Qualche tempo fa ho capito che io, di vini, ne so relativamente poco, soprattutto dopo essermi imbattuto in gente così edotta da conoscere le zone vinicole, le cantine, le fiere migliori, le annate migliori e via dicendo. E non mi riferisco per forza a sommelier o a persone che lavorano nel campo: parlo anche di semplici appassionati, gente che prende sul serio queste cose e si tiene aggiornata.
Per quanto mi riguarda, all’inizio conoscevo giusto i vini del sud, poi sono andato oltre. Ho iniziato a capire qualcosa di odori e colori, come gli yuppie del Glen Grant; ho letto un libro, imparato a intavolare una conversazione sull’argomento, ho anche guardato La parte degli angeli (si parla di whisky ma siamo lì). Eppure, quando rifletto sui soldi che spendono certe persone per comprare alcuni vini e/o il tempo che trascorrono in cene conviviali e in corsi di degustazione, mi rendo conto che io tutto quel tempo, e tutti quei soldi, non li spenderei mai.
Non è solo una questione economica: sono temi che m’interessano, ma fino a un certo punto.
Tuttavia, non vado in giro a scrivere commenti contro quelli che ne sanno più di me, e che vivono certe passioni con un’intensità che non conoscerò mai.
In campo metal, invece, da un po’ di tempo a questa parte va di moda attaccare chi dimostra un interesse e una perseveranza superiori alla media. Sembra sia diventato un peccato di lesa maestà amare l’atmosfera che si respira ai concerti, comprare musica fisica, addentrarsi, approfondire, ripagare con l’acquisto di una maglietta chi ci regala (o ci ha regalato in passato) grandi emozioni. Più in generale, pare sia diventata una colpa considerare il metal qualcosa in più di semplice musica.
La passione esiste, ha vari gradi e anche se in modo approssimativo la si può determinare a cuor leggero.
Prendiamo il cinema. Ci si definisce “cinefili” sulla scorta di una serie di dinamiche che vanno almeno in parte rispettate. Improbabile che un cinefilo non vada mai al cinema, giusto? O che ritenga tale atto una seccatura indicibile; o che biasimi quelli che al cinema ci vanno, giudicandoli per giunta dei poveri fessi. Improbabile che non abbia neppure un DVD e non gli venga mai voglia di comprarne uno, stesso discorso per i libri a tema. Improbabile che non parli di cinema con quelli che nutrono i suoi stessi interessi; che non conosca alcun nuovo regista o attore; che si affidi alla sola programmazione televisiva e che si accontenti delle versioni tagliate tipiche dei palinsesti TV.
A titolo personale: a casa ho svariati libri e DVD sul cinema horror e nei 90s ho speso più soldi io in VHS che Eddie Kaspbrak in inalatori per l’asma. Ne ho scritto e parlato, eppure negli ultimi due anni avrò visto sì e no una ventina di film horror. Una miseria, e infatti nei forum m’imbatto spesso in gente molto più aggiornata, animata da quel fuoco che fino a poco tempo fa spingeva anche me a esplorare il genere. Cinematograficamente parlando, da due-tre anni loro sono molto “più fan” dell’horror rispetto al sottoscritto.
Questo mi trasforma in un ignorante del cinema di tensione? No, affatto, però dimostra che oggi nutro meno interesse rispetto ad altri.
Ecco: traslate il discorso nel metal e vedrete che non cambia nulla.
Si attraversano delle fasi, nella vita, ed è inutile spacciarsi per quello che non si è, o non si è più, o non si è mai stati. C’è gente che implicitamente o esplicitamente reclama una specie di “patente metallara”, anche se in pratica non fa nulla che possa identificarla come tale (secondo una visione condivisa e storicizzata, al di là dei tempi e delle mode) e mi vien da pensare: ma guardate che mica è un reato, non-essere metallaro.
Se la passione avvertita nei riguardi di questa musica è inferiore a quella manifestata da altri, cosa costa ammetterlo? Non c’è bisogno di giustificarsi, di “attaccare per difendersi”. Si ottiene l’effetto contrario, si portano allo scoperto dei complessi di inferiorità. Si finisce per somigliare a Homer Simpson quando, in una vecchia puntata, si sente frustrato perché non riesce a entrare nel club dei Tagliapietre: “ho visto cose strane in quel posto, misteriose, arcane, anormali, deviate, occulte, senza Dio, cose malvagie… e voglio farne parte”.
Ma il metal non è un club, non ci sono tessere e non si vince niente. Se ci sono delle differenze, è inutile nasconderle. Tanto prima o poi emergono lo stesso. Dacché esiste, il metal ha sempre attratto persone poco convinte della musica in sé, ma affascinate dall’aspetto estetico o dal suo spirito “contro”; a volte ha stregato qualcuno che ha comprato musica e frequentato concerti per un po’, salvo poi mettersi ad ascoltare tutt’altro. Succede.
In sostanza, è possibile ascoltare metal senza esserne appassionati quanto altri individui, così come si può apprezzare il buon vino senza essere – né voler diventare – un enologo. Non è una tragedia. C’è una linea oltre la quale si diventa qualcosa ed è giusto così altrimenti saremmo tutti esperti d’arte, filatelisti, bibliomani o che so io. Accettarlo non significa piegarsi a un dogma, semmai a una serena consapevolezza.
Tornando al discorso iniziale, e concludo: non me la prendo se qualcuno, per sfottermi, si lamenta del vino presente sulla mia tavola, o se gli amici mi dicono che ne capisco meno di loro (verissimo) e che preferisco bere invece che imparare a bere (probabile).
Non ho difficoltà a riconoscere le differenze che intercorrono tra me e gli altri, mi sta bene così.
C’è spazio per tutti in questo pianeta, anche per quelli che non vogliono ammettere che amare le esibizioni dal vivo dei propri idoli, andare al di là dei soliti nomi, condividere tale passione con altri fan, dare fiducia a una band sconosciuta, acquistare un vinile o una t-shirt… ritenere che il metal sia la musica più bella del mondo… siano atteggiamenti da elogiare e non da condannare, oltre che assolutamente normali nel contesto.
Se ami il cinema, il teatro, la letteratura… se ci tieni davvero a qualcosa, allora guardi con ammirazione chi s’impegna a rendere più forte, più vivo, quel qualcosa.
Se invece disapprovi e svilisci, rimani ben al di qua di una linea che non ha contorni netti però esiste, e non sarà sminuendo la passione altrui che essa scomparirà.