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Speciale Manilla Road – Epic metal e la strada della luce

Il 27 luglio del 2018 ci lasciava Mark Shelton: istituzione dell’epic metal, un’icona autentica per gli appassionati del genere: una sorta di hippie sopravvissuto all’inesorabile scorrere del tempo.
Con la “sua” creatura, i Manilla Road, fondati a Wichita (Kansas/U.S.A.) nel 1977 insieme al batterista Ben Munkirs, questo guerriero del metallo ha lasciato in dote agli appassionati di epic metal un’eredità artistica che ogni metallaro che si rispetti avrebbe il dovere morale di preservare da qui all’eternità, di generazione in generazione. Sostanzialmente i Manilla Road sono rimasti sempre confinati a un mero culto underground, ma hanno avuto il grande merito di portare avanti la baracca mantenendo una coerenza stilistica e una purezza del suono a dir poco invidiabili. Troppo audaci, troppo ancorati al retaggio rock degli anni settanta per abbandonare lo status di band di culto, la discografia dei Manilla è però quanto di meglio oggi si possa prendere come riferimento per chi volesse riappacificarsi con il genere, magari dopo aver ascoltato l’ennesimo disco ridondante di orchestrazioni pacchiane, che sembrano voler fare il verso alla colonna sonora del film Il Gladiatore.

I Manilla Road in tutta la loro purezza!

L’ascolto della band di Shelton ci restituisce quell’essenza squisitamente rock che oggi molti musicisti che si definiscono “epic” hanno dimenticato in una cantina polverosa, preferendo l’enfasi operistica e i tecnicismi al piglio barbarico di gente come Cirith Ungol, Warlord e Heavy Load: nomi che riuscivano a incutere timore e rispetto attraverso riff duri e puri, affilati come spade e incisivi come un pugno sul grugno.

Ascoltare l’opera “classica” della band di Shelton è un po’ come salire sulla macchina del tempo, per fermarsi magari in quell’istante in cui l’hard rock si sta tramutando in qualcosa di più oltranzista, per poi proseguire il viaggio attraverso sonorità via via sempre più arcigne e cupe, perdendosi all’interno di trame ora visionarie ora più solenni, con la voce nasale di Shelton a dare un ulteriore tocco barbarico, interpretando testi che richiamano le opere dei maggiori scrittori di letteratura heroic-fantasy e horror: Edgar Allan Poe, Howard Phillips Lovecraft e Robert Ervin Howard.

I primi dischi della band saranno per qualche anno noti solo presso una ristretta cerchia di appassionati in quanto autoprodotti e distribuiti dalla Roadster Records, etichetta edificata dallo stesso Mark, il cui catalogo comprende anche il mini degli Stygian Shore -anche loro di Wichita- che stilisticamente richiamano vaghe influenze degli stessi Manilla Road.

Bisognerà attendere il 1985 per avere una vera distribuzione dei dischi della band di Shelton anche in Europa, questo grazie alla meritoria opera della label francese Black Dragon Records che, nello stesso anno, licenzierà Open The Gates

mentre l’anno successivo renderà disponibile una ristampa dell’immenso Crystal Logic.

Con un nome coniato guardando la serie televisiva britannica Monty Python’s Flying Circus, il cui significato è “la strada della luce”, i Manilla Road sono oggi un nome venerato dai “true metallers” e misconosciuto alla grande massa di fruitori dell’heavy sound dai risvolti epici, per i quali il nome di riferimento resta principalmente quello dei Manowar, accompagnato da altri acts la cui proposta artistica però appare assai discutibile, almeno stando ai canoni classici del genere.

Quando Mark Shelton era al pc

Per questo, recuperare l’eredità artistica del combo di Wichita può diventare una vera e propria ancora di salvezza ritrovare la purezza e la genuinità dell’epic metal delle origini; i Manilla Road, infatti, hanno dispensato nel tempo un suono riconoscibile ma dalla mille sfaccettature, pescando a piene mani dall’inesauribile universo rock degli anni settanta, mescolando insieme prog rock, space rock, hard rock, folk, e coniugando tutte queste inluenze con l’urgenza metallica imposta dai modelli della NWOBHM.

Ai gruppi di oggi manca un background artisticamente così vasto e colto. Per questa ragione invito tutti voi a percorrere e ripercorrere la “strada della luce”, alla scoperta dell’essenza stessa del metallo più epico, solenne e fiero, a cominciare dalle pietre miliari Crystal Logic, Open the Gates e The Deluge: non ve ne pentirete!

“In this world’s darkest hour, up the hammers to stay, don’t throw it away!”