Ci sono dischi sui quali ragionare, che si prestano a essere sezionati e osservati in ogni loro recondito passaggio. Dischi dei quali sembra di non poter dire mai abbastanza, che affascinano o deludono per le ragioni più chiare, altri dei quali è necessario trovare la giusta chiave di lettura per godere appieno del loro potenziale. Altri ancora riservati ad un pubblico elitario e molto esigente, pronto a gridare allo scandalo alla prima sbavatura stilistica. Poi, benché siano sempre troppo pochi, ci sono dischi come questo From The Ostrobothnian Plain dei finlandesi Kaos Krew e sono quelli che ti rapiscono al primo ascolto, diretti, trascinanti, potenti.
Non dico che sia un capolavoro di tecnica sopraffina, è un disco onesto, ben suonato, piacevole da ascoltare e che si presta alla permanenza nella radio della macchina; perché se lo risento tre volte non mi stanca mai. Questo grazie a un lavoro di scrittura che ha portato i ragazzi di Pietrarssari (ok, io ci ho provato, spero di averlo scritto giusto!) a creare questo piccolo gioiello di death con influenze tendenti all’industriale, a toni scuri e foschi ma contraddistinti da aperture melodiche marcate, ma mai irritanti.
Già il precedente Returno era stato a mio avviso un buon disco, benché non arrivasse a coinvolgere pienamente e mancasse di picchi creativi eccelsi, ma qui siamo a livelli ben superiori e le atmosfere che spaziano in un dark metal genuino si sentono, dando al prodotto un carattere più ruvido del precedente lavoro della band.
Whiteout, il singolo rilasciato prima dell’uscita dell’album, era un qualcosa di chiaramente più progredito rispetto al passato, capace di regalare sensazioni cupe ma senza perdere quel brio, quell’energia di fondo che lo rendono speciale. Non per niente nel video abbinato alla presentazione del singolo hanno scelto di mostrarci la band all’opera, in maniera da trasmettere allo spettatore la carica del gruppo in modo diretto, senza filtri o immagini che distolgano l’attenzione dalla musica.
Quella dei Kaos Krew è una realtà di quelle da amare o odiare senza vie di mezzo, hanno le carte in regola per dire la loro e non accettano compromessi. Pezzi come The Prophets sono chiaramente il segno di una voglia di sperimentare, ma piccoli gioielli come Dance For Me sanno trascinare e coinvolgere in un vortice di sano metallo, bilanciando un lavoro originale ed interessante, che evolve da basi radicate nel passato dell’heavy metal verso suoni più elettronici e d’atmosfera.
Vista la particolarità del tutto, ovviamente, consiglierei comunque un ascolto preventivo a chi si avvicina ai Kaos Krew per la prima volta.