“Mai, in tutti gli anni trascorsi in tournée con Ian e conoscendo Ian, giuro: non l’ho mai visto con una ragazza minorenne, mai. Sono sempre state donne di età superiore ai 18 anni. ” (Lewis)
Ho scritto di band convinte di essere in contatto con Satana, di rockstar assassine, suicide, necrofile, ma non una volta ho avuto questa profonda sensazione di disagio. Quando mi sono accinto a trattare dei Lostprophets (si scrive tutto attaccato) le cose si sono rivelate così dure che alla fine ho mollato il pezzo, recuperandolo solo ora, quasi a un anno di distanza.
Non riuscivo ad andare avanti con le mie ricerche senza provare terrore, rabbia e bisogno di vomitare insieme. Ascoltare oggi Fake Sound Of Progress è un’esperienza molto più sinistra e malevola di Dom Mysteriis Satanas dei Mayhem o qualsiasi album di Burzum prima dell’arresto.
Ricordo quando passavano i primi singoli dei Lostprophets su Rock TV, con la loro aria da fighetti e questa miscela di alternative metal, funky, melodie seducenti e la voce spigolosa, un po’ alla Mike Patton for dummies, di Ian Watkins. Mi piacevano, non avrei mai comprato un loro disco, ma se mi fossi imbattuto in qualcuno che l’aveva, me lo sarei fatto masterizzare,
Ian Watkins ormai è diventato l’uomo nero peggiore della storia del rock. Al suo confronto Glenn Benton, Dani Filth, David Vincent, Steve Sylvester, Silencer, Ozzy o Marilyn Manson sembrano i pagliacci tristi usciti dal pennello di Wayne Gacy.
Questo è il vero male, il lato oscuro con cui il rock ha sempre flirtato, traendone ispirazione per costumi, attitudini e sparate.
E paradossalmente il vero male, ostentato dal popolo metal, era invece ben nascosto sotto i capelli fighetti e gli occhietti spiritosi di Watkins, le sue liriche melense e propositive, la musica poppy-metal dei primi Lostprophets: orecchiabile, innocua, emolaliaca, ma tutto sommato gagliarda.
Mi rendo conto di entrare con i miei zoccoli duri in un campo minato, ma devo ammettere che Shinobi Vs. Dragon Ninja e Fake Sond Of Progresse (la canzone) sono due super pezzi. Danno una bella siringata di adrenalina al collo e fanno sgroppare di brutto ancora la parte di me che riesce a scindere musica e orrore.
Certo che poi tutto diventa più difficile da mandar giù, appena torna il silenzio.
CAPITOLO 2 – LA BAND PRIMA DELL’ABISSO
Il primo album, per ammissione dello stesso Stuart Richardson, prima chitarra dei Lostprophets, (anche se prodotto da Colin Richardson) è stato realizzato da una band praticamente amatoriale che è riuscita a mettere insieme i pezzi, registrarli e finire sui grossi palchi nel giro di un anno, senza capire come.
È una cosa assolutamente frustrante, dice Stuart, nei nostri cuori sapevamo che noi avevamo sempre suonato la nostra musica, quindi non ci eravamo “svenduti” per poter trovare un contratto discografico, o per vendere più copie. Noi abbiamo da sempre suonato solo quel che ci piaceva.
Succede quando sei la cosa giusta al momento giusto, direbbe qualcuno con le risposte a tutto.
Certo, si sono beccati critiche pesanti sul livello tecnico mostrato dal vivo rispetto a quello che si sente nel disco, ma nei tre anni successivi, I Lostprophets non hanno fatto che portare in giro il repertorio e suonarlo fino a non poterne più.
Fino a diventare bravi come nel disco.
Il gruppo ha avuto presto le idee chiare: scrollarsi di dosso un sound biodregradabile quanto il fenomeno stesso del nu metal in cui erano stati infilati e mostrare al mondo di non essere la versione moderna dei Duran Duran.
Sempre che la vicenda extra permetta alla vostra mente di concentrarsi sulla musica, potreste gustare un’evoluzione interessante a partire dal secondo album, che è Start Something, almeno fino al terzo Liberation Transmission, quando le mire commerciali sono diventate così palesi da trasformare una formula interessante nella solita poltiglia di gel allo zucchero con cui farcire non canzoni ma morbidi bomboloni per chi non ha i denti e la voglia di masticare rock.
