Exhorder (1990-1994) – Massacrare il papa fu una pessima idea!

La rabbia e l’odio sono espressioni umane, fanno parte di noi. La violenza va espressa, non repressa. Farlo con la musica è meglio che in mezzo alla gente.

Allora, vorrei scrivere questo articolo sugli Exhorder facendo una cosa praticamente senza precedenti: non trattare la questione infinita sul plagio commesso dai Pantera ai loro danni. Sono sicuro che la maggioranza del pubblico smetterà di leggere arrivato a “sono sicuro che” perché se non si parla dell’ingiustizia presunta, della disputa tra Exhorder e Pantera, non c’è praticamente altro da dire, per questi individui. O meglio, sì, gli Exhorder, figa, bella band, respect, figa, però i Pantera figa li hanno derubati figa. Poi interviene l’avvocato dei Pantera: va bene ma li Esorder non ci avevano mica Dimebag, i riff, le SONGS!

No, fermi, basta. Non è possibile, dopo 30 anni, evitiamo queste storie. Che poi, considerando noi in Italia, quando vennero fuori non ce li filammo quasi per nulla, gli Exhorder. Uscì solo un’intervista di due pagine su Metal Shock a diverse settimane dalla recensione di Slaughter In The Vatican, nel 1990. Se ne occupò Paolo Maiorino.

Il motivo per cui almeno Metal Shock intervistò gli Exhorder nel loro momento clou fu proprio lui, Maiorino, che per chi non lo sapesse, viveva negli Stati Uniti e garantiva questo genere di esclusive a un magazine italiano.

Paolo Maiorino attese Jay Ceravolo sotto il sole dell’estate di New Orleans per un’ora e mezza, e non lo strozzò perché era troppo disidratato per farlo. Non gli domandò nulla riguardo la somiglianza con i Pantera. Questo perché probabilmente allora non è che tutti stessero a pensare ai Pantera, anzi.

Allora abbiamo fatto un grosso errore. Per lo più suonavamo solo nelle grandi città qui intorno. New Orleans, Dallas, Houston, Baton Rouge, San Antonio, ecc. Le band di qui dopo di noi come gli Acid Bath hanno suonato anche in tutte le piccole città e hanno fatto un sacco di soldi oltre a costruirsi una reputazione più forte come band dal vivo. Tuttavia, quelli che ci hanno visto dicono ancora oggi di aver assistito a qualcosa di speciale. Non abbiamo fatto un vero tour negli Stati Uniti fino a The Law.

Del resto, e qui chiudo, nessuno si è mai sognato di portare la questione in tribunale, segno che il furto di un “sound” non è così incriminabile e che dopotutto, gli Exhorder hanno sempre saputo cosa era loro e cosa anche loro dovevano a qualcun altro.

Del resto, se gli vai a domandare a Kyle o LaBella come avessero creato il proprio sound, loro ti risponderebbero che per fare un sound ci vogliono i soldi e i produttori giusti, e purtroppo, né Slaughter In The Vatican (con Scott Burnes a mezzo servizio) né quel tipo, Rob Beaton su The Law, erano in grado di tirar fuori ‘sto benedetto, anzi maledetto “sound”.

Quindi non c’era neanche il “sound” e la cosa più vagamente avvicinabile al casino compresso che gli Exhorder producevano dal vivo, davanti a 700 persone a botta, è il demo di Slaughter Of The Vatican. Il disco prodotto da Burnes invece, parole di Kyle, “suona come un altro disco death metal, mentre noi eravamo qualcosa di diverso dal death metal”.

Ma non fu quel demo a far impazzire Phil Anselmo. Fu quello prima: Get Rude. Lo duplicò a mezzo Texas, a quanto pare. Era un gran fan della band, non è un segreto.

So cosa state pensando, ma non era mia intenzione che lo pensaste.

1990 – 1994 – LA FASE STORICA DEGLI EXHORDER

Adesso parliamo della fase storica di questa band, vale a dire dal 1990 al 1994, analizzando i motivi che ne hanno determinato l’implosione. Chiaramente il gruppo iniziò con una brutta scivolata discografica. Firmò con un’etichetta chiamata Mean Machine, che fallì. Magari tutto sarebbe anche finito lì, se non avesse deciso di planare come un rapace arrembante la Roadricer, che di lì a poco si sarebbe chiamata… Roadrunner, esatto, bravissimi.

Non fu un lieto fine, e adesso vi dico dopo perché.

Slaughter In The Vatican uscì e… non è che successe granché. Era il 1990 e a meno che non foste vivi e attivi di portafogli nei negozi di dischi, o che non abbiate studiato bene la Storia, in quell’anno uscì pure il ciborio (nel senso che uscì di tutto).

