marco dimitri

La Santa Inquisizione, la piccola Italia accusatrice e il Charles Manson bolognese

Benvenuti, cari equinidi di varia natura che ci seguite. Entrate e mettetevi comodi. Voglio parlarvi di un personaggio che ha diviso e interessato la nazione intera negli anni novanta, rendendo il Bel Paese un posto che potrebbe tranquillamente trovarsi a proprio agio nei secoli bui dell’Inquisizione.

Da una parte le “streghe” le rappresenta il protagonista della storia, figlio difficile di famiglia sfortunata, che perde la madre giovanissimo e viene praticamente dimenticato dal padre poliziotto, il quale si rifà una vita lontano da quel giovane dallo sguardo torvo e sempre accigliato.

Marco Dimitri era un personaggio in grado di dividere i pareri che lo volevano ora spietato carnefice di bambini, violentatore di minorenni e baluardo dell’Italia satanica delle sette e delle messe nere, ora vittima innocente di una girandola mediatica imbastita ad arte.

Di lui sappiamo per certo che durante l’adolescenza adotta volentieri atteggiamenti ai limiti dall’asocialità, compie scelte personali discutibili (si parla di prostituzione, di profonde crisi depressive, di una grossa difficoltà a relazionarsi col mondo che lo circonda, ma pur sempre di cose pericolose solo per Dimitri stesso, che non coinvolgono più di tanto altre persone).

Quando è ancora ragazzo scopre il fascino del mistero, rappresentato in una prima fase dall’ufologia. Presto, frequentando gli ambienti connessi a questa sua nuova passione, viene in contatto con persone che gli fanno conoscere altre forme di occulto, conosce membri di gruppi che si richiamano al pensiero di Aleister Crowley, legge tutto ciò che trova su esoterismo, metafonia, paranormale e magia.

Fonda, in quel periodo, un piccolo gruppo con i compagni delle superiori con i quali condivide i nuovi interessi. Anche nel periodo in cui adempie alla leva obbligatoria trova persone da trascinare in questo suo hobby.

Una volta a casa, rimedia un lavoro fisso come guardia giurata, ma non abbandona i propri studi relativi all’occulto. Poco tempo dopo si trova a capo della neonata setta che tanto avrebbe fatto parlare l’Italia: i Bambini di Satana, un’associazione culturale fondata da lui e alcuni amici, legalmente registrata e da non confondere con i quasi omonimi Bestie di Satana, individui ben più pericolosi, che in preda alla loro follìa arriveranno addirittura a uccidersi tra loro.

A differenza di molti altri gruppi clandestini, che si nascondono alla luce del giorno, Dimitri e i suoi amici agiscono senza timore di essere giudicati dal pubblico. In città se ne parla da subito, ma è nel 1989 che arriva per essi la vera notorietà.

Salgono alle luci della ribalta diventando fenomeno di costume in quattro e quattr’otto, improvvisamente travolti da una frenesia di curiosità da parte dei media.

Si definiscono satanisti, ma non in senso malvagio, aggiungono. Professano, infatti, un culto non votato al male ma a una sedicente “libertà personale”, e dedito “alla conoscenza insita nell’animo umano”, dando di Satana una versione più pagana che anticristiana.

La cosa non manca, in ogni caso, di sconvolgere il grande pubblico bigotto di una nazione almeno formalmente filocristiana, portando gli “adoratori del Diavolo” nei programmi TV più famosi dell’epoca e dando loro accesso a una fama sinistra, che attira immediatamente migliaia di interessati, affascinati dall’alone di mistero e trasgressione relativi a Belzebù e i suoi comparastri.

Tra una trasmissione televisiva e un’altra, Dimitri finisce per trovarsi a faccia a faccia perfino con il famoso cardinal Milingo (prima della scomunica di quest’ultimo, quando ancora tutti lo stimavano come esorcista), innescando l’interesse della magistratura nei confronti del gruppo e del suo leader.