Vero, sul web il pubblico della prima ora non ha accettato certe evoluzioni del gruppo da prima a dopo il contratto discografico, ma capitò anche ai Green Day e molti altri. Purtroppo, se hai successo e inizi a volare alto, qualcuno proverà a farti tornare giù: Abbiamo avuto la fortuna che anche all’industria discografica, e a moltissimi fan, piacesse la nostra musica, e quindi fin dal primo album siamo usciti per una major, e venduto molti dischi. Io non ci trovo niente di male, ammette Richardson, ma nella piccola cittadina del Galles da cui veniamo, sembrava una cosa di cui vergognarsi. Se si ha successo da un giorno all’altro qualcosa non torna mai. Un giorno erano tutti nostri amici, venivano ai nostri concerti, il giorno dopo erano intenti ad aprire siti internet per dire che noi eravamo dei venduti.
Anche la critica non è mai stata conciliante con i Lostprophets. Sentite qui: Dal momento in cui abbiamo ri-registrato il nostro debut album, ricorda Stuart, per molti critici non abbiamo più fatto niente di buono: abbiamo suonato con le “band sbagliate” (Linkin Park, Deftones), abbiamo rilasciato interviste con i giornali sbagliati (a noi piace parlare a tutti, e se un teen magazine è interessato a noi, perché non scambiare quattro chiacchiere anche con loro??) e abbiamo anche suonato ai festival sbagliati, come il Deconstruction.
Ma la credibilità artistica di questo gruppo è da sempre destinata a finire nella fogna. Fa sorridere oggi ripensare a certe rimostranze sullo stile o sulla coerenza, quando gli sviluppi sulla condotta di Watkins hanno trasformato una valida band rock in una specie di snuff movie.
Il nu metal ha iniziato con Jonathan Davis che esorcizzava creativamente le molestie sessuali subite da piccolo con i primi album dei Korn e ha finito dall’altra parte: nascosto dietro una facciata da fighetto sciupafemmine, c’era Ian Watkins che molestava bambini e spacciava immagini pedo-porno.
CAPITOLO 3 – L’ABISSO AMA I BAMBINI
Ho provato a leggere il rapporto del giudice. Non riuscivo nemmeno a finirlo. Pensare che qualcuno con cui sono cresciuto, con cui ero stato amico per tutta la mia vita, di cui conoscevo la madre e quanto fossero vicine le nostre famiglie – persino immaginarlo … Trovo assolutamente incredibile che fosse in grado di fare quelle cose. Ovviamente le ha fatte, ma come qualcuno può … Non capisco, ho una paura fottuta di tutta questa storia. (Mike Lewis, seconda chitarra dei Lostprophets)
L’album Start Coming, rispetto all’esordio figosissimo, ha un livello generale di scrittura, produzione, brani alla stessa altezza di Fake Sound Of Progress. Roba come Last Train Home e Make A Move sono la luna delle endorfine mannare di chiunque ascolti senza pensare alle implicazioni.
È musica che aumenta il battito. We still kill the old way, grida una band giovane, moderna, con due chitarroni e e due accordoni, melodie pop che lottano insieme a noi, tra cuori spezzati e la speranza di un domani migliore.
Cantano anche se non ha senso, anche se non stanno andando da qualche parte, cantano per tutti gli innamorati che ci cascano ancora.
Quello che vorrei dirvi, per ciò che vale, è questo: Il successo dei Lostprophets era meritato, secondo me.
Nei primi anni 2000 quello che loro facevano funzionava alla grande. Peccato ci fosse una specie di un ultracorpo alla voce. Anzi no, troppo comodo pensare a un alieno e guadagnare una distanza tra noi tutti e lui. In realtà Ian è un uomo come troppi che sono in giro, è un umano poco umano ma pur sempre umano.
Come si fa a sentire un disco come Start Something, senza pensare alle cose che combinava? Impossibile. Sì può gustare il tiro dei pezzi, il grandissimo lavoro produttivo, poi però ti imbatti in strofe come questa, che sembrano parole in codice tra il mostro e la propria madre oscura là fuori.
