L’imperdibile chiacchierata tra Padrecavallo, Agghiastru e Rosario Badalamenti degli Inchiuvatu su quanto la Toscana sia stata importante per l’avvento del black metal in Italia, sulla Nosferatu Records e la Osmose, i Sadist, gli Immortal e tutte cose!
Padrecavallo: Io nel 1993 facevo la terza media e sprofondavo nella pinguedine e la timidezza. Ero biologicamente destinato al metallo. Mi è stato detto che la Sicilia ha sempre sfanculato il resto del mondo, che ci sono state band di qualità ma non ci hanno creduto abbastanza o non gliene è importato nulla di mettere il culo fuori dall’isola. E tu invece eri a Firenze nel 1993. Perché?
Agghiastru: Tutto il movimento black metal esplose tra il 1993 e il 1994 in nord Europa. Ed io ero a Siena e Firenze. Al tempo conobbi i Martirium, una pregevolissima band di death metal di stampo americano; eravamo stati recensiti assieme su un numero di Metal Shock. Tieni conto che all’epoca il concetto di black metal come lo intendiamo noi, non era minimamente noto. Al tempo era stato recensito un primo demo dei Tenebra, dove il piano era il primo strumento e questi, azzardarono a scrivere: “una sorta di symphonic black metal’’. L’unica cosa che ci collegava alla parola “’black metal’’ era ovviamente l’album dei Venom ma non ci era chiaro cosa intendessero. Ospite a Siena di Piero e Checco, dove volevi che andassi considerando la voglia di scoprire il metal oscuro ed estremo in tutte le sue manifestazioni?
Ora tu mi chiederai perché proprio la Toscana.
Padrecavallo: infatti te l’ho chiesto più sopra.
Agghiastru: Appunto. Pensaci bene. A scuola studiavamo la Divina Commedia e l’Inferno era l’ambiente che più ci attraeva. Studiavamo arte e gli Uffizi avendoli già visitati diverse volte, continuava ad essere il luogo dove si concentrava il nostro interesse per un ennesimo viaggio di conoscenza. Ma, a quel tempo, la Toscana era anche la terra di Pietro Pacciani, il “mostro di Firenze” e i suoi compagni di merenda. Era la Toscana nera. Ma vuoi sapere cosa ascoltavamo? Beh’, Eneide di Krypton, Desaparesido e 17 Re, ti dicono niente?
Padrecavallo: I Litfiba!
Agghiastru: Esatto, i Litfiba incarnavano l’anima maledetta che in quel periodo era posseduta e stuprata solo da echi di natura “floreale”. I Litfiba hanno scardinato l’ottusa mentalità italiota che, in questo paese, si potesse andare oltre i “santi” sanremesi. Ma a te sarà giustamente venuto in mente anche un certo gruppo di oscuri personaggi: Paul Chain e Steve Sylvester. Che altro dire, la Toscana era il centro oscuro di tutto un movimento esoterico-patologico che di lì a poco ci avrebbe aperto le porte della comprensione anche del black metal. O almeno questo era quello che mi appariva, povero sempliciotto siculo ancora intento a fare i conti tra l’essere borbone o savoiardo.
E quei Litfiba che urlavano che l’Italia finiva a Bari, dio quanto erano trasgressivi! In conclusione, è anche vero che il popolo siculo dei miei anni è abbastanza pigro, stanziale, poco incline al viaggio. Pochi volevano vedere cosa ci fosse al di là dello stretto, anche se Catania, in quegli anni, era davvero “florida”. Io partivo, eccome se partivo.
Padrecavallo: Ma tu nel 1993 mettevi in relazione i Venom e Paul Chain?
Agghiastru: Certo, entrambi erano in opposizione a qualcosa di precostituito. L’urgenza di un movimento artistico valido che si vuole consolidare deve contrapporsi e scalzare il “padre”. Il costituito. Così Zeus per Crono, così Crono per Urano.
I Venom erano l’elemento di rottura al classic heavy metal, così come lo sono stati i Motorhead, o i Sex Pistols prima. Paul Chain ha incarnato l’oscurità del prog italiano arricchendola di esoterismo-spaghetti horror. Genio. I Death SS hanno colmato un vuoto lasciato dalla dissoluzione del prog, vera vetta musicale italiana negli anni 70 e nei secoli dei secoli.
Padrecavallo: Andasti in Toscana e incontrasti i Sadist. Ti accadde per sbaglio o era stata una cosa voluta?