E in ambito estremo, mettendoci anche il thrash europeo e statunitense, ci fu davvero troooppa roba.

A parte Cowboys From Hell, nell’underground fu uno scoppiar di pustole suppurate a dovere: Left Hand Path degli Entombed, Deicide dei Deicide, In The Name Of Suffering degli Eyehategod, Cause Of Death degli Obituary.

Nel thrash la media era Twisted Into Form dei Forbidden e Coma Of Souls dei Kreator, e l’apice assoluto fu Rust In Piece dei Megadeth, mentre iniziarono ad affiorare i primi segnali di stanca presso altri nomi grossi: Souls Of Black dei Testament, Impact Is Imminent degli Exodus, Cracked Brain dei Destruction Act III dei Death Angel. Sono lavori che io amo, ma diciamo la verità, non potevano assolutamente competere con le nuove leve del death. E gli Exhorder si piazzavano, lo scrive anche Maiorino, a metà di queste due correnti. Death e thrash.

E ovviamente loro dissero di non riconoscersi in nessuno dei due filoni. Di essere gli Exhorder, che cazzo.

Che avrebbero potuto dire?

Musicalmente Slaughter In The Vatican apparve agli esperti più riccardosi come un lavoro musicalmente apparentato al thrash cazzuto dei vecchi Slayer/Kreator e sborrante inferno, mentre le liriche tenevano testa alle crudeli macellerie patologiche di Cannibal Corpse e le invettive solforose dei Deicide. Il motivo però che risparmiò gli Exhorder dal finire nel cannone di carne del death floridiano e newyorchese fu che Kyle non gutturava ma urlava in un modo più vicino alla vecchia scuola della baia.

È stato detto che siamo arrivati ​​troppo tardi e che siamo arrivati ​​troppo presto. Siamo stati sicuramente presi tra alcune volte che potrebbero essere più adatte a noi. Tuttavia, avremmo potuto fare di più se avessimo lavorato di più.

Troppo brutali per il thrash e non abbastanza per il death. Allora se non è né thrash né death, non è facile vendere la roba che fate, ragazzi. Tanto più che un titolo del genere e una copertina come quella eliminava sul nascere la possibilità agli Exhorder di finire nel giro dei grossi centri commerciali, nelle catene di negozi principali. Ecco spiegata la bassa circolazione di un lavoro così. Cowboys From Hell, giusto per dire, aveva un titolo da cartone animato e una copertina davvero scema. Era apparentemente innocuo.

Capite anche perché gli Exhorder ebbero un tragitto diverso e meno fortunato? Se lo scelsero così.

Magari avrebbero potuto dire, “sì, noi siamo deathsterzi”, cavalcando l’onda non proprio lunga del nuovo impero del male, ma gli Exhorder vivevano dei tempi molto diversi da oggi. Ora una band, dal momento che mette un piede fuori dice esattamente in quale sotto-categoria ha deciso di incularsi.

Negli anni 90 i metallari facevano i vaghi, si tenevano larghi e a parer mio erano più intelligenti per questo. Del resto i gruppi faticavano proprio a calarsi in una sotto-categoria. Sollecitati a identificarsi in un compartimento, tutti esprimevano una incapacità imbarazzante. Gli Overkill dicevano di essere power metal, e questo al tempo di Under The Influence e The Year Of Decay.

Gli Exhorder invece dissero di avere una certa parentela con il thrash ma di non essere proprio sintonizzati con quelle dinamiche. Loro amavano tanta di quella musica da non sapere bene come sentirsi. Anni dopo qualcuno disse… ma voi eravate groove.

Ah!

IL GROOOOVE METAL!

I giornalisti del 1992-93, rinunciarono a piazzare gli Exhorder nel death, visto che The Law mollò un po’ di abrasività. I pennaroli delle riviste se la cavarono definendoli “thrash evolutisti”. Quelli della bay area, inclusi i Sadus, si sentirono offesi, ma lasciamo perdere.

Di sicuro gli Exhorder erano l’evoluzione di qualcosa. Come tutto quanto nella musica e in ogni settore dello scibile umano. Anche io sono l’evoluzione, che vi piaccia o meno, di qualcuno che ha già scritto di queste minchiate. Evoluzione o involuzione sono sinonimi a seconda di chi è interpellato.

Io penso che gli Exhorder fossero un’evoluzione degli Exodus. Momento. Aspettate. Intendo evoluzione nella violenza attitudinale degli Exodus del periodo 1983-1985. Senza rendersene conto, o almeno io penso che non lo sospettassero, ricordavano nelle interviste, nel loro primo album e sul palco, i ragazzini terribili di Bonded By Blood.

Slaughter In The Vatican era la traduzione per gli anni 90 di quel calcio nei coglioni spinato. Questo non fosse stato per un milione di “se” che non mi prendo nemmeno la briga di elencare.