I often wonder how you drive/When the roads too dark to see (To Hell We Ride)
Oppure:
Tutto sembra allettante
Quando non sai chi essere
Mi chiedo spesso come ti senti
Quando sei sdraiato accanto a me
È troppo presto, è ora di farlo
Gli ammicchi oggi paiono via via sempre più smaccati e odiosi, ma all’ora erano impossibili da cogliere. All’epoca di Liberation Trasmission, uscì il video di un brano che si intitola A Town Called Hypocrisy, dove Ian interpreta il conduttore (Tender Tim) di un programma per ragazzini, realizzato con un’estetica desueta, probabilmente riallacciandosi a un tipo di TV anni 80 che quelli del gruppo videro da ragazzini (tipo Bim,Bum,Bam).
Beh, nel video, Ian interpreta questo tipo che davanti alle telecamere è buono e caro con i bimbi e i comprimari dello show, ma fuori si mostra davvero per ciò che è: uno stronzo disumano. Direi che ci avviciniamo alla realtà, no? Cominciamo da lì.
I rimandi a Jimmy Savile sono inquietanti: al tempo il conduttore dee-jay inglese era ancora vivo e solo dopo la sua morte, nel 2011, venne fuori l’intera merda che lo riguardava, ma di fatto le accuse di pedofilia risalgono al 1963: “tutti sapevano e nessuno parlava”, come disse a una trasmissione, naturalmente censurato, John Lydon.
CAPITOLO 4 – CI SIETE ANCORA?
È una strana sensazione, rendersi conto che hai passato diversi minuti della tua vita a chiacchierare casualmente con un giovane che, a quanto pare, è uno degli esseri umani più vili in vita. (Un giornalista musicale)
Forse non tutti sanno che i Lostprophets hanno anche ricevuto una mano da Justin Timberlake, una volta; però non in modo musicale. È la figura anonima e incappucciata e con la mascherina pre-covid, immortalatA sulla copertina del CD, Start Something.
Naturalmente Timberlake oggi non ha problemi a negarlo, ma al tempo Watkins lo disse a più riprese: Il nostro bassista lo conosce. È divertente, perché diciamo alla gente [che è Justin Timberlake] e nessuno ci crede. Dicono “Oh … sì.“ Ma non mi interessa davvero se la gente ci crede o no.
Ci sono particolari pazzeschi, andando indietro alla storia della band, cose che riaffiorano, come cadaveri nella mota. Se guardiamo ancora ai testi, ce ne sono alcune che rappresentano una specie di confessione o quanto meno suggeriscono molti sospetti a riguardo. Si tratta di una vera e propria trilogia messa in coda all’album del 2010, intitolato guarda caso The Betrayed (Il tradito).
Con l’album The Betrayed, la band prova a recuperare un po’ della verve aggressiva dei primi lavori, senza mollare gli appeal alla Muse o U2. Ian Watkins in fase promozionale amava dire che: “This album is a dark place for US”, ma penso che oggi nessun membro della band si sognerebbe di sottoscrivere quella che doveva essere solo una banale frase a effetto al fine di lanciare un disco, mentre per Ian, chissà che cazzo di buco nero poteva rappresentare, The Betrayed.
A sentire i branii in scaletta non c’è nulla di inquietante, sono molto convenzionali, ruffianissimi. Ormai il gruppo tira a soldi in modo imbarazzante. Però qualcosa mi è scattato in testa quando mi sono avvicinato al fondo della tracklist.
Parto da Darkest Blue.
Posso vedere in questo abisso,
Non c’è modo di fermarmi,
Di sentirlo.
Ovunque io vada
La miseria mi seguirà
E non mi lascerà andare
E non mi lascerà andare.
Continuo a svanire dentro di te
Annegando nel tuo blu più scuro,
Il dolore mi tira giù
Sono senza peso senza suono
Li sento ancora chiamare.
Non c’è speranza
Non c’è speranza per me
Perché non posso mettere a tacere il suono di quelle voci
Continuano a chiamarmi.
In apparenza è solo una canzone d’amore dove il protagonista, una volta scoperto il tradimento, non sa più come riporre ancora fiducia nella donna che ama, ma secondo me il senso è un altro e vi dico la mia interpretazione.
