Quando mi arrivano alle orecchie certi suoni e certi stili vocali non riesco a frenare un sorrisetto sghembo. Un sorrisetto che non è assolutamente una manifestazione di fastidio in questo caso. Ritrovarsi davanti, nel 2020, sonorità che sembravano perdute – e che io avevo come colonna sonora mentre mi leggevo Splatter o Conan il barbaro è sempre una gioia! Retrogrado?! Io?? Non scherziamo!!! Tradizionalista all’ennesima potenza!!! Qui ci sono echi di Thrash metal ottantiano e Heavy/Power metal grezzo e verace alla Helloween primissima maniera. Chitarre rozze e sporche quanto basta in primo piano, batteria robusta e tirata, voce da strega psicopatica (sì: è una dolce donzella a cantarcele di santa ragione) a tratti ridicola nel suo urlare sguaiato ma è quello che a me è più piaciuto.
C’è, neanche troppo in sottotraccia, quel rivolo di liquami marci e pestilenziali che possono uscire solamente da una fogna o dagli scarichi di un mattatoio. Musica per vecchiacci quasi cinquantenni che hanno ancora quella scintillina che gli urla dentro: “Scapoccia, porco il clero! Scatenati in un bel pogo fino a frantumarti le ossa!
Sfogati una buona volta!”
E gli Space Parasites servono fondamentalmente a questo. In un mondo, musicale e no, che si prende sempre troppo sul serio e che se la tira con sciabordate virtus-strumentali o con testi anche fin troppo filosofici e/o introspettivo-malinconici, i parassiti dello spazio remano contro.
Sono il toccasana per le giornate uggiose. Sono il sottofondo che mancava nelle sedute di jogging (per chi le fa) o per l’oretta in palestra. Ma vanno benissimo pure per una serata di bisboccia, ovviamente a palla, sullo stereuccio in macchina, direzione il più vicino cimitero a cercare di vedere i fuochi fatui.
Non vi piace l’idea? C’è sempre Halloween a darci il giusto pretesto per infilare nello slot USB (o nel CD Tray) il loro ultimo Raw And Violent. Nomen omen ragazzi! E se siete stati giovani negli anni ottanta, non potete non considerare un album di questo genere!
E allora, se siete intelligenti, riesumate dal fondo del vostro armadio l’armamentario del metaller attempato: anfibi sformati da mille battaglie, smanicato in jeans pieno di toppe delle band più turpi che esistono/esistevano sul pianeta, cintura di bossoli e catene varie per “menare più forte”, la scorta di heiniken (o di quel che vi pare) e via a sfanculare i cultori dei “breakdown”che tanto vanno di moda nel metal-core ma che erano stati introdotti tremila anni fa (in Death Is Just A Word se ne trova un piccolo esempio).
E poi: che belli quegli “stop and go” così ingenui ma così efficaci e quegli assolacci che però, all’epoca, ai Kreator sarebbe piaciuto saper suonare! Gli Space Parasites sono ottantiani al 100%: dal logo tutto punte e spigoli ai titoli delle canzoni (I Wanna Be a Space Wolf) con quell’ululato a inizio canzone e il rumore delle pistole laser che sfrecciano da un auricolare all’altro, alla produzione grezza e, si direbbe, in presa diretta!
Sì: sono entusiasta di un lavoro del genere che, con ironia e senza troppe pretese, mi ha preso per mano e mi ha ricondotto sui sentieri di un tempo. Un tempo dove, per poter superare la mia inadeguatezza (vera o presunta), le mie piccole-grandi rabbie, le mie delusioni bastava esorcizzare il tutto con un horror e con musica adeguata alla bisogna: veloce, rabbiosa purulenta e sguaiata.
Il metal di tal fatta è cattivo e di cattivo esempio? Boh… Per quel che mi riguarda mi sono divertito un sacco ad ascoltare questi berlinesi e mi sa che, appena ho mandato questo delirio di parole buttate a cazzo al sempre paziente Padre Cavallo, vado su Netflix a vedermi la serie Creepshow…
Che volete: sono un vecchiaccio e certi luoghi comuni che ormai si sono incancreniti nel mio modo d’essere con la fava che li combatterò! Ragazzi divulghiamo invece a tutto spiano il verbo di questi 4 caciaroni perché il metal, in fondo, è questo qui!