Agghiastru: Andai a Siena per incontrare i Martirium.
Padrecavallo: Chi?
Agghiastru: Una sera andammo a vedere un concerto in un ameno posto somigliante a un circolo artistico. Poca gente, poca cognizione di quel che stava accadendo. Forse era Poggibonsi non ricordo. Lì, suonarono i Sadist con il debut album Above The Light in mio possesso, edito dalla Nosferatu di Catania, una label centrale nel nostro racconto. Tommy Talamanca mi apparve come un dio greco, anzi no, un dio indiano. Una dea Kali dalle mille braccia. Feroce come la dea suonava contemporaneamente chitarra e tastiera con una tale determinazione da elettrizzarmi. Lui era l’anello di congiunzione tra il prog e il metal moderno così come doveva essere al tempo.
Genio e sregolatezza. Composizioni ricche di barocchismi, oscurità e abilità tecnica. Un signor italiano. Considera che io ero uno scadente pianista che si stava approcciando a una ancor più miserabile condizione di chitarrista. Il Talamanca (cognome sufficientemente mitologico) in quel momento era il mio avatar. Tornai in Sicilia e, nonostante i miei già progetti pseudo dark rock prog, Perfidia ed Eden, ma anche Tenebra e primi vagiti Inchiuvatu, mi misi a scrivere materiale musicale di natura cimiteriale. Di getto, con mille mani e mille occhi. La Toscana aveva partorito l’Agghiastru che sarei diventato… sto esagerando? Ma in quel tempo era tutto esagerato. Almeno per chi aveva buoni occhi e orecchie per intenderlo.
Padrecavallo: Va bene, tutto questo va anche bene ma El Pesca chi è?
Tornavo di frequente in Toscana, come ti ho detto, ormai era la mia seconda casa. Tutto accadeva lì, più tardi conobbi anche Audioglobe ed Enrico Paoli dei Domine, altro grande personaggio che diede un enorme contributo all’espandersi delle mie idee musicali. El Pesca era un primordiale tatuatore, sperimentatore, perforatore di corpi.
Chiaramente a quell’età, ogni elemento che poteva renderci diversi agli occhi del sistema, era ben accetto e accolto. Quindi avanti inchiostro sottocutaneo, piercing e quant’altro (cose trasgressive che, finiti gli anni 90, sono, per il sottoscritto, da considerarsi più che patetiche, sia chiaro!). La trasgressione ha sempre una scadenza, per fortuna.
Padrecavallo: Non ti perdere in chiacchiere sulla trasgressione: cosa intendi che incontrasti gli Immortal? Cosa ti disse El Pesca?
Agghiastru: Lui niente, ficcava nella carne inchiostro o acciaio chirurgico, non aveva molto da dire. Quello doveva fare, ma immagina il suo studio. Una piccola stanza in centro a Firenze, bianco calce, e poi un altare con un caprone ornato di drappi color porpora. Tutto intorno candele nere su teschi umani di dubbia provenienza, ragnatele, serpenti in teche di vetro.
Quadri raffiguranti l’angelo caduto nell’estasi di forme e ghigni degni di far parte degli Uffizi. Attrezzi sacrificali per squartare animali o altro che sembravano parte del peggior show coking mai visto… Insomma, un vero trionfo dell’iconografia satanista. Io ero abituato agli affreschi di Giotto, alle forme carnali di Michelangelo, mi sentii una tenera ragazzetta di provincia di fronte a sir Rocco Siffredi. Pensavo che Pacciani fosse realmente il papà del Pesca… Ma quello che mi colpì maggiormente fu un vinile nero, anch’esso posto su una parete a mo’ di altare, recante sopra tre loschi figuri con la faccia pittata di bianco e nero. Anche quello color calce mortuaria. Pensai alla santerìa o ai Kiss. A mala pena riuscii a leggere una scritta, Pure Holocaust e, nell’incomprensibile logo, il nome IMMORTAL.
El Pesca era di buona estrazione sociale, nonostante il suo corpo all’apparenza truce e scorbutico. Quindi, delicatamente appoggiò la puntina del giradischi sul vinile in questione, con grazia. La musica che proruppe nella stanza mise nella mia testa tutto in sincronia: prog, Death Ss, Litfiba, Sadist, Deicide e Morbid Angel, ecco come doveva suonare una musica nera e anarchica, antisistema e imperiale.