Però c’è un particolare curioso che ho scoperto, scavando in giro nella rete. Sapete qual è il brano che Kyle cantò quando entrò negli Exhorder e, di conseguenza, sapete qual è la canzone che la formazione storica degli Exhorder suonò per prima? Deliver Us To Evil degli Exodus.

Bam!

Attenzione, non sto dicendo che gli Exodus e gli Exhorder sono collegabili a livello stilistico, ma nell’attitudine e nell’impatto sì. Stessa cattiveria, stessa bastardaggine, medesima, inquietante, visione psico-sociale.

Basta spingere play e sentire le urla di Kyle Thomas. Slaughter In The Vatican non era solo tremendamente blasfemo (è a tratti di una tenerezza infantile, come in cose tipo Legions of Death). No, era proprio fastidioso e inquietante, soprattutto era, ed è, e sarà sempre, malvagio.

Desecrator, Homicide e Anal Lust sono un trio di pezzi in cui la violenza si esprime in rima, senza alcun giudizio moralistico o ammiccate da finto ribellisti in cerca di figa. Questi tizi venivano dal male: le strade di New Orleans, dove ci si scannava in ogni angolo più di oggi. Nel 1990 Chris Neil, Vinnie Labella, David Maine e Andy Villafarra erano dei giovinotti sfigati così pieni di rabbia che ogni tanto finivano pure in galera. Il solo modo che rimediarono per non ammazzare qualcuno e mettersi in guai ancora più seri, fu chiudersi in una saletta e sputare sangue, sudore e merda dalle casse degli amplificatori, immaginando di squartare vivo il papa.

Non è semplice retorica. Gli Exhorder, come i primi Deicide o Morbid Angel, erano seriamente pericolosi. Poi si sarebbero lasciati addomesticare, avrebbero guadagnato rigore e lucidità, ma all’inizio non era sicuro di cosa cazzo avrebbero potuto fare. I Mayhem andarono oltre, ma per una serie di circostanze fortuite, qualcosa del genere non capitò anche ad altre band. A vent’anni, mentre vuoi farti notare dicendo cose brutte e cattive, può capitare che tu decida di combinare qualche cazzata pur di impressionare il mondo e farti prendere sul serio.

Burzum si comportò così.

Ma riprendiamo un attimo il discorso stilistico. Cosa ispirò il grooooove degli Exhorder prima che qualcuno riciclasse una parola associata ai Funkadelic e la spalmasse su una serie di band in calzoni corti e l’aria da destrorsi del sud? Beh, il vecchio thrash, ovvio, ma per dire, nominate gli Slayer e Kyle scuoterà la testa. Forse li hanno recuperati dai Kreator, con gli assoli dissonanti che si sentono in molti dei loro pezzi, però il tiro e la pronuncia veloce delle liriche viene dalla scuola del crossover di D.R.I. e COC, non da Araya.

Però attenti, stiamo parlando di un ambiente come New Orleans, capite? Dove il blues e il jazz colano dalle grondaie, trasudano dai muri, sgocciolano dai coltelli degli assalitori misteriosi e rimbombano sotto le coltri di marmo del vecchio cimitero monumentale, che è tra i posti meno indicati dove fare un viaggio con l’LSD tipo Easy Rider e soprattutto combinare porcherie omoerotiche (un qualsiasi libro di Poppy Z Brite prima della svolta Gender).

IL DRAMMA DI ANDY E FRANKIE

Il vero dramma negli Exhorder di quei giorni lo visse Andy Villafarra, il bassista. Era bravo, in gamba, ma totalmente succube della madre bigotta. Immaginate la faccia di lei quando uscì Massacro in Vaticano. Avrebbe dovuto farsi un paio di domande e abbracciare suo figlio, dirgli, vieni qui, ricominciamo da zero, non voglio sapere perché hai fatto una cosa del genere, evidentemente ho esagerato con certe questioni spirituali. Ma per carità. Prese Andy e lo portò sotto la sua veste olezzante di umori sinistri, proibendogli di suonare ancora con quei delinquenti degli Exhorder!

La band quindi si diede molto da fare per trovare un sostituto di Villafarra, perché non era facile suonare come lui. Aveva portato il livello tecnico troppo in alto per gli standard del giro che bazzicavano. Fortuna che arrivò uno con una slappata che levati e un cognome davvero fico: Frankie Sparcello.

Adoro come suona il nome Sparcello. E adoro come suona lui il basso.