La miseria che lo segue ovunque è ormai palese, mentre l’abisso pieno di voci che lo chiamano sembrano i bambini che ha violentato o forse quelli che lo implorano di non farlo. Sta fuori come la merda, costui. Potrebbe aver simulato un banale sentimento di smarrimento emotivo, dovuto a una delusione d’amore, ma so di certo che Watkins aveva un tipo di relazione con le donne davvero contorta e disturbata. Un paio di corna non sono il suo problema più pressante.
Quando scopava era capace di dire alla compagna cose di questo tipo:
“Ehi, bimba, facciamo un bambino”
“Cosa…”
“Sì, tesoro, dai”
“Ma parli sul serio?”
“Oh, sì, voglio un bambino, ora”
“Davvero, ma io…”
“Sì, facciamolo, così quando nascerà…”
“Sì?”
“Beh, quando nascherà, sai…”
“Che cosa? Quando nascerà cosa?”
“Quando nascerà tu me lo farai scopare, vero baby?”
“Io… ma che…? Ian ma costa stai dicendo?”
“Sì, baby, non fermarti, sto per venire ora. Devi dirmi che me lo farai scopare appena sarà uscito dalla tua grassa fica”
“Tu sei malato!”
“Sì, sono malato, sono pazzo, ma tu dillo, dillo che mi farai scopare nostro figlio appena nato, dillo se mi ami. Mentre i dottori nell’altra stanza si congratuleranno tra loro per il parto perfetto, tu lo terrai fermo, attaccato al tuo seno, mentre io gli infilerò il mio cazzo e verrò dentro di lui tutto… perché tu mi ami così tanto, vero? Tu me lo faresti fare, cucciola!”
Capite chi era Ian Watkins?
Non me lo sto inventando, o meglio, il dialogo possibile sì, ma si basa su un fatto vero, sostenuto dalla sua ex fidanzata, Joanne Mjadzelics. Nemmeno Chris Barnes sarebbe stato capace di pensare una cosa del genere.
Qualcuno potrebbe tirar fuori ancora la teoria del complotto, come per gli ex bambini che hanno accusato Michael Jackson, ma se non fosse vero, lei avrebbe potuto inventarsi accuse un po’ meno compromettenti. Quale femmina continuerebbe a portare il caffè al letto a un uomo che mentre la scopa le parla di fottere il suo neonato?
Dovremmo riflettere sul perché una donna, dopo episodi come questo, non se la sia filata di corsa dalla vita di Ian, ma non siamo a Quarto Grado. Questo è Sdangher. Noi partiamo dall’assunto che ci è possibile scorgere il buio ma non possiamo affrontarlo con la luce del raziocinio. Il buio se ne va con la luce, capite?
Il buio è in me, in voi e in Ian Watkins, oltre in Joanne e le altre compagne, le fidanzatine e le allucinate fan che hanno finito per farsi coinvolgere fino all’estremo nelle nefandezze di quest’uomo. Il buio là fuori parla al buio qua dentro. Chi lo sa cosa cazzo si dicono?
La Mjadzelics andò diverse volte alla polizia ma prima di iniziare a farlo, già Watkins le aveva descritto l’abuso di una ragazzina di dodici anni e poi un giorno era stato capace di inviarle sul cellulare una foto di una bambina di cinque, strafatta e che posa mentre sniffa della cocaina.
Non mi sorprende che siano passati molti anni, tra denunce, testimonianze varie, prima che le autorità si siano decise finalmente a indagare su Watkins. Savile è riuscito a cavarsela tutta la vita, Bill Crosby ha iniziato a stringere il culo da vecchio e così Gary Glitter. I ricchi, i famosi, sono generalmente degli intoccabili, ma non nell’accezione indiana.
Watkins era bello, simpatico, cantava spesso canzoni d’amore piene di sensibilità e fragilità, ergo, non poteva violentare bambini.
La polizia non dovrebbe cadere vittima di certi luoghi comuni ma tutti ne siamo vittime. Watkins questo lo sapeva bene e gestiva il suo mondo alla grande.
Una giornalista che lo intervistò, dopo pochi giorni da uno dei suoi crimini più atroci (collegamento che lei ha fatto col senno di poi, leggendo i verbali) si ricorda della voglia di Watkins di parlare della Chiesa, per quello che in apparenza le era parso uno strano sproloquio.
