formato

Conta la sopravvivenza della musica, non il cazzo di formato!

Cari amici del metallo, eccovi un incubo cybernetico che neanche i Voivod dopo un’indigestione da faciolata: immaginate un giorno in cui il disco, il CD e la musicassetta, sono improvvisamente colpiti da un cattivissimo raggio laser. Bam! Il fiotto di luce corrosiva li priva di consistenza fisica, trasformando tonnellate di plastica, vinile e ancora plastica in un blob di sostanze gassose e olezzanti, che si alzano nell’atmosfera già intasata di venifici intrugli scorreggiati delle cattivissime nemiche del thrash-core anni 80: le multinazionali.

Ma il mondo del metal e del rock lo vedono per ciò che è: un incubo. Così alzandosi dal letto riprendono a fare le solite cose… tipo i dischi, le musicassette e i DVD. Continuano a incidere e pubblicare a raffica. Ma appena i supporti fisici escono ecco che aaaaaargh! finiscono disintegrati dal raggio.

Cazzo, ma allora è tutto vero!

Allora cosa fanno i rocker e i metaller? Se ne fregano e continuano a incidere e pubblicare musica in vinile, CD, MC, DVD sperando che il raggio esaurisca il suo fiotto o che magari qualche esemplare sfugga al suo pronto colpire!

Ma è chiaramente tutto inutile. Il raggio non smette e i dischi fanno tutti la stessa fine. Se però qualcuno va dai rockettari e i metallari a dirgli di lasciar perdere, costoro iniziano ad accusarlo di miscredenza, lo coprono di t-shirt e toppe e si ubriacano di birra fino a dimenticare di avergli parlato.

Ok, basta con l’introduzione sci-fi, anche perché questa è la realtà, solo che nel rock e nel metal nessuno vuole accettarla. Il disco ha perso la propria fisicità, gente. Lasciamo perdere i reperti archeologici degli anni 80 e 90 di cui siete tutti ghiotti collezionisti. Ognuno può spendere i soldi come gli pare. Io mi riferisco a quello che ancora oggi esce in formato fisico e persino in Mp3. La musica è approdata allo streaming e per quanto il mondo del metal e del rock diffidini dell’assenza di materia…

(perché se un giorno il mondo restasse senza corrente, solo chi ha una nutrica collezione di vinili, potrebbe… usarli come frisbee?)

l’unica cosa che sta ottenendo è la propria auto-estinzione.

Qualcuno sente che la musica rock e metal stia passando un bel momento? Non mi riferisco ai concerti, intendo proprio la musica che esce. Sì? Ma davvero?

A me sembra proprio di no.

Ok, la musica è nuda, senza contenitore. Ci sono sicuramente dei lati negativi in tutto questo e non devo enumerarveli. Però posso far presenti i positivi a cui sembrano far caso in pochi: non ci sarà più bisogno di scrivere per forza dodici o dieci canzoni, di coprire la durata di un 33 giri.

E quindi?

E quindi niente più fottuti riempitivi!

Lo streaming è il presente e il futuro e il pop si è adeguato da quel dì. Il pubblico giovanissimo non sa già nemmeno cosa sia un album e soppianterà i tardoni che ancora lamentano la chiusura dei negozi di dischi. Ma i dischi vanno bene alle fiere, non c’è più posto per dei cazzo di negozi!

Solo il rock e il metal fingono che sia tutto come nel 1995. Ancora i musicisti metallari e rockettari continuano a firmare contratti con le etichette. Le vedono morire ogni giorno e disperati, i gruppi se ne creano di proprie!

E scrivono quintali di musica sul pc, pensando creativamente nell’ottica di un album da riempire.

Riconosco che è molto metallaro, come lottare con i mulini a vento per Don Chisciotte (proto eroe degno di un concept metallico).

Però immaginate un momento quanti bei vantaggi guadagnerebbe il genere se i musici la piantassero di fare questa lotta insensata e ricominciassero davvero a realizzare grande musica.

Quando sento i Trivium fantasticare di poter divenire loro i nuovi Metallica ogni volta che escono con un altro “album”, mi rendo conto che a rifiutare la realtà non è il blackster che vive in una capanna di tek nel bosco dietro casa dei genitori e non gliene frega di avere più di dieci ascoltatori, ma quei nomi che dovrebbero inventarsi qualcosa di diverso per sopravvivere sul mercato. Sono loro che stanno colando a picco.

