ULU è un’unica composizione di 22 minuti e 7 secondi, divisa idealmente in tre atti, che l’artista Lili Refrain vende esclusivamente in occasione delle sue live performances. Il formato scelto è quello di un bel posterone a colori che contiene un redeem code col quale è possibile scaricare il brano da Bandcamp. Pertanto, per accaparrarmi il lavoro ho dovuto assistere alla performance che Lili Refrain ha fatto a Napoli. La seguente recensione è stata scritta di getto durante i 22 minuti del brano.
Quando si ha l’impressione che i morti camminino tra i vivi, è il tempo degli sciamani.
Lili Refrain non viene dalle foreste del Nord Europa, né dai deserti dell’Australia, bensì da quel casino concettuale e paraculo che è la Roma odierna.
Lo sciamano cammina a piedi nudi tra di noi, fa suonare campanellini che emettono suoni acuti, scarsamente percepibili dai vecchi come me che hanno l’udito ormai compromesso da troppo grindcore. Frequenze che sono quelle che parlano a una parte del cervello, che sono porte aperte, incitano al risveglio. Quattromila hertz o giù di lì.
Lili Refrain, dicevo, basa la sua proposta sulle performance dal vivo e non potrebbe essere altrimenti, giacché la sua ricerca musicale (ammesso che di questo si tratti) usa strumentalmente l’archetipo di Eco. E la maiuscola qui è voluta. Questa composizione, in particolare, trae i movimenti dall’hardware usato dall’artista, in particolare il loop che le consente di incidere una traccia per poi sovrapporne un’altra e dopo un’altra ancora, fino a creare un paesaggio sonoro sempre uguale eppure sempre diverso: la cornice ideale per un trip sciamanico appunto.
Ascoltando il tutto da sobri non si può non cogliere dei marcati riferimenti derivativi alla Lisa Gerrard e, più alla lontana, di Diamanda Galas, sperando che queste citazioni, o tributi, siano adeguate alle aspirazioni di Lili Refrain.
La stessa grafia di ULU, il segno grafico presente nel poster che di fatto È ULU, è una chiara articolazione che, proprio partendo dalla matrice del loop, disegna riflessioni speculari, rifrazioni sonore che sembrano fatte per ingannare.
Talvolta infatti rispettano le leggi naturali della riflessione delle onde fisiche, talvolta invece questo paradigma viene artificialmente condizionato e sembra quasi che a mutare sia l’ambiente circostante che crea riflessioni spurie e dilatate.
Questo ci lascia immaginare una stanza che diventa via via più grande e affollata, abitata dagli spiriti descritti da Amos Tutuola nel suo My life in the bush of ghosts. Quando nella seconda parte compare il suono di una chitarra distorta, probabilmente ci accorgiamo che tutto questo gioco non è intenzionale.
Capita, come quando si fa una seduta spiritica per gioco e la tavola Ouija comincia a parlare per davvero. Solo che lo spirito evocato si presenta come Tony Iommi e subito dopo come Robby Krieger, che incidentalmente sono ancora vivi e allora ci si guarda tutti in faccia e si ride per esorcizzare la paura.
Lili Refrain ci ha dato l’impressione di aver iniziato un rituale che si è poi rivelato troppo grande da sostenere. Qui il tutto comincia a farsi ripetitivo e forse persino l’introduzione del timpano non riesce ad avviare la trance mistica dove ce l’aspetteremmo: nel climax, nella fibrillazione massima.
In verità questo turbinare di echi sembra arrestarsi e le presenze evocate ristagnano attorno a noi finché l’aria si fa pesante. Abbiamo per la prima volta avuto la tentazione di andare avanti veloce, come se ci fossimo svegliati troppo presto dalla visione e non avessimo più memoria di ciò che di noi stessi avevamo appreso.
Forse è l’inganno stesso di Pan o forse l’artista ha creato qualcosa che trascendeva la sua stessa volontà, ha colto un frammento dell’assoluto ma poi ha ceduto alla razionalità materiale che le imponeva una struttura ragionata.
Nella terza e ultima parte assistiamo a una destrutturazione del tutto, un viaggio inverso, letteralmente all’indietro che ci riaccompagna a tornare in noi.
Nel complesso abbiamo ascoltato opere più ispirate di questa, anche dalla stessa Lili Refrain. Tuttavia ritengo che la sperimentazione autentica sia sempre da incoraggiare e quindi vi esorto a vedere Lilli Refrain dal vivo e farvi una vostra idea.
Gli artisti, si sa, non accettano consigli dagli scribacchini (e fanno bene), ma se potessi, le direi di non disturbare il sonno di Pan.