La religione può dare vita a organizzazioni oppressivele disse Ian quel giorno, il cattolicesimo è folle. Non vanno bene i preservativi e non dobbiamo quindi preoccuparci per le malattie come l’AIDS, ma si sa che la maggiore età, nella Città del Vaticano, è sotto i 12 anni…
Questa carica moralista vi farebbe pensare che ci sia un pedofilo, dietro?
Bisogna riconoscerlo, Watkins è sempre stato una creatura in gamba, capace di mimetizzarsi in mezzo agli altri, di simulare sentimenti normali, addirittura di dare voce alle vacue e banali velleità esistenziali di milioni di teen-agers in tutto il mondo, lui che era un contenitore di sborra demoniaca incandescente.
Dopo Darkest Blue, in The Betrayed ne arrivano altre due di seguito, di canzoni che puzzano. Io la chiamo “la trilogia del sospetto di Ian Watkins”:
Sono Dirty Little Heart (Strisciando tra i detriti del mio/Piccolo cuore sporco)
e The Light That Shines Twice As Bright… (Tu tu tu/Non lo sai?/Hai preso la mia anima/Non mi sentirò mai più in questo modo/Tu tu tu/Non lo sai?/mi hai messo in ginocchio/e mi hai tagliato la gola/Non mi sentirò mai più così/Oh/Ecco come ci si sente.
Ecco come ci si sente.
Ecco come ci si sente.
Ecco come ci si sente.
Ecco come ci si sente.
Ecco come ci si sente.
Ecco come ci si sente.
Ecco come ci si sente.
Ecco come ci si sente.
Ecco come ci si sente.
Ecco come ci si sente.
Ecco come ci si sente.
Ecco come ci si sente.
Ecco come ci si sente.
Ecco come ci si sente.
Oh.
Il finale reiterato sembra un motto di vendetta. Viene da pensare mentre Ian scopa bambini e intanto ripete ad alta voce Ecco come ci si sente, ecco come ci si sente…
Dirty Little Heart, Darkest Blue e The Light That Shines Twice As Bright sono tutte in fila, alla fine di The Betrayed, : la 9, la 10, la 11. Poi si chiude con l’innocua Sunshine. Come diceva Ian ai giornalisti, che annuivano pensando di capire: This album si a dark place for… US. Us sarebbe NOI, ma secondo me quel NOI va inteso con i NOI che c’erano in lui: il Watkins buono e bravo che si mostrava a tutti e stregava le platee e il lupo mannaro Ian, l’essere estirpatore di cuori neonatali.
CAPITOLO 5 – LA CADUTA
Per i primi due mesi è stato in prigione [prima di essere giudicato colpevole], mi sono preoccupato per come fosse, sapendo che è un personaggio piuttosto debole. È un po ‘un vigliacco, non è un tipo duro. Era in prigione e mi preoccupavo per lui. Ma poi ho raggiunto un punto in cui è iniziato il vero risentimento. (Lewis)
Il rassicurante teorema sulla pedofilia è che chi ha subito violenza da bambino, infliggerà violenza ad altri bimbi da grande. Un po’ come quello sui serial killer, cresciuti in famiglie disfunzionali e brutali e che da adulti diventano i mostri che conosciamo.
Puttanate. Ted Bundy e Ian Watkins hanno avuto infanzie normali, nei limiti in cui può essere normale una vita in famiglia nell’ultimo secolo e un quarto.
Ah, quasi mi dimenticavo. C’è questo video su You tube, un’intervista alla band tutta, filmata nel 2010, sempre l’anno di The Betrayed. Si tratta di un collegamento in streaming su MySpace.
Si vede il gruppo al completo che se la ride con le domande dei fans. Poi succede questo, non mi sto inventando nulla.
Al minuto 6, l’utente online di nome “Babygirl” chiede a Ian quale sia il suo “guilty pleasure”: la sua pervesione preferita.
