Salve, batuffoli delle tenebre. Chi di voi mi legge da un po’ (siete messi così male? Vi adoro) sa cosa ne penso delle recensioni. Non servono più a nulla. O al più ci possono stare per un confronto alla pari. Io dico la mia e voi, dopo aver sentito su youtube o spotify o dove cavolo vi pare il disco di cui ho scritto ficata, mi rispondete che non capisco un cazzo di musica. Non è più tempo delle autorevoli firme che muovevano dibattiti tra i lettori e soprattutto i culi verso i negozi di musica filodiffusa. Nnon ci sono più neanche i negozi e stanno per morire pure i dischi come forma fisica di creatività e intrattenimento sonoro. Sì, esiste ancora qualche avamposto del vinile e ci sarà sempre qualcuno che implorerà un supporto fisico a costo di farselo da solo, ma di fatto gli mp3 hanno liberato la musica dai confini materiali, restituendola all’intangibilità che aveva fino a cento anni fa. E questo nel giro di cinquant’anni a venire, ci porterà molto lontano da dove siamo ora. Non so se in un posto migliore o peggiore. Probabilmente un mondo con le sue ragioni e i suoi torti, e comunque pieno di musica.Tutta ‘sta pippa per dirvi che nonostante io non creda nelle recensioni (e non ne scriverò di sicuro una adesso) necessito di un mezzo per appuntarmi un nome che valga davvero due righe di commento. Nella marea di promo che arrivano alla stalla di Sdangher e nell’oceano di cose che tra bandcamp, youtube e torrent mi capita di sentire, ogni tanto qualche gruppo interessante, e sarebbe un peccato tenerlo tutto per me.
Potrei segnalarlo con un post su facebook e non rompere tanto i coglioni: un link del disco da youtube, due righe e tre mi piace sotto e passa la paura, ma sarebbe quasi il nulla per me. Chi cavolo torna a spulciare la propria bacheca? Chi si volta mai a guardare indietro il proprio facebook? Io no di certo. Le poche volte che ZuKKK mi ripropone una vecchia cosa che ho scritto o condiviso anni fa, mi viene voglia di chiudere tutto e riaprire tutto con un profilo falso.
In ogni caso, qui su Sdangher sono nella mia landa e in questo antro ho davvero condiviso, segnalato, giudicato ed esaltato i dischi nuovi che mi hanno detto qualcosa in quasi dieci anni di ciance. E continuo a farlo, senza tirarla troppo per le lunghe. Voglio quindi segnalare un album che reputo fico e che vi consiglio di ascoltare un attimo prima di seguitare con il vostro zapping compulsivo in giro per la rete.
Sto parlando dei Val Tvoar. Ok, il nome non è il massimo. Mi ricordano un furgone di Val Soia che non rispetta la precedenza a un incrocio con il pulmino Vilient Thorr. Attento cazzo… VAL TVOAR!!! Sono estoni e fanno stoner. Se qualcuno mi dicesse: “ascoltali cavallo, sono estoni e fanno stoner” gli risponderei con le orecchie: “fottiti con un bazzuca carico!”
Non c’è nessuno al mondo che mi abbia detto di ascoltarli, è semplicemente accaduto. E cosa più importante non li conosco personalmente e non me ne frega nulla di loro. Se si sciogliessero domani mi spiacerebbe ma sappiamo come finiscono certe cose. Le band di oggi o rimangono amatoriali e si incistano in una serie di lavori via via più spenti oppure entrano nel giro e si fanno spremere da una routine spremiagrumi disco-tour-disco-tour-disco-tour. Quindi mi godo ‘sto album e non penso oltre. E ve ne scrivo, cazzo. Lo faccio perché mi ha appassionato e perché voglio che ascoltiate anche voi ciò che io trovo appassionante. Magari vi tira su lo scroto come è successo a me alle quattro e venti di mattina.
Per prima cosa io non amo lo stoner. Non mi basta come genere. Lo trovo tra i più anchilosati e cagoni dell’intero panorama rockettaro degli ultimi vent’anni. La maggior parte delle band sono scorregge all’ashish e non meritano altro se non di finire come gli elefanti giganteschi di cui vaneggiano un tanto al disco: estinte.
No, i Val Tvoar sono stoner ma non la usano come scusa per non combinare un cazzo tra un riff dei Black Sabbath e una gazzosa. Loro lo fanno di un tipo nerboruto, iperproteico, suoni gonfi e un tiro che smuoverebbe il più crucciato degli Shire. Non vengono dalla luna, quindi ci ho sentito un po’ di tutto: Mastodon, Megadeth, Tool, Alice In Chains, Monster Magnet e persino i Police ma il tutto è suonato con il piglio del metallone tostone dei veri gruppi heavy.
Non fraintendiamoci, i Val Tvoar non salveranno il culo del rock, però fanno musica genuina e ispirata. Non hanno ancora uno stile proprio ma sono sulla buona strada. In più tirano fuori melodie coinvolgenti. Fanno, sapete no, quelle cose ormai in disuso: LE CANZONI con i riff ganzi, i ritornelli da urlare in coro insieme al vostro sodale passeggero invisibile, quando siete in auto e vi rode il culo di tutto. E sono riusciti a emozionare me, un Padrecavallo di un certo calibro.
Sono persino andato a recuperarmi il primo di due anni fa e non è malaccio neanche quello. Magari un po’ più ingessato appresso a certi dettami del cazzo di stoner ma ci sono bei pezzi pure lì. Questo nuovo invece è grande e mi spinge, mentre mi si chiudono gli occhi e le mani mi fanno male per tutti i quintali di panni bagnati che ho tirato fuori e dentro le macchine, oggi in quella cazzo di lavanderia, a star qui e scriverne. Capite cosa voglio dire?
Va bene, facciamo così. Sentitevi questa. Se non vi dice niente, allora lasciate stare, ma se vi scatta qualcosa dentro buttatevi a rotta di collo sul nuovo dei Val Tvoar!