Ed eccoci tutti in grande attesa per l’arrivo dell’inaspettato terzo polo giornalistico metallaro. Hard Rock, rivista edita dal signor Sprea e che avrà come caporedattore Francesco Coniglio, fa discutere il piccolo golfo saprofitico dei durissimi del rock in Italia. Di certo le dichiarazioni del suddetto Coniglio a Metalitalia sono a dir poco heavy, definendo Rock Hard e Classix Metal, due autentiche fanzine.
Ovviamente il Fuzz non c’è rimasto molto bene, sotto i commenti all’articolo si è presentato e ha difeso con una buona dose di ironia la sua rivista, mossasi tutti questi anni a un livello “professionale” (le virgolette sono mie).
Ma non è tanto la stoccata bullista di Coniglio a suscitare qualche perplessità, avrebbe potuto darci dentro ancora di più, (a Sdangher volemo er sangue), sono le dichiarazioni programmatiche su quello che una rivista come Hard Rock dovrebbe aggiungere a quanto già non stiano facendo le due esistenti che mi fanno venire dei dubbi.
Premesso che di questi tempi di magrissima per la musica metal, avere ben due riviste che si tengono a galla nelle edicole, è miracoloso, ma entrambe rispondono in modo chiaro e definitivo alle esigenze del pubblico residuo ancora in giro: Classix Metal approfondisce sul passato, con retrospettive e speciali dedicati a band e zone storiche poco note agli amanti del genere. Rock Hard invece tiene aggiornati sulle novità, con un treno di interviste ai gruppi e le recensioni dei rispettivi dischi in uscita!
Coniglio dice che in entrambi i casi, il pubblico si ritrova a non conoscere il 60 per cento dei nomi che compaiono su queste riviste. Chi ama il passato magari non vorrebbe sapere la storia in otto pagine estese degli Heavy Pettin o dei S.A.D.O. e chi segue il nuovo non sa nulla e nulla vuol sapere della sfilza di deathcore e metalcore band che ancora asfissiano il mercato (fantasma) del metallo odierno.
Hard Rock vorrebbe essere una via di mezzo, con retrospettive sì ma sui nomi grossi che hanno fatto la storia. Classix Metal non le fa più perché le ha già fatte praticamente tutte. Slayer, Maiden, Priest, Saxon e via così. Hard Rock ricomincerebbe il giro, sapendo che in fondo il pubblico è sempre e solo interessato a Ozzy e i Metallica e di loro vuol sentire parlare. Hard Rock inoltre, e qui c’è un pizzico di saggezza, ha intenzione di alzare il livello di ciò che è definibile ormai storico e classico, approfondendo anche la storia di gruppi che su Classix Metal non troveranno mai posto: vedi i Tool già nel primo numero e in futuro magari, ipotizzo io, i White Zombie, i Marilyn Manson e forse gli Slipknot.
Del resto Barbara Caserta e Luca Fassina erano i responsabili di Hard, una rivista che puntava sul pubblico giovane del metal, esistente in buon numero negli anni in cui quella rivista iniziò a uscire. Ancora molti metallari ricordano con affetto Hard, dicendo di essere stati “sverginati dalla Caserta”, che è brutto da dire ma vuol essere un riconoscimento nei confronti del suo lavoro di iniziatrice per un pubblico di lettori che poi passò alle cervellotiche elucubrazioni di Signorelli e alle pazzie del Fuzz di Psycho.
Personalmente Hard Rock mi sembra pensata per un pubblico che non esiste. Oggi i pischelli che sentono metal conoscono solo i Maiden e i Metallica, proprio come quelli del 1990, ma usano spotify e non sanno neanche cosa significhi sentirsi un disco da cima a fondo, scaricano tutto sul cellulare e se vogliono proprio sapere qualcosa, vanno sulle webzine. In edicola non entrano più da quando hanno smesso di fare le collezioni di figurine Panini. Purtroppo il ricambio generazionale per il genere, se c’è, non ha più numeri commercialmente rilevanti; di sicuro non sfruttabili da un sistema informativo obsoleto e destinato all’estinzione.
Quindi cosa succederà? Hard Rock uscirà e il primo numero avrà pure numeri incoraggianti, ma il pubblico sarà quello dei cinquanta sessantenni che comprano già Classix Metal, Classic Rock e Rock Hard. Poi dal secondo le cose caleranno ed entro il quarto numero, tra otto mesi circa, finirà tutto quanto, perché gli articoli sugli Iron Maiden, sui Metallica, i Manowar, i Kiss e così via, per quanto possano interessare i tardoni che ancora desiderano buttare soldi in edicola come facevano da giovani e “tutto era più bello e l’intestino funzionava meglio e stare sulla tazza era piacevole e la lettura di riviste metal era piacevole eccetera”, ormai la storia di quei grossi nomi gli scappa dalle orecchie per quante volte l’abbiano letta e riletta su Metal Hammer, Flash, Metal Shock, HM, Metal Maniac, riMetal Hammer, Classix, Classix Metal, Classic Rock e Rock Hard. Sei euro e rotti per un po’ di nostalgia in più e l’ennesimo approfondimento fondista (nel senso del barile) sugli anni 80 della VERGINE DI FERRO, di questi tempi sono davvero troppi soldi.
Capisco che i metallari attempati, come bambini desiderino ancora sentire ogni notte la fiaba di Hansel e Gretel, ma a tutto c’è un limite.
Poi la cosa più grave. Alla domanda che i tipi di Metalitalia rivolgono a Coniglio su quello che sta facendo la rivista Decibel all’estero, non ci sono smentite clamorose. “Loro fanno certe cose e noi ne faremo altre”.
Si dovrebbe imparare dalla propria storia ma evidentemente non molti se la ricordano. Le riviste metal italiane nacquero basandosi sulle esperienze straniere di Kerrang, Metal Forces e via così. Le italiane HM e Metal Shock, si ispirarono strutturalmente su quelle riviste che fuori vendevano e funzionarono perché la ricetta che arrivava dall’estero e da chi si era mosso prima di loro, funzionava.
Decibel oggi regge bene in un mercato nullo. Non sarebbe il caso di studiarla e capire perché? Ma no, abbiamo una tradizione a cui attingere, sebbene di maniera e copiata di sana pianta. Quindi puntiamo ancora una volta sulle recensioni, le interviste alla 90 minuto sui gruppi in uscita, e gli “approfondimenti” bignamici per adolescenti tallici ologrammici, che purtroppo, ripeto, saranno gli zii e i nonni a sorbirsi.
Staremo a vedere?
Ma permettetemi di dire: ho già visto e rivisto.