Sono stato entusiasta per la nascita di RRAZORR. Ho salutato con grande interesse e coinvolgimento emotivo il ritorno del Fuzz a un tipo di rivista più militante, volta al presente e al futuro, dopo anni di archivismo di lusso praticato con Classix e Classix Metal.
Lui stesso nell’editoriale di questo inarrivabile (non nel senso che credete, poi mi spiego) numero UNO, lo dice: con RRAZORR si è divertito come non gli capitava da tempo, finalmente è tornato a fare il giornalista, scoprendo, sondando, sostenendo le cose che accadono ora e non nel 1989 o 1973.
Peccato che RRAZORR sia come Classix Metal, né più né meno. Soltanto opera una forma di archivismo sulla brevissima distanza, praticamente gli ultimi dieci anni della storia del metal e del rock.
Ma andiamo con calma. Per prima cosa la mia scelta di usare l’aggettivo “inarrivabile”.
Per “inarrivabile” intendo che non sembrava arrivare più. Doveva uscire a gennaio ma il Fuzz ha avuto diversi casini, tra cui una brutta e perigliosa parentesi con il Covid, come tutti quanti saprete.
“Inarrivabile” però soprattutto perché nelle edicole del mio comune non è arrivato e non arriverà, per ragioni legate alla distribuzione, che ne rendono difficoltosa la reperibilità (come attestato anche da post su Facebook di svariate persone).
In questo momento, con la zona rossa, mi domando quanti lettori perderanno l’opportunità di comprare RRAZORR o di conoscerlo semplicemente andando in edicola e vedendoselo davanti: in vetrina o accanto alle pallose monografie di Classic Rock, dedicate a Pink Floyd e Beatles.
Questo dimostra quanto l’insuccesso delle riviste rock in edicola non dipenda solo dal fatto che siano ormai diventate anacronistiche, ma anche per un sistema distributivo spesso più ostacolante che favorente.
Forse alcuni di voi sanno (ma molti altri non lo sanno di certo) che dovevo essere anche io una delle penne di questo primo numero di RRAZORR, ma per una serie di motivi, che visto dove ci troviamo elencherò nel dettaglio, non ci sono rimasto più di una settimana.
Fuzz mi ha prima invitato a partecipare e io ho accettato subito. In vero, da mesi gli chiedevo di inserirmi in RRAZORR e di poter tornare a Classix Metal, quindi il giorno che questo è accaduto (anche se solo in RRAZORR) ho avuto un momento di viva commozione.
Dopo tre giorni ero già abbastanza confuso poiché il modo di gestire le cose all’interno della redazione mi è sembrato abbastanza caotico e inconcludente. Ho preteso dal Fuzz di scrivere un pezzo lungo e non recensioncine e rubrichette da mille battute ma lui non ne ha voluto sapere.
In fondo mi sento abbastanza maturo ed esperto per occuparmi da solo di un dossier o di un articolo monografico. Lui mi ha detto di non potermi offrire una cosa del genere e, anzi, visto il mio disagio, ha aggiunto che la cosa del mio ritorno, alla luce delle mie ubbie e di altre questioni, non poteva proprio funzionare. Quali altre questioni? Che all’interno della redazione, alcune persone avrebbero espresso un sincero disappunto (con un’ipotizzabile richiesta di aut aut) per il mio reinserimento.
Ovviamente il Fuzz non mi ha detto i nomi, perché in questo caso specifico, non era giusto farne, ma ho avuto serie difficoltà a credere davvero che il grande Fuzz possa essersi fatto dettare l’agenda da alcuni suoi sottoposti, escludendomi dalla redazione, senza che abbia avuto il tempo di scrivere una riga!
Poco male, sono tornato lettore e battitore libero.
Eccomi qui, e dopo aver acquistato RRAZORR in modo davvero complicato (in una situazione di normale interesse ci avrei rinunciato) ora dico la mia a voi sdangheri.
Chiaro che non possa essere obiettivo, ma è per questo motivo che vi ho raccontato tutto l’antefatto, così che abbiate modo di trarre le vostre conclusioni davanti a quella che ahimé, è una stroncatura di RRAZORR.
Sto rosicando? Sono invidioso?
Sicuramente, la mia umanità mi gioca di questi scherzi, ma sono anche un grande conoscitore di tutto il cammino editoriale del Fuzz e leggo riviste metal da tanti anni. Ho partecipato a quel mondo dall’interno, ci ho scritto un libro e posso permettermi di tentare un’analisi, magari stando attento a non sfogare troppo il mio evidente risentimento per essere stato umiliato dal Fuzz in quella maniera.
Il problema di RRAZORR è l’attitudine sbagliata alla materia e l’evidente confusione su dove voglia andare a parare.
Il presente e il futuro sono troppo fragili e indefiniti per poterli conchiudere in una serie di articoli che vorrebbero essere esaustivi e paralizzanti. Un pezzo come “Le nuove 20 band del doom” (secondo Salvatore Fallucca e non altri) esattamente cosa dovrebbe dirci su quello che sta davvero succedendo in quel contesto dell’underground?
