Il progetto Dawn Of Solace parte nel 2005, frutto della iper-attiva mente del polistrumentista Tuomas Saukkonen (Black Sun Aeon, Wolfheart e Before The Dawn) e dopo un disco all’attivo e 14 anni di silenzio, il factotum finlandese si ripresenta tramite la neonata Noble Demon Records con un nuovo lavoro: Waves, che segna l’ingresso nella band della fredda ma bella voce di Mikko Heikkilä. Ed è proprio questa la novità principale: infatti l’ugola lancinante di Tuomas, che nel precedente The Darkness si occupava di tutti gli strumenti, è ora rimpiazzata dal timbro pulito di Heikkilä, il quale porta anche un piccolo cambio di coordinate nello stile musicale: meno introspettivo e più diretto.Le composizioni di Saukkonen vertono infatti intorno all’universo di quel metal di matrice scandinava sempre in equilibrio tra melodia e malinconia, verso lidi ora più gotici, ora più cupi, che tanta fortuna ha portato ai portabandiera Katatonia, Amorphis, Sentenced e compagnia piangente.
E non si può certo dire che il Saukkonen non abbia la penna giusta per scrivere certe litanie musicali. Il suo stile infatti sa essere tremendamente efficace come si può già intuire dal brano di apertura Lead Wings: dolce e triste biglietto da visita infarcito di melodia e impreziosito dalla voce di Heikkilä che azzecca un ritornello tanto ruffiano quanto ammaliante.
Quasi tutto l’album vaga in territori glaciali e desolati senza mai né spingere né rilasciare troppo il pedale dell’acceleratore e godendo di una produzione pulita e potente (anche qui un passo in avanti rispetto al precedente capitolo).
Il meglio i Dawn Of Solace lo piazzano nella seconda metà del disco: Tuli è una grigia ballatona in finlandese con inserti in pianoforte (ma perché così corta? Sembra quasi segata a metà…); Numb prima ci avvolge con melodie suadenti per poi sbocciare in un bel finale a suon di doppio pedale; e Choice svela il lato più folkish di Saukkonen.
Il punto di forza dell’album è senz’altro il songwriting di chitarra, deprimente ma accessibile e mai stucchevole.
Dal canto suo anche Heikkilä dimostra di calarsi perfettamente nel mood sconsolante, regalandoci linee vocali mai sopra le righe ma dal sicuro impatto emotivo.
Insomma, lo avrete capito, la parola d’ordine che caratterizza l’intero album è equilibrio. Molto equilibrio… forse pure troppo. Per carità, la missione dei Dawn Of Solace è chiara e sicuramente può dirsi compiuta, ma l’impressione è che si poteva anche osare di più.
Alcune canzoni sarebbero state ancora più coinvolgenti se avessero avuto una struttura più articolata e se si fossero sviluppate attraverso minutaggi più lunghi. Anche qualche voce aspra in scream ci sarebbe stata come il
classico cacio sui maccheroni nei frangenti più ridondanti che a volte peccano di staticità.
È chiaro che questa considerazione cozza con quello che probabilmente Saukkonen si era prefissato di creare, ovvero uno stile che riuscisse a coinvolgere le masse (soprattutto in patria dove il metal è genere da classifica) ma allo stesso tempo potesse valorizzare le sue indubbie qualità compositive sul genere.
Quindi alla fine è giusto che sia un disco così. Il viaggio offerto dai Dawn Of Solace è un lacrimevole abbandono dei sensi. Rassegnamoci e lasciamoci cullare.