Ci ho provato, ho resistito quanto ho potuto in un ambiente dove altri prima di me se ne sono andati dopo tre giorni, una settimana. Il mio è stato quasi un record. Due mesi. Ma alla fine mi sono ritrovato l’altra mattina a piangere senza ragione, con le mani che mi tremavano e nascosto nel gabbiotto dove si pesano le lenzuola sporche di piscio e di merda. Nascosto dai colleghi e dalle telecamere che il titolare ha disseminato ovunque e da cui si narra che il titolare controlla i dipendenti, ogni sera mentre cena. Mentre piangevo mi ha afferrato un pensiero che è stato come la mano di una mamma, all’improvviso. Sono uscito dal gabbiotto e mi sono detto che era ora di mollare. Non mi fa stare meglio ora averlo fatto: torno nelle grinfie della disoccupazione e della depressione ma quello non era un lavoro, era una prova di resistenza in stile Ciao Darwin.Sapete cosa significa oggi trovare un impiego con uno stipendio decente? Immaginate che vi regalino una villa. Voi vivete sotto i ponti e all’improvviso vi fermano e vi dicono: “Ecco le chiavi di una meravigliosa abitazione su due piani, con giardino, piscina interna, riscaldamenti, refrigeramenti, TV, abbonamento Netflix, un bel Mec per viaggiare su internet, dispense piene di cibo e un caminetto che scoppietta nelle lunghe notti invernali”. Ovviamente voi, che avete ancora le mutande piene di vecchi giornali e la sporcizia sulle dita così spessa che potrebbero prendervi le impronte digitali senza usare l’inchiostro, vi domandate dove stia l’inghippo… ma intanto le chiavi ve le fate dare.
Quando trovate lavoro di questi tempi, chiedetevi sempre (dico SEMPRE) dov’è la trappola. Non si tratta di fortuna, capite? Voi non siete fortunati ma solo le prossime vittime di sistemi escogitati per triturarvi finché durate. In tempi di crisi nera, se qualcuno ha lasciato un posto vacante, dovete chiedervi perché e basta. Se è deceduto chiedetevi come. COME! Non dico di non provare “l’occasione” ma di non farvi illusioni e di non disfare mai i bagagli.
E dopo aver scoperto le reali ragioni della vostra “fortuna”, andatevene subito. Non potete domandare al titolare perché nessuno vuole quell’impiego che vi ha offerto, e nemmeno ai colleghi. Loro saranno vaghi. Sono così bestializzati e avvezzi a veder passare nuovi assunti, che a stento sprecheranno i loro spicci di energie per spiegarvi come dovete lavorare. Lo scoprirete dopo un po’ il motivo alla base del posto che qualcuno vi ha lasciato di corsa.
Ma torniamo alla villa di cui vi parlavo. C’è un piccolo dettaglio: si trova a Chernobyl!
“Cazzo, lo sapevo…” dite voi porgendo istintivamente la chiave a chi ve l’ha offerta. Poi esitate. “Eh, però tornare sotto al ponte non è che mi vada granché. Sì, e poi è passato tanto tempo dall’esplosione. La fauna ha ripopolato le zone. Quelli che mi offrono la casa dicono che ci sono persino i cervi con delle corna luminose, davvero suggestive di notte. La villa è vera e io sono stanco di vivere nella merda. Ci vado. Spero di farcela a rimanere lì. Se ce la faccio ho svoltato.
Ve ne andrete dopo due anni, tornerete sotto al ponte con un testicolo in più che vi è spuntato sotto il mento e un tumore allo stomaco. La villa sarà di nuovo libera per il prossimo disperato.
Ecco come è andata con il lavoro che ho lasciato. E sapete, cosa? Sono stato fortunato. Ho ancora una famiglia che mi permette il lusso della dignità. In un anno e mezzo ho cambiato cinque impieghi e ovunque mi sono lasciato alle spalle persone spente, arrese, intrappolate in impieghi sottopagati, sfruttate e umiliate ma costrette a proseguire in quei buchi neri di impieghi, aspettando stipendi che non arrivano, pulendo merde di cane e sopportando insulti e abusi di ogni genere.
E anche questo lavoro che io lascio, arriverà qualcuno che lo afferrerà e se lo terrà stretto. Starà zitto e resisterà oltre le umiliazioni e lo sfruttamento spudorato del datore psicotico. Si farà cagare in testa. Subirà le ostruzioni psicotiche dei colleghi “malsanizzati” da anni di mestiere, che godono all’idea di vederlo mollare. Loro invece ce l’hanno fatta. Ce la fanno tutti i giorni a sopravvivere a Chernobyl… dieci anni in quelle condizioni impossibile. Hanno un alito che sa di culo di fogna, mostrano dieci anni in più di quelli che ricordano di avere, praticamente non sentono più le dita delle mani, ma stanno in trincea e tirano avanti.
Che lavoro era? Una cosa che cominciava con l’alzarsi alle 3 e cinquanta di mattina. Dieci ore al giorno di rumori oltre la soglia di sopportazione, di continue scariche elettriche sulle dita, di mani immerse tutto il tempo nella merda, il piscio, il vomito, l’urina e di pericoli infettivi tipo la scabbia. Alimentazione di merda in piedi. Caffè e Redbull a non finire. Quello che però mi ha fatto più male è stato l’ambiente. Probabilmente avrei sentito più calore umano in Siberia nel 20.
In più metteteci le prepotenze, i ricatti: l’obbligo a lavorare anche la domenica ma pagata meno di un giorno feriale. Contratti di 40 ore sulla carta ma 70 effettive, di cui le trenta in più non remunerate. Quattro euro all’ora. Misure igieniche e di sicurezza per i lavoratori nulle. E ciliegina sulla torta: i cani del titolare che scorrazzavano liberi e cagavano ovunque. E noi dipendenti dovevamo raccoglierle e farle sparire, se no il capo si innervosiva.
Qualcuno di quei poveracci gli lava pure la macchina gratis, al capo, una volta alla settimana. C’è chi gli pulisce il bagno dell’ufficio e magari anche il culo, senza prendere un centesimo in più. Ovviamente le crisi isteriche si sprecano. Sin dai primi giorni mi sono imbattuto in qualche dipendente che piangeva nascosto come un sorcio spaventato. Sono cose che ho visto subito ma ho tentato lo stesso di resistere. Ho pensato, io sono più forte di questa merda e inoltre qui pagano puntuali. Sapete, nessuno mi ha mai pagato con puntualità in 20 anni che lavoro! Dopo quasi due mesi mi sono trovato nelle stesse condizioni di quei collegi: a piangere e tremare e nascondermi, parlando da solo di cose che ora neanche ricordo. E in tutto questo tempo ho visto poco più della metà dei soldi che speravo di guadagnare.
Aziende così andrebbero fermate e invece no, sembra quasi che facciano comodo a qualcuno. Come fa comodo mantenere alta la disoccupazione: così tutti quanti accetteranno condizioni di merda e paghe miserabili. Probabilmente la mia tempestiva partenza da quel posto mi costerà lo stipendio del secondo mese in cui ho lavorato. Ma non ho pensato a quello, sapete? Per me è stato come uscire da una casa in fiamme. Se va tutto a fuoco, non ricordi dei soldi nell’ultimo cassetto del comodino o del vinile di Tooth & Neil dei Dokken. Lasci ogni cosa e dopo ti tornano in mente tutti gli oggetti che l’incendio ti ha portato via. Cose che hai mollato per salvarti il culo.
Ma ti sei salvato il culo. E riparti da quello.