Il bisogno di fare album (ovvero uno stock di dieci-dodici canzoni inedite composte in pochi mesi e incise in una settimana) risponde a una necessità strutturale, che mancherebbe come la sedia da sotto il culo ai compositori.

Tutti organizzano la propria creatività pensando in termini di tempo (da 3 a 5 minuti di media) e di lotto (allora, prima facciamo un brano veloce, poi uno più sperimentale, il lento, il cadenzato…)

Anni fa era giusto così ma oggi non serve più. Immaginate che faticaccia tremenda dover scrivere tutta quella roba per timbrare il cartellino e tornare in tour, vendere nuove magliette e il resto.

Fare un disco porta i gruppi a spendere soldi che non rivedrà mai. Inoltre pur di inciderlo nel modo solito, la band sarà costretta a risparmiare su tutto: lo studio, il produttore, l’ingegnere del suono, il fonico, realizzando di fatto nel sottoscala di casa, con un pc, un mixer e dei microfoni troppo costosi, quelli che ai bei tempi sarebbero stati giudicati solamente dei Demo gonfiati in fase di missaggio e di mastering.

Una volta il gruppo usava un produttore anche per il demo. Era un orecchio esterno, un visionario che  riusciva a vedere oltre i limiti dei musicisti stessi. Oggi le band fanno tutto in proprio, compreso il disco. Il disco che poi si disintegra nell’atmosfera appena esce allo scoperto, per colpa del raggio laser, non dimenticatelo.

Perché non accettate la realtà? Fare dischi è la cosa più inutile di tutte e non permette a oggi, comunque di fare più dei bei dischi. Volete discutere se conti o meno la presenza di un produttore e un ingegnere del suono? Ditemi un album che avete amato e che sia stato realizzato interamente da un gruppo nel sottoscala di casa (i Darkthrone non valgono come risposta).

Ascoltate, ma se invece di incidere dodici canzoni, che non servono più a riempire nessuno spazio fisico, se ne realizzasse una sola e la si lanciasse in streaming? Se il gruppo investisse tutto in quella canzone, fino alla morte, puntando soldi in uno studio decente, un produttore in gamba, una buona promozione, un tecnico con le palle, un videoclip, credete che cambierebbe qualcosa in peggio? Avreste meno musica mediocre e registrata di merda da comprare e da ascoltare.

Le band potrebbero incidere un pezzo al mese o anche uno ogni cinque giorni e realizzare un repertorio molto più riuscito e avvincente. Se poi avete bisogno del disco, alla fine si possono raccogliere i pezzi e fare il fottuto album che vi potrete stoppare al culo.

Non ci sarebbe e di fatto NON C’E’ più bisogno di scrivere 180 canzoni in 20 anni per tirare su una scaletta di dodici inni intramontabili. Non ci sarebbe e di fatto NON C’E’ bisogno di firmare contratti con etichette fantomatiche, per cinque dischi in tre anni da pagarsi di tasca propria e prosciugare la la creatività pur di assaltare un mercato saturo che NON COMPRA PIU’ gli stramaledetti dischi pieni di musica ripetitiva e stanca!

I pezzi fichi di un album sono sempre stati due o tre. Sapete perché? Perché su quelli si lavorava di più. Il gruppo, il manager, il producer sentivano che erano i brani speciali, cazzuti, decisivi, e su quelli puntava quasi ogni cosa. Provate a farci caso. In un album che vi piace confrontate come suona il brano numero due, che conoscete a memoria e il brano numero nove che avete sempre ascoltato sbadigliando. Credete che abbiano la stessa qualità d’incisione e di rifinimento? Illusi.

Erano pochi i brani fighi e quelli andavano suonati alla grande, cesellati, sviluppati al massimo del loro potenziale in fase di arrangiamento.

Ma certo, siccome i dischi erano la sola forma possibile per vendere musica, allora bisognava riempirli di roba. Oggi tutto questo che senso ha?

Conta la musica, non il formato. Ho l’impressione che la scena rock e metal di oggi si faccia più le pippe sull’oggetto fregandosene quasi del contenuto.