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A Vetralla tutto bene ma che vento…

Qui a Vetralla il virus non è ancora arrivato. C’è un solo caso registrato di una signora anziana ricoverata già da tempo ma appena Tusciaweb ha scritto “…Vetralla 1”, in paese si è scatenato il “totoinfetto” e di sicuro molti sono certi di conoscere nome, cognome e circostanze del ricovero del vero malato uno. E come minimo sarà un solo infermo ma con venti nomi e più volti diversi. Niente morti, comunque. Per ora da noi è arrivato solo il franchise del Coronavirus: le mascherine, gli spruzzini di Amuchina fuori dai negozi, gli sguardi torvi e sospetti, i metri di distanza e le strade deserte, i bar chiusi e l’ansia. Tutti in casa davanti ai televisori a sentire gli aggiornamenti del bollettino della Protezione Civile. E con il franchise pandemico che il Governo ha elargito all’Italia intera per bocca del mellifluo e piacionico Conte, è arrivato il senso di attesa per qualcosa che deve accadere, un peggioramento, un pan-demonio. Una signora in un negozio l’altro ieri mi ha parlato di Tsunamivirus e un altro tipo, da dietro uno sportello di vetro mi ha raccontato di una festa “pagana” interrotta dai carabinieri in un bosco verso Sant’Angelo: un gruppo di infedeli e untori si davano alla pazza fregola di primavera con braciole e canne, alla faccia di tutta la faccenda.

Leggende, voci. I gruppi wazzap delle classi delle mie figlie stanno progressivamente passando dal “volemose bene e appuntamento sul balcone” a insultarsi e minacce di andar via perché qualcuno continua a condividere bufale. Qualcuno risponde che se uno minaccia di andarsene può anche farlo, visto che siamo in una democrazia e in un gruppo wazzap è permesso esprimere opinioni e condividere cose. E comunque nessuno si è lamentato per quelle buffonate con le luci accese alle nove in onore dell’Italia che non servono a un cazzo!

E intanto il vento si è alzato. Un vento freddo, di quelli che una volta avrebbero occupato i servizi principali del TG: quelli sulla morsa del gelo, ve li ricordate? Chissà: ecco che arriva Calippo! Temperature sottozero e possibili nevicate sopra i 1919101 metri. Metereologi scatenati!

E invece, così presi a parlare di morti e infetti, i giornali ci hanno lasciati assalire dal Wendigo. Ed esso ha iniziato a sbattere le imposte come un vandalico ubriacone che giunge al villaggio e vuol fare bisboccia: “sveglia, sono quiiiii! Tremate, sono il gelo e vi mordo il culo!”.

E il vento ha soffiato dalla prima mattina di oggi, rompendo vasi giù dai balconi, trascinando tavolini di plastica in mezzo ai giardini e chiudendo ancora di più la gente in casa. Anche chi voleva andar fuori a “pisciare il cane”, ha preferito metterlo sul balcone e fregarsene. E chi ha insistito per una passeggiata è tornato in casa con i lacrimoni agli occhi e un pessimo umore più di quando era uscito.

E poi una signora sulla tarda mattinata guidava in prossimità della posta. Guidava pensando al virus, ci scommetto. Quando vai in giro non pensi ad altro, mentre magari in casa se tieni la TV spenta e stai lontano dal cellulare e dal PC finisce che te lo scordi, almeno per qualche ora.

E poi un rumore fortissimo. Sqqqraababbabababaaaaaam! Una sorta di tuono ma non in aria, sotto al culo. E subito dopo un gigantesco albero è crollato prendendo in pieno l’auto della donna.

La signora nella vettura deve aver visto schizzare i pensieri, i sogni, le speranze e le pazzie fuori da se stessa e dalla macchina. L’albero è un pino gigantesco. Io lo conosco bene, ci ho patito tre anni di medie in prossimità di quella corteccia. Mi ci sono appoggiato le gelide mattine dei primi anni 90, in attesa che aprissero i cancelli. Ci ho baciato una ragazza che poi mi spezzò il cuore e ci ho pure pisciato, ubriaco, una notte. E alla fine, nel 2020, durante la fine del mondo, il vento l’ha abbattuto. A quell’ora poteva esserci molta più gente lì. Si tratta del parcheggio della scuola media e dell’asilo, lo stesso della posta e della parrocchia. Si tratta di un punto sempre vivo del paese e che grazie all’epidemia e la quarantena oggi era semi-deserto.

Solo una macchina è rimasta sotto il gigantesco albero ma la donna nella vettura è viva, in condizioni critiche ma viva. Per un momento si era illusa che tolto il virus, fosse immune a tutti gli altri tipi di morte. E magari quell’albero è la dimostrazione che è proprio così. A vedere in che stato è la vettura ci si domanda come abbia fatto a salvarsi.