Heavymmerda – Dischi di donne che pisciano e suore zombie che leccano peni-prete!

Ok, io sono calmo e rilassato, ho appena parcheggiato la moto dopo essermi fatto un bel giro, c’è il sole, ho birra e tempo. Posso farcela. Anche il fido Gzimprurert il Macinateschi ha un bel mattone pieno da rosicchiare e se ne sta seduto sul vecchio divano nel mio antro-garage-casa, che è ormai diventato la sua residenza. Sì sì. Possiamo farcela.

Bando alle ciance, prendiamo il primo disco e cominciamo a vedere cosa ci hanno mandato questa volta per Heavymmerda, la rubrica che vi racconta il peggio del peggio del metallo di oggi e di ieri.

Scaldiamoci subito con un capolavoro cantato in francese da un gruppo di nome Electrik BBQ. Anche se mi riesce difficile distinguere lo scialbo suono di questo gruppetto rock, un trio da quanto posso vedere, dalle lancinanti urla di protesta del Macinateschi. Sì: questo disco, omonimo, meriterebbe veramente di andare a finire sul barbeque da cui prende il nome. Non è solo brutto, è inutile, scialbo, piatto. Credevo che la copertina fosse il peggio dell’album, invece è la parte meno noiosa, pur restando una notevole ciofeca anch’essa.

Vola disco dei francofoni canadesi, grigliatori elettrici, forse come freesbee hai un futuro.

No. È caduto.

E mentre il nostro caro Gzimprurert si accanisce sul corpo inerte del cd, passiamo a qualcosa di meglio, per il palato fine dei miei cari lettori.

Dal passato lontano, quando i dischi fighi erano tanti e la merdazza moooolta meno di oggi, un amico mi ha mandato questo capolavoro americano targato Bangkok Shock e intitolato Back On The Streets.

Due le domande che mi sono subito venute in mente: di quali strade parlano? Perché se sono quelle del rimorso e del pentimento per averci propinato ‘sta roba ci sta tutto, lo capiamo. Seconda domanda: perché tornare (Back On The…) quando potevano andare sempre dritto fino a molto ma molto lontano da qui?

No. Invece loro hanno suonato questo disco e spero che ancor oggi si vergognino profondamente, perché tra lo scialbo rockettino da affamati di figa (il glam era un’altra cosa) di pezzi con titoli come Punk Rock Girl o White Trash Girl non è che abbiano fatto una gran bella figura.

Il cantato con voce da Topo Gigio intorno al minuto due di She’s In Love però batte tutto. Quando una cosa è inascoltabile bisogna arrendersi e riconoscerlo. Al peggio non c’è mai fine, ma questo ci va pericolosamente vicino.

Al volo Gzimprurert, bravo! Passiamo oltre che sennò poi mi vengono gli incubi e dormo male.

Ecco un cinque tracce che vale la pena di sentire solo perché se questi tizi hanno avuto il coraggio di mettergli una copertina così orrenda, di certo promette bene (per questa rubrica intendo). Una scimmia con il morbo di Parkinson avrebbe certo fatto di meglio; anche ubriaca e bendata mentre la picchiano con nodosi randelli. La bestia sarebbe stata perdonabile soltanto se avesse dovuto disegnare cotanta meraviglia ascoltando le canzoni contenute in questo Thrash Som Faen degli Iron Fister. Non so da dove arrivino, non so cos’altro abbiano fatto, spero solo che dopo il quinto pezzo abbiano provveduto a dargliene tante da far loro passare la voglia di riprovarci.

Irritanti come un moscone verde nella maglietta mentre non puoi scacciarlo e ti ronza lungo la schiena. E sai che prima stava mangiando cose molto schifose.

No, questo lo tengo come arma di difesa, se mi attaccano glielo tiro. E pensate che il genere thrash-death a me piace, se non fosse così ne avrei certo detto peggio.

Ma non pensate di cavarvela così facilmente, no no.

Ho di fronte a me una cosa con copertina nera, scritte viola e foto bianco e nero di un tizio da solo, in un boschetto rinsecchito. Smaug, immagino sia il suo nome visto che c’è solo lui, ci regala questa meraviglia che vorrebbe essere black metal inquietante intitolata Open My Grave. Io la ho ascoltata. Tutta.