Padrecavallo: E poi lo stereo si ruppe anzi no, erano i Darkthrone!
Agghiastru: Cavallo, ma quanto corri? Aspetta. Lasciami ancora dire che, appunto tra il 1993 e il 1994, 1995 giusto per non creare polemica, uscirono i migliori dischi black metal scandinavi, perlopiù al Grieghallen Studios e per volontà della Osmose. Vai a vedere cosa pubblicarono: Emperor, Dissection, Mayhem, Darkthrone, Satyricon, Marduk, Impaled Nazarene, Ancient, Burzum, Enslaved, Dimmu Borgir, e questi erano coloro che emersero subito, poi ci furono altri ancora più underground, insomma, un periodo d’oro? Senza alcun dubbio. Irripetibile e pensare di emularlo è semplicemente ridicolo.
Occorre avere la dignità, bands comprese, che i “periodi’’ accadono nel corso della Storia, poi si rischia di diventare patetici. Come i gladiatori oggi al colosseo a elemosinare per una foto ricordo. Ecco come vedo bands storiche e fan nostalgici.
Fatta eccezione per, non so, Ihsahn. Lui degnamente ha ‘’chiuso’’ con gli Emperor ed è andato avanti per la sua strada. Quello dovrebbe essere oggi il modello di metallaro estremo ed evoluto.
Tornato in Sicilia, raccontai ai miei compari di cosa si celava al di là dello stretto. Loro, nel timore d’incontrare Scilla e Cariddi, se ne tenevano distanti. Niente indigeni e collanine ma, nel Continente, stava accadendo qualcosa che avrebbe cambiato le nostre vite per sempre. Facemmo un ordine di dischi alla Nosferatu che coraggiosamente aveva iniziato a distribuire quella musica un po’ ovunque. Al tempo comprare dischi originali, appena sfornati, equivaleva ad avere il portafogli carico di banconote, le care vecchie lire. Noi eravamo affezionatissimi al Caravaggio e al Bernini (vallo a spiegare ai millenials) questa Europa, con l’euro, ha spersonificato l’arte che si respirava ovunque, soldi compresi.
Comunque, arrivò un bel pacco di dischi, poiché era in uso, penso in tutta Italia, che un gruppi di ragazzini metallari comprassero ognuno da tre ai cinque Cd o Vinili, e poi se li passavano in copie doppiandole in musicassette. Riottoso come non mai, il buon Rosario Badalamenti, ritornò in assemblea parecchio adirato. Il suo impianto stereo si era rotto, così sentenziò. Non si capacitava. Un bellissimo impianto Hi-Fi casse Jbl e amplificatore Onkyo, pastoso, scuro, ma anche dettagliato e dorato come un luppolo appena munto.
Ma che libidine…
Ricordo che era funesto. Lui era un povero. Aveva comprato un solo disco, scelto in maniera attenta e oculata. Ci faceva sempre ritardare gli ordini tanta era l’attenzione che metteva a quello che doveva comprare. Possiamo dire anche che la mia descrizione dell’esperienza Toscana con questa illuminazione norvegese aveva alzato di molto le sue aspettative. Quindi, visibilmente adirato, ci portò a casa sua per verificare l’infausto tragico avvenimento. Ci accomodammo, prendemmo il caffè, mise su il disco in questione, premette il tasto play e fuoriuscì dalle sue casse un mitragliante ronzio cacofonico senza fine. Mi fu tutto chiaro. Anch’egli studioso d’arte, dovetti ricordargli l’esperienza dei fauves, in francese ‘bestie’, così chiamati poiché, aderendo al loro manifesto pittorico che, prevedendo l’abolizione di qualsiasi accademismo, la pittura en plein air, l’assenza del perfilo…
Padrecavallo: Del che cosa?
Agghiastru: Il Perfilo, l’apposizione di macchie di colore per determinare la luce, si trovarono in netto contrasto rispetto alla pittura dell’epoca e, a una loro prima mostra dove era presente una statua di Donatello, e giudicati come orridi individui furono recensiti come pittori selvaggi che imbrattavano le tele, i critici titolarono: “Donatello in mezzo alle bestie…’’.
Le recensioni dell’epoca dissero di questi giovani pittori che, quelli altro non erano che selvaggi, incapaci, anarchici. Allora dissi al mio compare: “fratello, questo è il black metal, non è il tuo stereo rotto, questo è il suono onnipotente e malevolo dei Darkthrone!”
(Continua… forse)