetti per completare la colonna sonora.
Come riportato dallo stesso Argento nel suo Paura, all’inizio chiese i Pink Floyd. La produzione gli offrì Gaslini, che venne esonerato dall’incarico, a dire di Argento, per la natura eccessivamente jazzistica di alcuni dei pezzi proposti per il film. A ogni modo Gaslini è un pilastro del jazz italiano e della colonna sonora. Lo ascoltai per la prima volta da ragazzino attraverso un LP di mio padre: il Concerto della Resistenza, dove appariva insieme al suo quartetto. Non posso citarlo come influenza specifica ma di sicuro fa parte di quello strabiliante mosaico musicale italiano cui molti compositori di musica cinematografica fanno riferimento più o meno consapevolmente.
3 – Ascoltando l’album Fantasmi, dal primo momento io ho pensato pure al progetto Terrorthron di Anders Manga dei Bloody Hammers (band che amo). Orgy Of The Vampires, Necrophiliac Among the Living Dead e Hexed in fondo sono simili al tuo disco. Anche lì, colonne sonore di film mai realizzati che il pubblico si crea da solo, con la propria fantasia. E persino gli ultimi lavori discografici di John Carpenter sono score di film che non ha
mai girato.
Ottimi riferimenti! Oggi esistono vari gruppi, progetti solisti e artisti interessanti nell’universo della cosiddetta horror music. Mi riferisco alle uscite dell’austriaca Cineploit di Alex Wank (Orgasmo Sonore, Sospetto, Videogram) così come gli italiani La Morte Viene dallo Spazio, Buiomondo, alcuni dischi
recentissimi della Giallo Discos e così via. Oggi più che mai ristampe e rarità continuano a emergere nei
più lussuosi formati. Sono convinto che, salvo casi specifici, queste sonorità non avessero davvero mai
avuto tanta “fortuna” prima d’ora.
4 – Nel disco c’è una spruzzata prog ma in generale si tratta di dark elettronica. Penso al Simonetti degli anni 80, quello della colonna sonora di Demoni (nella tua traccia Lo sguardo delle tenebre). O magari Simon Boswell e Brian Eno (rispettivamente in Demoni 2 e Opera).
La tua analisi è ottima anche se così escludi l’utilizzo esplicito di materiali dark ambient e di collage
sonori/sample music in alcuni brani.
5 – Obiezione accolta. Del resto sarebbe ingiusto relegare Fantasmi a una specie di revival delle colonne sonore anni 70-80 di film thrilling-horror. C’è anche un richiamo ai Depeche Mode dei tempi di Violator (Ossessione), sbaglio?
Una parte di ciò che compongo risente di influenze dirette e riconoscibili, ma il circolo delle citazioni segue vie tortuose, dunque non saprei ricondurre ogni specifico pezzo a una singola fonte d’ispirazione. I Depeche Mode possono essere stati influenti quanto, non so, i Capricorn o Conrad Schnitzler!
6 – Sdangher si occupa spesso di metal e tutto quello che gli gira intorno. A te piace questo tipo di musica?
Certamente! Sono coinvolto da circa 17 anni in progetti death metal, thrash, black o doom (Haemophagus, Assumption, Undead Creep, Morbo, Interior Demise ecc.)
7 – Un sacco di progetti, neh? E senti un po’ invece, parliamo della copertina del disco, che è la foto di una vecchia casa abbandonata. Inevitabile pensare alla traccia Triste storia della casa in fondo al viale. Mi soffermo qui perché oltre la violenza, la perfidia e la pazzia, nelle storie cinematografiche a cui questa raccolta di composizioni vuole ispirarsi, c’è anche tanto dolore. Spesso dietro l’assassino si nasconde un trauma, un dispiacere insopportabile e un senso di desolante tristezza. Personalmente sono molto attratto dalle case abbandonate. Se posso le esploro. Inevitabile chiederti che casa è quella dell’artwork di Fantasmi e se condividi questa mia passione. E nel caso, hai qualche aneddoto da raccontarmi su case stregate delle tue parti?