Guardare il viso di Watkins è davvero deprimente ma anche interessante a livello scientifico. Ridacchia mascherando un inevitabile disagio di cui solo oggi possiamo intuire le profonde e mefitiche radici. Guardate il male in azione, gente. Questo è il vero Dracula. E Dracula è uno di noi, mi spiace. Caga, vive, scopa bimbi e un giorno muore. Poi rinasce in un altro, con l’aspetto diverso, lo sguardo carino, del talento artistico o politico, magari…
Pensate a quante volte questo tipo deve aver finto di essere un normale scavezzacollo del rock and roll. Babygirl è l’incarnato ideale di un dio degli inferi che si diverte a metterlo a disagio, tanto per ricordargli che lo osserva e presto lo avrà con lui.
“Cosa ti piace di peccaminoso, Ian?, dillo alla tua babygirl!”
Watkins risponde qualcosa, ma nessuno degli altri presenti riesce a capire cosa abbia detto. Rivedendo il filmato si sgama facilmente: “Hai appena risposto tu stessa.” dice a Babygirl.
I suoi compagni dei Lostprophets gli chiedono di ripetere, (please) e lui cambia la risposta in “smack”, gergo con cui si chiama l’eroina.
Preferisce dire eroina perché, anche se non è una perversione accettabile, è sempre meglio di quello che davvero è la sua perversione preferita.
CAPITOLO 6 – THE LOSTBROTHERS
La cosa che fa più male di Ian Watkins non è che ci ha fregato tutti. Era facile riuscirci, con la nostra stessa complicità dovuta al rifiuto di immaginare una realtà simile. Quello che fa soffrire è la sua totale mancanza di dissidio interiore.
Persino Jeffrey Dahmer cercò di fermarsi, lottò con i propri demoni. Forse Watkins ci provò ma deve aver capito che era impossibile e da lì in poi non ha fatto altro che crogiolarsi nella sua merda.
Sapete che password usava per laptop?
If *** kids
Vi sembra la password di uno che sta combattendo il proprio mostro interiore?
La sua band dice di non aver mai sospettato nulla. La polizia non ha mai creduto alle donne che lo accusavano e la fan che gli ha offerto il proprio bambino, beh, lì davvero non riesco a immaginare cosa potesse esserci di ingenuo, malato o assurdo.
Purtroppo c’è un vago ma indiscutibile sentore di vigliacca complicità in mezzo a questo schifo, soprattutto da parte dei famigliari e i compagni di band. Se loro avessero dato peso a eventuali segnali, nei lunghi mesi trascorsi in tour attaccati al suo culo, sarebbe finito il sogno, no?
Hanno probabilmente un po’ glissato su alcuni atteggimenti, dando la colpa alle droghe che Watkins usava e al suo carattere complicato. La pedofilia era troppo anche solo da pensare, va bene, però è dura credere che quel figlio di puttana, spesso strafatto, non abbia mai perso per un momento il suo autocontrollo e si sia messo a dire delle bambine che violentava o che avrebbe voluto farsi. Bisogna però dire anche un’altra cosa: esseri come Ian Watkins sono capaci di cagarti nel piatto e convincerti che è cioccolata.
Come ci siamo sentiti quando si è scoperto tutto? dice Stuart Richardson. Fanculo i nostri sentimenti. Perché non siamo proprio le vittime. Anche se siamo vittime pure noi… perché devi ricordare che erano i nostri mezzi di sostentamento. Questa era la nostra pensione. Questo era tutto per noi. Quello era il nostro reddito, la nostra unica fonte di reddito. Era il nostro gruzzolo. Era tutto. Abbiamo lavorato 20 anni per quella cosa, i Lostprophets erano ciò per cui avevamo combattuto ogni minuto, per costruire qualcosa in modo da poter avere una vita migliore in futuro… ed ecco che bum, tutto finisce, tutto è perduto.
Non c’era assolutamente nulla che ci portasse a sospettare cosa avesse fatto, dice ancora Lewis. Penso che abbia creato una tale cortina di fumo… Odio fare affidamento sui luoghi comuni, ma quando vedi il profilo di un pedofilo, non potrebbe essere più lontano da ciò che si immaginerebbe. Era sempre circondato da tutte queste donne, quindi sembrava impossibile.
Ci ho pensato tanto aggiunge Richardson, e, no, non ho alcun interesse a parlargli di nuovo. Mi sento incredibilmente male per sua madre, tutta la sua famiglia e lo stigma che devono sopportare ora a causa di ciò che ha fatto. Ma non ho interesse a interrogarlo a riguardo. Mai.