Dov’è l’analisi, dove l’approfondimento? Mi si snocciolano venti nomi e va bene, ma di quanti altri dovremmo parlare per capire davvero cosa stia succedendo nel doom di oggi?
Andiamo anche peggio con “Gli album che ci siamo persi di questo 2020”: una lista sterilmente arbitraria fatta dalla redazione. Sembra la top ten di fine anno di cui ci inondano le spompe redazioni delle webzine, solo che RRAZORR la pubblica a marzo.
Lo speciale dedicato al Traditional Heavy Metal, ricco di interviste e con un bell’articolone di Fuzz e Giusti, è forse il solo che davvero abbia un po’ di senso, poiché il fenomeno è reale, ma appena nato. Sono solo dieci anni che c’è questa cosa definita con poca inventiva NWOTHM, ma le cose iniziano a farsi interessanti proprio ora.
Però adesso che RRAZORR se ne è occupato, del nuovo Doom, del Traditional e pure del neo black da cameretta, non vi aspettate ancora articoli su questi settori, delle rubriche fisse continuamente focalizzate su ciò che sta accadendo riguardo le ipotetiche nuove scene.
Probabilmente in futuro troverete lo speed metal ugandese, il pomp finnico, il progressive-rock russo e via così. Venti band, un cappello e avanti la prossima new sensescion!
Perché così come l’occulto e il rock in Italia del numero zero (a cura di Marco Grosso) ogni argomento trattato su questo RRAZORR numero uno, è stato esaurito e bruciato con il numero uno stesso.
RRAZORR è tutto qui, caccia fenomeni veri o presunti ma rigorosamente attuali, da infilare in una teca, su cui scrivere il poco che si può scrivere, citando le band importanti e passando ad altro senza più pensarci.
Mi domando quindi di questo passo, quanto possa durare il progetto RRAZORR. Un conto è rimanere aperti alle novità e seguirle, credendoci e sostenendole (cosa che si faceva con Psycho!) un altro è focalizzare filoni e scene nuove ed esaurirli in poche pagine, come si è sempre fatto col vecchio in Classix e soprattutto Classix Metal. Sapete no, le 20 band power canadesi, le quindici band horror metal, le 30 band thrash olandesi e così via.
Diciamo la verità. Non sta succedendo moltissimo là fuori, non nel metal. Il Fuzz ha solo deciso di occuparsi del nuovo perché, cosa accaduta già ciclicamente con Psycho/Classix, si è rotto il cazzo del vecchio, così come si era rotto il cazzo del nuovo diciotto anni prima.
Cosa è cambiato da sei anni fa, quando mi disse in un’intervista per Sdangher che i gruppi giovani morivano già al terzo disco e se li intervistavi non avevano nulla di interessante da raccontarti? Sicuramente ci sono delle differenze ma in lui, non nelle nuove band, che invero muoiono ancora presto e non hanno granché da raccontare oggi più che mai, visti i continui lockdown, i tour estinti, i dischi registrati in chat: cosa pensare delle rockstar chiuse in casa che fanno video osceni, spettinati e imbolsiti?
Se RRAZORR seguiterà a bruciarsi gli argomenti poi, finirà per dover scovare scene e fermento dove non esistono proprio. Il genere è in crisi da vent’anni, le novità sono scoreggine uscite da cadaveri chiamati power, prog, doom, black metal. Questa è la verità. Certo, ci saranno sempre gruppi interessanti, anche troppi, ma sembrano tutti fluttuanti in un sistema dove ognuno può esistere nel proprio orto ma nessuno è davvero necessario all’insieme.
E non venitemi a parlare del geometal e geo rock di paesi fino a pochi anni fa tagliati fuori da questi generi. Roba come Myrath o Melechesh, non aggiungono chissà cosa, sono solo degli obbrobri globalizzati di etno-sbobbe con le borchie e la doppia cassa.
Voler basare una rivista sull’ora e il domani, quando il rock e il metal stanno praticamente morendo, e le edicole stanno chiudendo una al mese, non è ottimismo ma una dissonanza cognitiva.
Fuzz comunque mette avanti tutte le mani possibili: è un progetto, dice, se vendiamo abbastanza, se la salute regge, se usciamo dalla zona rossa, se e ancora se… allora arriverà il numero DUE e magari il TRE. Roba da Fanzine altro che rivista, vi pare?
Del resto, hai cinquantasei anni. Va bene l’esperienza ma io mi sentirei a disagio a scrivere a quell’età di un gruppo di diciottenni che pubblicano brani su bandcamp, senza citare bandcamp ma seguitando a collocarlo in un contesto di dischi, recensioni e labelz.
