Il treno dei desideri e i grandi esclusi!

Proviamo ad immaginare la carriera di una famosa band rock, metal o quel che sia, come un treno, che partendo dalla città A, attraverso tante fermate più o meno importanti (dal paesino sperduto di campagna, alla città di medie o grandi dimensioni) velocemente o lentamente, alla fine arriva alla città B, fermata finale della corsa. La corsa ipotetica termina col successo, ovvero milioni di incassi, grandi festival, dischi venduti in quantità industriale, i membri del gruppo guadagnano di diritto lo status da rockstar, cercati e ammirati da tutti. Loro sono su quel treno, e chi alla fine scende al capolinea ce l’ha fatta.

Ma la nostra storia parla di tutt’altro, parla di chi è sceso alla prima fermata, alla seconda al massimo, oppure arrivando tardi in stazione non è mai salito sul treno, che è partito senza di lui.

I grandi assenti, chi non ce l’ha fatta, chi a un passo dal salire sul vagone giusto, ripensandoci, è sceso e ha preso altri treni, che lo hanno diretto verso San Crispino invece di Los Angeles.

Immaginiamo coloro che ad un passo dall’imbroccare il gruppo giusto, sono stati cacciati, si sono allontanati volontariamente, per mille motivi, ritrovandosi oggi a leggere di Iron Maiden, Metallica, AC/DC, Megadeth o Black Sabbath, pensando che, per un attimo, loro c’erano, loro erano parte di quella cosa che è diventata enorme.

Alla salute dei Maiden!

E loro, magari oggi musicisti in una piccola band, tassisti, operai, meccanici o dentisti, mancate rockstar, si potrebbero chiedere tante cose:

“Ma se fossi rimasto, avrei anche io beneficiato di quel successo ?”

“Proprio perché mi hanno sostituito, hanno trovato uno meglio di me che li ha fatti diventare quello che sono ?”

“Perché ho pensato che non ce l’avrebbero fatta e ho preferito entrare nei Caballero Warriors ?”.

I nomi di questi “passeggeri oscuri” sono tantissimi; pensiamo a un Dave Evans (AC/DC)

pensiamo a un Dave Evans (AC/DC)

Paul Cairns (Iron Maiden)

Ron McGovney (Metallica)

Dave Walker (Black Sabbath)

Gente che, a un passo dal cielo, è scomparsa dai radar. Immaginiamo di entrare nella loro mente: cosa avranno pensato ? Come avranno interiorizzato il fatto di essere stati i “grandi assenti” ?

C’è chi avrà provato sollievo, certo di non aver potuto reggere un peso: quello della fama, così gravoso, ben più felice della casa con giardino, la moglie e due figli a Pensacola, facendo consegne col furgone.

Altri si saranno incazzati a morte, specie i cacciati via, rosicando e odiando la band “madre”, poiché poi incapaci di riprendere un altro treno “giusto”, magari pensando di essere stati sottovalutati.

C’è chi ha accettato la cosa, un fatalismo da “doveva andare così, peccato”, a metà tra delusione, tristezza, consapevolezza e rassegnazione. C’è anche qualcuno a cui addirittura è andata meglio, trovando più successo ancora: una botta di culo da uno su un milione.

Poi c’è chi non ha potuto godersi nulla di quel successo, travolto dal treno e morto sotto i binari dopo tre fermate. Penso ad esempio a Cliff Burton o a Randy Rhoads, che avrebbero potuto moltiplicare tantissimo quel successo, ma che la tetra signora ha portato via con sé molto presto.

Tutto alla fine ha un senso ?

Le domande, le sliding doors, i bivi (tanto cari a Enrico Ruggeri) dove avrebbero portato?

Io ho rispetto per questi “grandi esclusi”, perché sono i perdenti più vincenti del mondo musicale, sono coloro che, in qualche modo oscuro, hanno messo un proprio  tassello in quel puzzle immortale; anche loro hanno aggiunto qualche goccia del gasolio necessario a far andare la motrice di quel treno.

Bisognerebbe ringraziare più spesso i “peones” e meno i “gringos”, perché forse è più difficile convivere con l’idea di essere stati sulle soglie del Paradiso e poi venirne strappati via, che annoiarsi sulle nuvolette tra cherubini e arcangeli, ebbri di successo, soldi e fama, che non sempre portano felicità.

Non di rado infatti le grandi rockstar si sono suicidate, si sono alcolizzate e drogate, devastate, infelici e depresse. Magari Tizio Pallino, bassista in un singolo dei Judas Priest, tra marmocchi da portare all’asilo e una vita monotona e senza sorprese, ha avuto il suo vero Paradiso in terra. Amen.