Seguono infiltrazioni e accuse infondate, ripetute, ritrattate, mai provate, arresti e consigli a “lasciar perdere” certe cose da parte degli inquirenti. Dimostrando un accanimento non comune, gli accusatori di Marco Dimitri arrivano infatti ad arrestarlo una prima volta, senza poter provare alcunché, su indicazione di un infiltrato della polizia che lo accusa di nefandezze varie in salsa di zolfo; solo che nel giorno indicato da quest’ultimo, il luciferiano imputato risulta in servizio a lavoro.

Uscito da tutta la vicenda pressoché illeso, Dimitri sembra in un primo tempo essersi dimostrato innocente, riuscendo persino a recuperare un po’ di beneficio del dubbio da parte di una piccola parte del pubblico.

L’Italia che non perdona però lo vede ormai come il nemico della fede. Si esprimono contro di lui le associazioni para-religiose, i più svariati “eminenti studiosi” del Signore delle Mosche e di infinite branche del male che più male non si può.

La Polizia lo vuole assolutamente mettere in galera, costi quello che costi, e la crociata contro i satanisti bolognesi diventa un affare più grosso di loro che, nel frattempo, si credono assolutamente fuori dai guai.

Puntuale arriva la nuova ondata di imputazioni, sotto il nome di Elisabetta Dozza, fidanzata (al tempo dei fatti sotto accusa) di un membro della setta, che per motivi mai chiariti del tutto, decide di accusare il proprio ragazzo e altri appartenenti al gruppo di violenza carnale.

Ma non basta ai detrattori questa infame colpa. Vi si aggiunge la supposta presenza ai riti di un bambino che viene, secondo quanto dichiarato in un primo tempo, infilato urlante in una bara e qui stuprato a sua volta dai satanisti (il che risulta già di per sé piuttosto complesso a pensarci un attimo).

Ovviamente non vi sono prove fondate, ma la prigione ingoia ugualmente Marco Dimitri, privandolo di tutto in virtù di un verdetto che si rivelerà ingiusto.

Non vi annoierò con le fasi del processo, i più vecchi tra voi lo ricordano certamente. Il mio scopo è quello di esaminare la psicosi collettiva, la passione italiana per le vicende torbide.  Ciò che invece mi interessa capire con voi è come questa vicenda abbia potuto tirare fuori il peggio dal pubblico e dal sistema.

I giornali dedicano ampio spazio alla vicenda, Resto del Carlino in primis, creando una macabra immagine amplificata all’inverosimile del bolognese, guardia giurata di giorno e ingrifato diabolista che molesta bimbi e ragazzine dopo il tramonto.

Le televisioni martellano per anni il pubblico, come sempre passivo e pronto a bersi tutte le notizie come oro colato, vere o false. In questa Italia dove si confonde il Grande Fratello con la verità, dove la gente gode a lasciarsi lobotomizzare dalla TV, il risultato è dirompente.

Ci provano gusto proprio tutti a sparare a zero, dagli esorcisti o presunti tali fino ad arrivare al team di esperti del Gris (associazione di studiosi cristiani).

I media, manco avessero atteso per anni una storia come questa, non si fanno alcuno scrupolo a distruggere la vita di una persona per il loro insaziabile appetito verso lo “scoop” ai danni del diverso di turno.

Marco Dimitri viene dichiarato colpevole dall’opinione pubblica prima ancora del processo, nonostante ad accusarlo fosse una ragazzina delirante e non vi fossero prove reali. Sarà in seguito dichiarato innocente e verrà addirittura risarcito dallo Stato per l’anno è più passato dietro le sbarre.

Quella che si viene a creare rispetto ai Bambini di Satana, ossia la rappresaglia mediatica nei confronti di una setta in fin dei conti innocua, è davvero una situazione unica e irripetibile?

La domanda è decisamente inquietante.

L’Italia che si ritiene minacciata dai satanisti da b movie americano era quella in cui un Dimitri poteva far scalpore, ma oggi il nostro Paese è davvero cambiato?

Dobbiamo temere che vi siano altri Marco Dimitri destinati a pagare il prezzo di una vita vissuta secondo regole non canoniche?

A queste domande, cari equinidi dalle idee spesso bizzarre e dai gusti “strani”, non saprei davvero rispondere. E Voi?