Poi devo ammettere che il parco firme è abbastanza anonimo. Classix e Classix Metal avevano nomi grossi (che se ne so’ annati) mentre questa rivista è all’ottanta per cento scritta da Lorenzo Becciani, gran soldato, instancabile e fedele, ma terribilmente monotono. Gli altri sono praticamente un corredo a lui, compreso il valente Marco Grosso, mio amico e ormai altro fresco dimissionario della vecchia redazione del Fuzz.
Nei ringraziamenti si profilano futuri innesti che mi fanno accapponare la pelle, ma lasciamo stare.
Il momento di scommettere sulle nuove leve però arriverà presto, temo. Volente o nolente, perchè Fallucca non so di che altro potrà scrivere se il Fuzz gli ha già archiviato il doom e Ste Giusti pure lui, ha poca dimestichezza con il mathcore bresciano: il pezzo sul Traditional Metal non poteva che essere affrontato da lui, ma se non ci sarà più spazio per l’epic, il power o il metallone classico, come sopra anche sotto, pure Stefano sarà inutilizzabile. Si limiterà a fare tandem con Della Cioppa nella rubrica di vecchie cagate che continueremo a perderci o si defilerà da RRAZORR.
La sfilza di firmette che si scorgono nel reparto recensioni (Wishlist) sono il futuro prossimo di RRAZORR. Da qui non si capisce bene il potenziale (e nemmeno il senso di continuare a recensire). Sicuramente il Fuzz li addestrerà e li porterà al livello che gli occorre, ma avrà il tempo di riuscirci? Il mercato impietoso darà modo a RRAZORR di durare così a lungo?
Comunque, la rivista ha un impatto grafico molto piacevole e probabilmente vale il prezzo che chiede. In confronto a Rock Hard è il migliore degli inferni possibili. Invecchierà però malissimo. Già immagino la tristezza di chi tra tre anni sfoglierà le pagine sui dischi che ci siamo persi nel 2020, le interviste a tutti i mister nessuno di Becciani, la copertina dedicata ai Tribulation, che si sa, ormai abbandonati dal loro geniale leader e compositore unico Jonathan Hultén, sono praticamente un’agenzia funebre che porta in giro una bara e non una testimonianza di un fulgido avvenire.
Così come il Fuzz, nel video di facebook tiene in mano quella che sembra un testamento di scommesse andate a male e non una prova della sua lungimiranza.
Sapete perchè?
Perché con RRAZORR lui vorrebbe guardare al futuro ma con l’ansia di un vecchio redattore di controllare quel futuro e trasformarlo in “questo l’abbiamo già coperto”.
Secondo me è umano. Alla sua età è dannatamente umano non credere nell’avvenire e pensare che il meglio ormai sia stato. Classix e Classix Metal in questo senso erano la sua onesta posizione di ultracinquantenne con la frezza.
Fuzz può fingere di farlo, credere al futuro e al presente, dico, ma solo nella speranza di compiere ancora una volta uno scacco editoriale, che ahimé temo non gli riuscirà e probabilmente è cosa che ha capito anche lui. Sono finiti i tempi delle riviste e delle edicole, sono finiti i tempi del Fuzz come lo conosciamo. Amen.
E inoltre, questa cosa la tengo per ultima perché vorrei che fosse un deflagrante sipario alla mia analisi sul fallimento probabile di RRAZORR.
Nonostante voglia parlare del presente e del futuro, continua a comportarsi come se esistessero solo i negozi di dischi, come se bandcamp, spotify e youtube non fossero la vera realtà fruitiva.
Esclude completamente il mondo fuori, quello vero, continuando a scrivere per lo stesso pubblico anziano e passatista di Classix Metal. Lì però c’era coerenza, qui c’è solo un disadattamento evidente e impossibile da sconfiggere.
Puoi rigirartela come ti pare ma è finita, cazzo.
Voglio dire, Psycho era moderna, sintonizzata sul presente, ma lì Fuzz era un trent’enne scalpitante con una redazione di penne validissime, per quanto inesperte, ma cresciute leggendo Metal Shock, non Metalitalia. Psycho aveva il cd allegato e questa cosa appariva moderna, coraggiosa, audace, così come oggi apparirebbe fuori da ogni grazia divina.
Oggi a sfogliare RRAZORR è palese la dissociazione nei confronti del mondo reale di cui si vorrebbe raccontare. Un mondo che non è fatto di muri di dischi alle spalle degli appassionati, ma di ragazzini che scoprono i Tribulation su spotify e si limitano a infilare due canzoni nella loro playlist e sbattersene il culo delle altre otto. Magari i millenial metalz passano molto più volentieri il proprio tempo a sentire i Gore Vomitus su bandcamp che leggere qualcuno che gli dica di ascoltarsi i Gore Vomitus.
Probabilmente il Fuzz dedicherà uno speciale autoconclusivo (nel numero due o tre) firmato da Della Cioppa su Bandcamp e la selva selvaggia dell’internet. Magari si intitolerà “Bandcamp, questa nuova realtà che piace tanto ai giovani d’oggi”