Sì è vero. Sono scostante e lunatico. Questo mio caratteraccio mi fa fare tardi sulle “consegne” e devo ringraziare solo la pazienza di Padre Cavallo se posso permettermi certe intemperanze.
E devo ammettere anche che i miei pregiudizi su certe female fronted band, quelle più vicine allo stile vocale della puffa blu Alissa White Glutz per intenderci, mi avevano fatto sorgere più di un qualche punto interrogativo sulla mia capoccia poco propensa all’approfondimento e perciò piena di segatura. Ho iniziato ad ascoltare poi ho mollato quasi subito. Ho ripreso ad ascoltare poi, nel frattempo, facevo altro… Alla fine, urtato dagli scream vocals della frontwoman sovietica, ho mollato il tutto per una settimana. Oggi, complici anche i sensi di colpa per aver cercato di svicolare il mio senso del dovere, mi son detto: “Mò te ne stai buono-buono e ti ascolti questi cazzo di russi fino a che non ci hai capito qualcosa ok!?”
E così ho fatto. Ho cercato notizie sulla line up, ho cercato video su Youtube (addirittura ce n’è uno su un sito che credo sia vietnamita) e ho letto qualcosa dal loro sito ufficiale. Intanto devo dire che, nonostante l’ombra degli Arch Enemy che aleggia, dei Children of Bodom senza tastiere che spintonano, di un po’ di thrash old school che ruggisce, i Pokerface credano in ciò che fanno e che la cantante Alexandra (Aka Lady Owl) non sia, grazie al cielo, la fotocopia della puffa blu.
Versatile e personale quanto basta per distinguersi, almeno nelle parti più “clean”, anche da quell’altra che rutta nel microfono con i Jinjier o come cazzo si scrive… Ecco: mi era sembrato, ma dovevo essere molto molto distratto, che i “Faccia da poker” fossero, almeno o soprattutto nell’estetica, una riproposizione della band composta da ubriaconi russi che per bucare lo schermo piazzano in primo piano la bambola di turno. Ma poi vedo e sento ciò che sa fare l’altra tipa alla chitarra (Xen Ritter), neanche così sexya dirla tutta, che i miei dubbi iniziano a dissiparsi.
Tra l’altro i video, almeno 4, che si trovano su YT, sono godibili così come è ben costruito il sito. E sono registrati anche su VK, il FB russo caro ai complottisti italico-europeani. Sono attivi, con vari rimaneggiamenti alla line-up, dal 2013 e non posso certo dire che siano dei novellini.
I Pokerface vantano varie opening per band di fama internazionale in terra sovietica – loro dicono Sepultura, Childen of Bodom, Overkill – ma dopo aver letto l’intervista a Eddy Antonini sono ancora qui a chiedermi: “Ma sarà tutto vero quello che dichiarano?”
Al di là di questo, che comunque è un aspetto importante se si vuol cercare di capire come sta affondando la scena metal internazionale, cosa si può aggiungere sulla proposta musicale del quintetto russo? Poco altro anche perché ogni singolo aspetto, dall’aderenza a un certo genere, anche nell’estetica – la chitarrista rende omaggio a Randy Rhodes usando una Jackson RR – allo stile vocale di Lady Owl (l’aspetto più degno di
nota) è rispettato.
Non sono qui cercando di inculcare nelle teste delle persone la certezza che l’omologazione delle miriadi di band che esistono e che nascono nel mondo sarà la causa del tracollo dell’heavy metal. Molte Cassandre, in passato davano il nostro genere preferito per spacciato e non è successo. Non sono nemmeno qui a dire che i Pokerface, o chi per loro, saranno quelli che, con la loro riproposizione di canoni estetico-musicali già proposti da altri, affosseranno la credibilità del metal; fosse per me, che amo il disco Raw And Violence degli Space Parasites, il metal dovrebbe essere sempre quello che ascoltavo a 17/18 anni.
Il timore più grosso che ho è quello di invecchiare troppo (in realtà il processo si è già messo in cammino) per poter ancora saltare sulla sedia dallo stupore nell’ascoltare l’ultima fatica degli Agrikultural Sverginator da Roccapendente.
Conclusioni? Come tante (troppe?) altre band i Pokerface rischiano di finire nel mega-maelstrom di “quelli che ci hanno provato” non trovando però le condizioni adatte per poter andare oltre lo status di bravi hobbisti e poco più.
Il mondo e il mercato della musica stanno cambiando e noi con lui. La musica è diventata, e lo diventerà ancora di più in futuro, un qualcosa che ci farà da colonna sonora durante i nostri momenti giornalieri ma, a differenza di quando si era più giovani, non lascerà quasi traccia nel nostro inconscio. Potrebbe essere che questo capiti proprio perché ci si invecchia o perché il nostro animo è saturo di note e concetti che “ci bastano a darci delle risposte”.
E allora, in controtendenza, spero che i più giovani possano adattarsi a questi nuovi trend audio-tecnologici, a questo veloce fruire e fluire di band che, venti-trenta anni fa, ci avrebbero fatto gridare al miracolo e che ora invece sfiorano a malapena la nostra attenzione. Che brutto invecchiare male e con una faccia da poker!