Viva il metal ma gratis! – Lettera di una metallara a Sdangher

Sono una lettrice di Sdangher, mi piace come vengono trattati vari argomenti, in modo dissacratorio, così ho deciso di dire la mia, sul metal e su tante cose ad esso legate, trovandomi in una posizione diversa da tanti, ecco cosa volevo dire:

Il culo è pesante, la serie tv su Netflix chiama, domani devo andare a lavorare e mi alzo alle 7, ho  marito, due figli e il cane da “scendere” per la pisciata. Ho pochi soldi, devo cambiare la lavastoviglie, al sabato sera preferisco andare in pizzeria e al pub, la domenica la gita fuori porta e un giro all’Ikea, o mi stravacco sulla poltrona a leggermi un libro. Tutti ottimi motivi per amare alla follia il metal, ma non comprare manco un cd, perdermi tutti i concerti, non possedere manco una maglietta degli Iron Maiden. Ma chi l’ha detto che per forza per amare la musica metal uno debba pagare la “tassa presenza attiva” o il famigerato “supporto alla scena” ? Mi ascolto i Motley Crue e i Marduk sul telefonino, gratis, e la qualità audio è più che accettabile, al massimo investo 20 euro in più su dei buoni auricolari, e mi basta così. Perché devo spendere 50, 60, 80 euro per mettermi in macchina il sabato, pagare benzina, autostrada, panino all’Autogrill, perdere un ora all’andata, un ora al ritorno (se va bene), più il tempo per essere in anticipo sull’orario, per ficcarmi dentro un capannone di periferia, caldo d’estate e freddo d’inverno, buttarmi nella calca con poche decine di persone sudate, urlanti ed ubriache, per assistere ad un ora e mezza di suoni confusi, di una band di vecchi imbolsiti, che cantano e suonano roba vecchia di 30 anni, con a supporto due, tre, quattro band minori indecenti, per tirare alle 2 di notte, e guidare cotta dal sonno, mezza sbronza, a rischio incidente, coda, ritiro della patente ? Perché devo buttare 15, 20 euro per un coso di plastica microscopico, che fatto e finito ne costa forse 1 di euro, per metterlo accanto ad altri a prendere polvere in una mensola, magari abbandonato per anni ? Quindi viva il metal sempre e comunque, ma gratis, senza costi né rischi, con Spotify craccato, con Youtube, viva Wikipedia se voglio leggere la storia della band, viva i torrent, ma manco quelli, perché lo streaming è più comodo. Non sono una cazzo di collezionista, a me la prima stampa del 84 di Powerslave che costa 200 euro, e suona nota per nota come il suo mp3, non me ne fotte nulla. Me ne fotto di supportare la band italiana di merda che suona male e propone la solita roba, me ne fotto anche di quella famosa, me ne fotto, io adoro il metal, me ne capisco pure, ma non ci voglio spendere un solo centesimo, stando a casa mia.  Eppure me ne capisco più del metallaro che va al concerto, che compra il disco e che supporta la band da pub, eccome ne so più di loro, credetemi. Non sono io stessa meno metal di te che spendi 2 mila euro all’anno per dei quadrati di plastica ? Che “Master Of Puppets” suona diversamente o mi emoziona meno a me che a te ? Dimmelo, dimmi se è vero !!! Solo che a me piace stare a casa, spendermi i soldi per una borsa, un Ipad, una bottiglia di Borgogna o un paio di scarpe, ma godo della musica come e quanto te. Magari scopo anche di più di te. eppure sono metallara, adoro la musica metal e se mi chiedi chi sono gli Psychotic Waltz o i Carbonized, i Saracen o i Deathspell Omega, lo so meglio di te, a costo zero però. Alla fine, ho il culo pesante e per il metal non caccerò mai un solo centesimo, ma ne godo tanto e più di te, caro metallaro 1.0, rimasto al vinile e al cd, a cui ti attacchi disperatamente, vittima di nostalgia, e che a parte quello, probabilmente, non hai altro. Mi godo le stesse note, la stessa copertina, lo stesso testo, ma sto a casa mia e investo tempo e soldi sulla vita vera, su oggetti, esperienze e cose che non mi tolgono il piacere di un bel disco degli Anvil e dei Kreator. Solo con 2, 3, 4 mila euro in più da spendere come meglio credo. Uguale a te, fidati.

In fede

Lettera firmata

Cara come ti chiami, qui a Sdangher c’è chi i dischi li compra e chi li scarica gratis, chi si fa un sacco di concerti e chi non ne vede dal 1998. Diciamo quindi che il tuo modo così estremo di fruire il metal non può raccogliere il plauso generale della horsezine e tantomeno accodarsi a un’idea che qualcuno di noi abbia sostenuto in maniera spudorata. Personalmente rispetto la tua scelta di non devolvere l’8 per mille alla Chiesa del metallo, come fanno alcuni feticisti di buona volontà, ma non giudico chi spende 2000 euro per avere qualche vinile storico in casa. Dico che sia te che il metallaro spendaccione in fissa con il supporto fisico, siete i due estremi di una situazione ormai consolidata. Non piango perché i discografici non incassano più milioni o perché l’erede di Bon Jovi non può scialacquare millemila euro in auto di lusso e modelle col naso compromesso, si tratta di un mondo non mio e che c’entra poco con la buona musica. Purtroppo il mercato era un efficace mezzo di selezione che ormai non abbiamo più. La vendita di album, per quanto poco nobile come riscontro, determinava l’esistenza o meno di tanti artisti. I costi necessari a tirare avanti una produzione creativa erano molto alti e ci volevano dei guadagni se si voleva andare avanti. Quei guadagni conducevano per lo più allo sputtanamento totale, ma nel cammino dall’intransigenza al culo delle proprie madri, gli artisti realizzavano i propri capolavori. Ora tutto questo non c’è più. Le band continuano a far dischi, girare videoclip, fare DVD antologici e live, come gli zombi di Romero che si recano al Centro Commerciale o sul posto di lavoro, ciondolando senza meta in attesa di un Dio che magnanimo li spazzi tutti via, e tu, con il tuo smartphone, spotify craccato (addirittura), youtube e le altre scrocchevoli puttanate, non rappresenti più nulla. Prima la tua paghetta era un voto che permetteva o meno a qualcuno di continuare a esprimere se stesso e salvare qualche anima. Ora al più sei un like, una visualizzazione (solo una). E l’artista va avanti con la sua scheda da cinquanta euro. Infila i propri album in bottiglie digipack che lancia oltre le onde ruggenti. La realtà è che non serve più un pubblico per continuare a far musica e non servono più grandi artisti per quella cosa che un tempo era un pubblico e ora è solo una melma incorporea frollata in un cronico e irreversibile deficit d’attenzione.

Francesco Padrecavallo Ceccamea