Allora, il concept del disco è stato elaborato nel corso di alcune passeggiate in zone più o meno isolate della
campagna trevigiana. Non ero tanto interessato a utilizzare leggende o racconti specifici quanto, piuttosto, materiale puramente immaginario e libero. La casa ritratta in copertina è stata scovata d’estate in maniera del tutto casuale in cima a una collina dalle parti di Nervesa Della Battaglia. Il suo aspetto ha ispirato buona parte delle composizioni, mentre i titoli, vero tessuto connettivo dell’album, erano già stati organizzati in precedenza.
8 – John Carpenter è un altro dei riferimenti di Fantasmi. Oltre l’uso di suoni Moog e sintetismi anni 80, c’è anche quell’ossatura ritmica che cresce come il battito di un cuore che inizia ad aver paura. Penso
soprattutto al giro di basso che si sente in Composizione di denti e in Finale – Giorno del giudizio. Ho sempre pensato che Carpenter abbia usato a man bassa le idee dei Goblin. Oltre la colonna sonora di
Halloween, che senza Profondo Rosso e Suspiria non sarebbe mai stata così, proprio in quell’uso della ritmica riconosco lo score di Dawn Of The Dead.
Di Carpenter amo la riconoscibilità e la linearità ossessiva di certi temi, il nitore degli arrangiamenti nonché la capacità di “incollare” perfettamente le sue idee musicali alle immagini sullo schermo. Di tutti i seguaci sfegatati dei Goblin lui è certamente fra i più efficaci e interessanti. È stato anche a mio avviso uno dei primi a conferire dignità musicale autonoma alle proprie colonne sonore.
9 – Parlando di colonne sonore horror che non riusciresti a sentire da solo in casa, che titoli ti vengono in mente?
Così su due piedi potrei menzionare Phantasm di Fred Myrow e Malcolm Seagrave, lo splendido lavoro
di Hildur Guðnadóttir per la recente serie Chernobyl, l’intera colonna sonora composta da Jay
Chattaway per Maniac di Bill Lustig o quella di The Changeling firmata da Rick Wilkings, Ken
Wannberg e Hoeard Blake. C’è davvero troppa musica angosciante, per fortuna.
10 – C’è una cosa che mi ha sempre messo angoscia, in termini di suoni. Il “tum” sordo di grancassa che avanza nel buio. Per buio, usando le note come colori, penso all’assenza di suoni intorno al “tum… tum… tum” che emerge dalle tenebre del silenzio grevissimo. Pensa per esempio all’uso che ne fa James S. Levine, nella sigla della prima stagione di American Horror Story, o magari ricorda Humphrey Searle e il rumore che sale dai piani inferiori in Gli Invasati di Wise. Hai intenzione di esasperare il tuo pubblico con scelte così minimali e allo stesso tempo letali, in futuro?
È uno dei dispositivi sonori più efficaci in assoluto! Ho utilizzato qualcosa di molto simile nell’ultimo
pezzo di Fantasmi, quello che hai associato a Carpenter, Finale – Il Giorno del Giudizio. La colonna sonora di Humphrey Searle per Gli Invasati è un classico assoluto, con quella celesta strisciante, i temi continuamente cromatici e sospesi…
11 – Oltre ai classici horror e thriller usciti al cinema, il tuo Fantasmi, per i titoli che usi, mi ha fatto anche pensare a certi sceneggiati televisivi degli anni 70 della Rai. Mi riferisco a Il segno del comando, Ho conosciuto un’ombra o Ritratto di donna velata. Conosci quel genere di cose?
Sì, e probabilmente la mia preferita è proprio la succitata miniserie curata da Dario Argento. Se possibile
aggiungiamo alla lista anche un paio di film TV di Fulci di fine ’80, ovvero La dolce casa degli orrori e La casa nel tempo. Fra l’altro nel cast del primo dei due figura misteriosamente anche Ilary Blasi giovanissima…
12 – Vero! Senti, ma La seduzione dell’Oscurità, che trovo sia uno dei momenti più riusciti insieme alla pur breve ma azzeccatissima Un’ombra alla finestra, mi ha ricordato il lavoro dei Banda Osiris per L’imbalsamatore di Garrone. Curioso che un gruppo tanto buffonesco e allegrone che imperversava nella trasmissione di Parla con me, sia stato in grado di creare una musica tanto depressiva. Ecco, io riconosco un po’ della desolazione fatta di nebbia e di povertà di quel film, in quella tua traccia, immagino spiagge deserte d’inverno e corpi infreddoliti nella notte, in un momento quasi doom del disco.
