L’anno passato è stato sicuramente ricco di anniversari. Basta pensare che nel 1969 l’uomo sbarcava sulla luna, che a Woodstock si teneva il più grande concerto rock di tutti i tempi e che cinquecento anni prima moriva Leonardo Da Vinci, uno dei più grandi geni di tutti i tempi. Anniversari di tutti i tipi, quindi.
In mezzo a queste grandi ricorrenze, però, ce n’è una che interessa più da vicino noi sdangheri: la nascita del porno e la sua ampia diffusione sociale. Cominciava, infatti, nel 1969 quella che tutti gli studiosi dell’industria per adulti e del porno definiscono L’Età Dell’Oro del Porno (The Golden Age of Porn, appunto).
Perché ricorrere a questa definizione così celebrativa e altisonante?
Perché Golden Age Of Porn?
Perché ricorrere a questa definizione così celebrativa e altisonante?
Le spiegazioni sarebbero tante, ma per non tediare troppo chi legge e penso voglia arrivare velocemente al sodo, diciamo che il porno, e l’industria che lo produceva 50 anni fa, aveva alcune caratteristiche che oggi non ha più e che molti, compreso il sottoscritto, rimpiangono decisamente.
Prima fra tutte la sua ampia diffusione; relativamente parlando, ovvio. C’è stato un tempo, e la cosa risulterà sicuramente incredibile per i giovani lettori di questo blog, in cui i filmettini che le nonne ci proibivano di vedere perché ci avrebbero fatto perdere la vista, venivano distribuiti e proiettati nelle sale cinematografiche. E, soprattutto in America nei cinema normali, non in sale fetenti e lerce come vuole la tradizione.
Certo, quei cinema erano etichettati come “sale a luci rosse”, ma se ne trovavano un po’ in tutte le grandi città, anche nei quartieri più borghesi e “benpensanti”.
Questo anche perché, e qui arriviamo alla seconda caratteristica del fenomeno, dei film porno e delle loro recensioni si occupavano alcuni tra i più prestigiosi e affermati scrittori, giornalisti e intellettuali dell’epoca (da Johnny Carson nella sua popolare trasmissione Tonight Show a Bob Hope, sempre in TV).
Come se da noi se ne fossero occupati, senza censura e imbarazzo, Pippo Baudo e i conduttori di Zelig. Se ne occupavano anche perché il cinema porno nacque allora con caratteristiche che solo in parte ha oggi mantenuto.
Intanto, la maggior parte dei film della Golden Age of Porn avevano una trama: i cosiddetti feature o plot-based movies. Per quanto banale, superficiale o rozza potesse essere, c’era comunque un filo logico, un nesso causa-effetto, che li teneva insieme. Non si aprivano, cioè, né chiudevano con attrici massacrate a secchiate di sborra in faccia o pluri-penetrate in tutti i pertugi disponibili.
Gli amanti dei gonzo, delle gang bang e altre forme di macelli spermatici non troveranno perciò niente di loro gusto nel cinema di cui sto parlando. Troveranno invece attrici che molto spesso sapevano recitare o comunque sostenere dialoghi che andassero al di là del primitivo “fuck me harder”, ambientazioni curate sia nelle location sia negli abiti (non il solito squallido divano letto da 30 dollari all’IKEA in un’anonima e triste stanza) e, talvolta, nei registi migliori, anche la ricerca di un approfondimento psicologico dei personaggi (incredibile ma vero). Insomma, situazioni e contesti ben diversi da quelli cui siamo abituati oggi.
Gli albori
Ma quando è cominciata quest’epoca d’oro?
Senza dire che l’uomo appena ha inventato il cinema con i fratelli Lumière, ha subito pensato bene di riprendere scene di nudo (commovente, per il suo candore, Le coucher de la Mariée realizzato a Parigi nel 1896 da Albert Kirchner sotto lo pseudonimo Léar), dobbiamo arrivare al 1969 appunto per vedere un film “sexually explicit” , cioè con scene esplicite di penetrazione ed eiaculazione.
Nel 1969, infatti, quel geniaccio/provocatore di Andy Warhol realizza Blue Movie. Il film, in realtà, non è granché: riprende un uomo e una donna che parlano del più e del meno e intervallano il dialogo con una scopata. Film noioso (se non lo guardate non perdete niente) ma di importanza capitale, perché per la prima volta sugli schermi si vede una penetrazione con relativa eiaculazione.
Tutto qui? Chiederete voi, abituati a ben altro.
Sì, tutto qui, ma, se ci pensate bene, il passo è gigantesco. Dal cinema hollywoodiano mainstream, che mostra al più qualche spalla scollacciata, alla rappresentazione di un vero e proprio atto sessuale, il salto è davvero grande. Come andare sulla luna.
1972 – Gerard Damiano gira Deep Throat (La vera gola profonda)
Poi nel 1972 arriva Deep Throat (La vera gola profonda) del grande Gerard Damiano, il padre fondatore del porno.
Damiano, di ascendenze italiane (almeno un po’ abbiamo contribuito anche noi) dopo varie attività apre un salone di barbiere a New York. Dai vari commenti dei clienti, capisce che il porno può essere un grande affare commerciale e nel 1972 riesce a produrre il suo primo film.
La storia è semplice: Linda Lovelace (Linda Boreman) interpreta una donna sessualmente frustrata che non riesce a raggiungere l’orgasmo. Dopo varie peripezie, su consiglio di un’amica, si rivolge a uno psichiatra, Harry Reems (Dr. Young). Costui scopre che Linda ha in realtà il clitoride in gola. La ragazza, allora, risolve i suoi problemi e inizia a lavorare come infermiera, fornendo prestazioni particolari ai pazienti e usando la tecnica del “deep throating” (che poi inonderà di miliardi di scene tutta la storia del porno).
Il film, manco a dirlo, ha un enorme successo e riceve attenzione anche da un pubblico mainstream, quello che di solito non frequenta le sale a luci rosse, uscendo dalla nicchia riservata al cinema hard per diventare un caso nazionale in tutti gli Stati Uniti: Damiano, la P.D. Inc. e Vanguard Films (gestita, pare, anche da personaggi vicini alla mafia). La casa di produzione fa un mucchio di soldi: con un budget di 47.000$ ne guadagna più di 30 milioni. Il regista non guadagna quasi niente, ma il suo nome entra nel mito.