concerti

Un anno insieme al Covid e non volergli neanche un po’ di bene?

Facciamo un sunto della situazione. All’incirca un anno fa, mentre ero in macchina con la mia compagna leggo sul telefonino “regazzi, da domani tutti a casa e se vi becco per strada vi faccio il culo a stelle e strisce”.

Il giorno seguente fu il primo di una serie dove non mi toglievo il pigiama. Qualcuno può asserire che questa libertà forzata ci abbia aiutato a recuperare quel tempo che non usavamo per i nostri hobby.

In effetti io ho registrato alcuni album niente male, ma in confronto ai fasti del passato ho ridotto di molto la mia sovrapproduzione.

Ho scambiato molti cd e cassette aumentando la mia collezione vertiginosamente.

Ho letto molti libri e fumetti. Alcuni li devo finire, ma sono li che mi aspettano.

Ho visto alcuni film, e ultimamente il sabato sera è il mio Sabato del cinema con gli amici.

Ho passato un ottimo Natale e un ottimo Capodanno con alcune tra le persone migliori che posso dire di avere mai conosciuto.

E tante altre persone meravigliose mi fanno compagnia a distanza nel web, aiutandomi a capire che amicizia non è solo quella che puoi toccare fisicamente.

Ho scoperto canali youtube che mi hanno accompagnato nelle nottate insonni, nei temi più disparati.

Ho finito ben 5 Dragon Quest di fila (Dall’1 al 5).

Ho fatto saggi in cui ho scoperto che i diritti umani sono letteralmente un optional.

Ho avuto letteralmente paura di avere un tumore, per poi scoprire fortunatamente che era solo una infiammazione del colon dovuta allo stress. Ho ridotto sensibilmente lo stress dopo aver scoperto di non avere niente di grave.

Ho fatto delle microvacanze con la mia compagna, e sono andato persino al mare dopo anni che lo vedevo solo in cartolina. E io vivo a pochi passi dal mare.

Però i concerti mi mancano veramente tanto.

Quanti ne ho visti quest’anno? Cinque? E ho pogato al massimo in due, e pure male. Come vuoi pogare al tempo del Covid, mantenendo la fottuta distanza di sicurezza? Va bene il supporto, ma a sto punto me ne rimango a casa con la birra della lidl e le casse dello stereo a vomitare sul pavimento.

È stata una ecatombe, se non qualcosa di peggio. Cosa c’è di peggio di un’ecatombe? Va beh, non sottilizzate. Era per dire.

La cosa che mi suscita più rabbia è che i locali questa estate (e cazzo ci sono stato pure io lì in quella utopia) erano un dito medio alle restrizioni. Quante sere, anche il Venerdì o persino il Giovedì vedevo masse di millenians e più giovani ancora, appiccicati l’uno all’altro mentre i luogi dei concerti erano chiusi o quasi. E se pogavi veniva la security a tirarti fuori di peso. Nei locali metal mica nei fottuti lidi!

Persino al tempo del Covid, il pregiudizio verso il metal vince.

A quanto pare il twerking aggressivo e il fare pompini a sconosciuti nel bagno, non trasmette il covid. Buona a sapersi.

E mentre Sanremo rompe i coglioni che l’Italia non può esistere senza il festival (per me invece può e come) l’Italia può esistere senza le biblioteche, i musei, le palestre e i concerti.

Mi manca andare ai concerti, ubriacarmi e non ricordarmi neanche una band che ha suonato.

Ci è voluto un anno di astinenza per capire come davamo per scontato quel Sabato sera, a volte Venerdì, sotto un palco, anche con il gruppetto del posto. Facce sempre uguali, con cui prendersi a spallate. Amicizie che durano solo un giorno la settimana, gente con cui ridere, scambiarsi fluidi corporei attraverso bottiglie passate di mano in mano, a volte rubate. Il vetro rotto per terra, il simbolo della peroni nel cuore e il vomito del color del borghetti appena ingurgitato.

Qualcuno già annuncia i poster concertistici di questa estate, ma io piango pensando… perché cazzo in Giappone i concerti li fanno comunque? Ah già, anche quelli però con le sedie distanziate… credo.