Per quel pezzo ho pensato più che altro a un’ambientazione sonora sulla scia di Twin Peaks o all’ottimo
Parole de Navarre dei Dale Cooper Quartet and the Dictaphones. Comunque la buffoneria accostata
alle musiche più truci non è certo cosa nuova. Senza andare troppo lontano pensa a Torte in Faccia dei
Goblin su Zombi o a certe esplosioni di ignoranza nella colonna sonora di Street Trash (Noto anche come Horror In Bowery Street ndr) di Jim Muro!
13 – Sarebbe bello che un giorno, Fantasmi o qualche altro album come il tuo, finisca per essere la base per una trasposizione filmica o romanzesca. Tratto dalla colonna sonora… suona buffo ma perché no?
Sarebbe interessante! Negli ultimi anni ho lavorato ad alcune colonne sonore per pubblicità e documentari, dunque non si sa mai.
14 – Hai scelto la parola Dolore per il tuo progetto. Non ti nascondo che ogni volta che ho dovuto dire cosa stavo ascoltando in cuffia, la gente mi ha davvero guardato come un matto. “Ascolto il disco di Dolore”. Eppure se pensiamo che abbiamo portato in giro magliette dei Cannibal Corpse e magari canticchaito indisturbati Exquisite Corpse dei Bauhaus capiamo che la rivoluzione a colpi di shock e provocazione avvenuta da 40 con la musica estrema anglosassone, è avvenuta solo in parte, e che l’Inglese è sempre stato una sorta di censura per noi italiani, qualcosa che ha reso più mite il messaggio sovversivo di certi artisti. Nel nostro paese basta chiamarsi Dolore e non Pain e la gente cade dal pero.
Interessante riflessione. In Italia il metal estremo non ha mai avuto la risonanza sociale e mediatica ricevuta in paesi come Inghilterra, Norvegia o Stati Uniti, dunque l’intrinseco shock value di certi dischi o copertine si è fermato al caso fortuito della mamma retrograda che scova casualmente la copia di Been Caught Buttering dei Pungent Stench sul tavolo del giovane figlio degenerato. Non importa che si parli di cinema o musica: l’isolamento percettivo dello spettatore o ascoltatore rispetto alla possibilità di provare repulsione di fronte a un prodotto variamente catalogabile come “artistico” è dovuto anche, come lasci intendere tu, a un grande diaframma linguistico tipicamente italiano. E qui si inserisce, a mio avviso, la più grande differenza rispetto al passato: l’horror italiano parlava creativamente la lingua dei propri spettatori, si nutriva anche di luoghi e inquietudini locali (vedi Torino secondo Argento così come la Bassa padana di Avati o Puglia e Basilicata in Non si sevizia un paperino di Fulci), risultando forse più autentico e vicino alle paure collettive. Nel solco di questo ragionamento ho deciso di utilizzare nomi e titoli italiani per il mio progetto. Questi richiamano tanto il mio amore per il cinema italiano quanto, ovviamente, il rapporto diretto con la forma espressiva naturale della mia immaginazione.
15 – Cosa ne pensi della Power electronics? Sai che a Sdangher ci piace molto?
Ottimo! Mi piacciono alcune cose primordiali tipo Whitehouse, Genocide Organ o Atrax Morgue. Ho
ultimamente recensito uno split di roba power electronics particolarmente brutale per Voices from the Darkside, era uno split CD con Scatmother e Chaos Cascade.
16 – Che ne pensi di Amedeo Tommasi? Non è molto citato tra i cultori di colonne sonore horror eppure io trovo che il suo lavoro con Avati, specie in La casa dalle finestre che ridono sia davvero agghiacciante. Le sue musiche sono così spaventose o è merito del film?
Probabilmente Tommasi non è molto citato perché le sue colonne sonore horror sono poche rispetto al resto del
suo catalogo. A ogni modo La casa… è un film pressoché perfetto, raccapricciante a ogni singola visione, e la sua musica è semplicemente la controparte ideale delle immagini. Difficile anche solo pensare di avvicinarsi ad atmosfere così malate proprio in virtù dell’inspiegabile componente di lucida follia che striscia attraverso l’intero film. Buono Legnani è l’incubo eterno del cinema italiano.
Ok, basta così, mi sto spaventando. Grazie e a presto.
Grazie a te e a Sdangher per l’intervista!