Non è possibile considerare, come avviene oggi, l’intero movimento metal (ma il concetto si può estendere alla musica o ad altri argomenti) come un “grande eterno presente uniforme”, che la tecnologia con lo streaming sopratutto, ci ha così abituati. Per un ragazzo di 20 anni, aprire Spotify e vedere in una playlist Lonesone Crow (Scorpions) degli anni 70 e subito dopo Spit Ot The Bone (Metallica), uscita quattro anni fa, è la cosa più naturale, magari percepisce qualche differenza di suono, ma non riesce a cogliere tutto l’antefatto e la storia che stava dietro a un disco, un artista, un movimento, all’evoluzione che in 40 anni c’è stata. Non coglie le differenza, immersa in una dimensione del quotidiano, del vissuto, del naturale succedersi degli eventi storici e tecnologici. Innanzitutto perché ogni epoca ha visto la fruizione della musica con strumenti diffusi prevalentemente in un lasso temporale specifico (vinile e cassette nei 70 e negli 80; cd nel 90 e nel 2000; mp3 nel 2010; streaming nel 2020) secondo perché ogni band e album sono “figli del proprio tempo”, con la naturale maturazione e cambiamento, che è parte di ogni essere umano.
Solo chi ha vissuto a partire di una di queste “ere geologiche” può avere un crescente quadro globale della “storia”, avendola metabolizzata, anche inconsciamente, proprio perché c’era.
Sarebbe bello che queste persone, oggi 50 o 60 enni, potessero raccontare il metal o la musica, non in modo agiografico e cronistico, ma con una narrazione intrisa dell’ “immersione epocale”, fatta di emozioni, speranze, delusioni, passioni, disgusto, odio e amore.
Elementi che, in una recensione, in una analisi o in un articolo, danno una profondità e un colore diverso da una sterile e appiattita narrativa di “disco bello, disco brutto, genere X, genere Y, assomigliano a Tizio e Caio, rispetto al disco Z il disco T è un po’ meglio /peggio”.
Gli Scorpions anni 70, hippy e figli dei fiori, ascoltati con un Geloso arancione mono durante un pic nic con la Cinquecento, hanno sortito un effetto diverso da chi 10 anni dopo li ha ascoltati in vinile su un bell’hi fi Technics a casa, o su cd in macchina negli anni 90, e ancora differente con un mp3 dieci anni dopo ancora, senza leggersi i testi o guardare le foto interne dell’album.
I gruppi hanno cambiato pelle, attitudini, sono stati rivoluzionari in un epoca e anonimi in una diversa, hanno venduto milioni di vinili, ma con lo streaming hanno dati pari o inferiori a chi spunta oggi sulla scena.
Magari un classe 1960 ha invece vissuto tutte e tre le fasi, quattro con lo streaming su Spotify oggi. E da allora ha un diverso vissuto, esperienze, che possono aver dato la percezione dell’evoluzione dello stesso disco e band, e di come sono “cresciuti” e cambiati mentre lo faceva anche lui. La sua narrazione di quell’album è completa, matura.
E meno fasi si sono vissute, meno tasselli si hanno a disposizione per capire e mettere in fila tutto. Ovvio, l’età anagrafica non è colpa o merito, è casualità, e infatti servirebbero “patriarchi” che possono attraverso la parola o l’immagine video, trasmettere questa “sapienza” alle nuove generazioni, che più passa il tempo più scomparirà.
Se In Trance, Blackout, Face The Heat o Return To Forever sono figli dello stesso padre, quel padre li ha fatti a 20 anni e a 60 anni, con madri diverse, quando era benestante e poi con le pezze al culo, in piena salute, malaticcio, a Parigi o a Bombay, quindi pur essendo ognuno erede, ha fisionomia e carattere diverso.
La ribellione adolescenziale del metal classico nel 1982 è diversa per l’adolescente che nel 1998 si trovava a contrapporsi ad altri “nemici”, così per l’adolescente del 2005 e ancora diversa per il 13 enne del 2018. Se l’estremo erano i Venom, poi sono stati gli Slayer, poi i Napalm Death, poi i Deicide, poi gli Slipknot.
Ma abbracciare i Venom appena usciti e infiammarsi con essi è diverso da chi si infiamma per loro nel 2020. Come scritto nel Gattopardo “tutto cambia per non cambiare”. Mutano i tempi, ma emozioni e sentimenti sono gli stessi nell’animo umano in ogni epoca.