Sapete la storia della videocassetta che se la guardi poi muori? Ecco, magari, almeno finirei di ridere istericamente. Avete presente Burzum? Tutta un’altra roba.  Caro Mr.Smaug, lascia che ti dica una cosa o due: In primis bagna le piante sullo sfondo della foto in copertina, che sono messe male. Secondo no, non la apro la tua tomba, hai voluto fare il figo e ci resti, adesso, strilla pure finchè vuoi. Terzo: ma non ce li avevi degli amici a cui far sentire questa cosa prima di pubblicarla? Perché se fossero sinceri te lo direbbero, sai? Meno male che hai me che dico quello che penso. La vita è bella, damme retta, puoi fare tante altre cose, mica devi suonare per forza sai?

Povera creatura, dai. Speriamo trovi la propria strada, la musica non è il suo forte.

Proseguiamo e passiamo ad un tema che merita davvero la nostra attenzione: le copertine demmerda stile porno-o-quasi-ma-horror.

Bene, non tutti saprete che esiste un meraviglioso mondo fatto di copertine di dischi più o meno estremi che annovera copertine ornate da visioni cannibalistico orgiastiche che dovrebbero stupire e scandalizzare (credo) ma che scadono nel ridicolo più sincero.

È il caso, ad esempio, dei moscoviti grindcore Bitch Meat che, con il loro pressoché inutile Posthuous Erotic Deviance, ci deliziano con la rappresentazione a pastelli colorati di un’orgia-zombi-cannibale, presieduta da un bizzarro tizio vestito da similmorte. In un tripudio di organi sessuali sanguinolenti molto mal disegnati, il primo premio per la copertina horror sex più brutta del mese lo prendono loro.

Oltretutto il disco risulta moscetto e poco coinvolgente, monotono come tanta frenesia antropofago zozzona fa presagire da subito.

A ruota ecco un gruppo venezuelano, probabilmente stufo della troppa religione propinata dall’educazione latina, che con il simpatico nome di Masturbation With The Bible ci accoglie in un vortice brutal molto ma molto brutale, estremo (ovviamente) ma scontato già da subito.

Disco in questione il loro Good Nuns Gone Dirty, che ci delizia presentandosi dietro una copertina che ritrae due suore zombe (ma zombe parecchio) che sollazzano oralmente un prete (direi piuttosto dipartito a sua volta ma mostruosamente dotato) con primo piano del nerboruto membro paonazzo. Eh, sì, proprio bravi, innovativi nella veste grafica oltretutto, perché almeno loro il lavoro lo hanno fatto fare a un illustratore vero e non al vicino alcolista in cambio di un bottiglione da due litri di pulque.

Birichini questi tizi, al secondo ascolto però il disco è pronto a seguire il proprio destino e finire nelle fauci del Macinateschi perché mi ha decisamente annoiato. Gzim, divertiti.

Questo excursus nelle copertine laidone pornazze non sarebbe certo completo se, al fianco di tali nomi vergognosi, non citassimo anche le bizzarre Chelsea Wolfe e Jess Gowrie col loro progetto Mrs. Piss, che con Self-surgery ci lascia uno dei peggiori art work mai creati, ritratto malfatto di una tizia che, dopo essersi affettata e ricucita da sé una tetta, piscia allegramente in bianco e nero. Il disco è più uno sperimentale a tinte radical chic che un lavoro metal, ma la copertina meritava davvero il nostro interesse. Abbiamo visto di peggio a Sdangher, ma mica spesso, che credete?

La musica? Io non trovo che ci sia nulla di veramente interessante in questo cd. Riservato ad appassionati di roba all’avanguardia ma di quella davvero noiosa. Pure troppo, aggiungerei.

E ora eccoci alla dirittura di arrivo, con una band che cerca di ricalcare orme illustri come quelle dei Pantera, fallendo nell’intento e risultando un clone noioso, che non fa che ripetere un clichè pressoché uguale canzone dopo canzone, aggiungendo (poco) qua e la.

Il faccione scarnificato di un cowboy e le scritte western style non bastano certo a dare uno spessore a questo And The Western Blood Runs dei Proll Guns di Salisburgo, che mi lascia parecchio indifferente, pur essendo costoro una cricca di simpatici bevitori, dediti a quello che definiscono western thrash.

Restano i più passabili della puntata a mio avviso, tanto che ho fortemente dubitato sul fatto di includerli in questa rubrica. I pezzi ripetitivi, al punto che a volte mi sono sembrati uguali tra di essi,  fanno però si che  il loro posto sia qui, almeno per quanto concerne il disco in esame!

Ora vi saluto e mi dedico ad ascolti purificanti e detossinanti, in attesa della prossima puntata di terribili schifezze e tristi pagliacciate.

Buon ascolto agli impavidi che tenteranno di sperimentare. Masochisti del suono estremo, welcome!