Nel disco The Law, che fu il suo testamento assoluto, visto che poi è morto e non ha lasciato cose più memorabili di quella, c’è un brano che si intitola Un-born Again. A sentirlo oggi sembra una tamarrata crossover satanista, e in fondo lo è, ma ha un tiro così genuino e naturale che non ci si fa troppo caso. Viene da pensare: “ehi, gli Exhorder fanno i Suicidal”, ok, ma poi ci si accorge che è un gran pezzo e soprattutto è il solo a suonare in quel modo. The Law è un album molto più vario di Slaughter e ci permette di capire quanto gli Exhorder avrebbero potuto dare… o forse no, quanto non ci hanno mai potuto dare, in definitiva. Va beh…

In realtà avevamo Papa Giovanni Paolo II appeso al nostro logo con il Vaticano che bruciava sullo sfondo mentre i bambini piangevano e pregavano ai suoi piedi. La Roadrunner ha detto di no, e non sono troppo innamorato della copertina finale. Non fa schifo, ma non ne sono innamorato.

Gli Exhorder del periodo 1990-1992 non stavano tanto bene con la testa. Venivano tutti da scuole cattoliche. Erano cresciuti con i precetti del catechismo di Don Matteo. Quelle cose, sapete: l’anima va in cielo tra le nuvolette; se non ti comporti bene c’è Satana che ti infilza le palle col forcone e se invece sei bravo c’è anche Babbo Natale: ma la Vergine Maria piange se ti tocchi…

Una volta usciti da quelle dimensione di ovatta e borotalco negli occhi, Thomas, Labella e gli altri capirono presto che le cose non stavano così. E si arrabbiarono molto. Ma non solo con la chiesa e il papa.

Tenete presente una cosa che forse vi sfugge: non stiamo parlando dei Prophilax, capite? Non è come farlo in Italia. Negli Stati Uniti c’è gente che ha uno stile di vita così radicalmente religioso e così radicalmente guerrafondaio, da non pensarci due volte, aspettare la vostra band fuori da un locale e sparare a chi è responsabile di un affronto così estremo al caro signor papa. Viva Gesù, muori porco!

Quindi gli Exhorder forse non si resero conto di quanto stessero esagerando, volevano esagerare ma non pensarono bene alla misura del casino che avevano deciso di imbastire.

Dopo qualche anno si accorsero di una cosa: puoi parlare di scoparti Geeeesù e Maria Maddalena, ma fare il culo al papa non fu molto semplice da metabolizzare per il mondo là fuori. Vaticano era una parola mai usata prima nel metal. Nessuno aveva fatto nomi e luoghi precisi, capite? Fu quello il più grande shock. Così come la copertina, in cui si vede una specie di Gran Passero, inquadrato da dietro, che viene condotto alla forca.

Una cosa davvero, davvero…

THE LAW OF EXHORDER

Di nuovo, disastroso. Non eravamo per niente pronti. Penso che probabilmente abbiamo bevuto troppo allora. Questo è tutto ciò di cui ci fregava. Nessuno dei due album è soddisfacente al 100% per noi.

Vi dirò una cosa. Tra Slaughter e The Law io preferisco The Law. Non è una questione di merito ma puramente generazionale. Quel disco mi parla di più dell’altro, ecco. Quando lo ascolto ho più visioni, penso di più e mi agito di più. I residui rimasti a leggere avranno mollato la lettura a “io preferisco The Law” ma non importa.

The Law secondo me è un grande album. Anche Slaughter Of The Vatican lo è. Lo sarebbe pure se dicessi di no, capite? C’è poco da discutere.

Ma The Law è più decadente, stressato, corroso e infido. Ci sono arpeggi e ritornelli, persino qualche melodia, ma è in quel disco che gli Exhorder tentano di competere con le fottute aspettative, con i Pantera e la crisi del mercato metallaro. Ed è con quel disco che inevitabilmente, gli Exhorder sono caduti a tappeto. Però non tanto per colpa loro. Erano ragazzi e andavano protetti. La Roadrunner li bruciò, come molti altri gruppi in quel biennio di follie e voluttà contrattuali.

Ora vi racconto cosa combinò la Roadrunner.

La Roadrunner tra il 1990 e il 1992 fece il grave errore di puntare su troppi cavalli, mandandone una fitta mandria al massacro del mercato: Slaughter of the Market, esatto. E sprecarono un sacco di talento vivo nella speranza di ritrovarsi con qualche nome ancora in piedi dopo la sbornia cimiteriale di inizio anni 90.

Alla fine del 1992, quelli della Roadrunner aprirono la finestra e contarono i vivi e i morti. Mollarono le band death metal, conservando giusto le più grosse ma lasciandole languire nel proprio pollaio a pane secco e acqua sporca. Parlo dei Deicide e degli Obituary.

Puntarono sul nu thrash. Monte Conner ancora dice che era quello a eccitarlo davvero ed era il nu thrash che il mondo voleva ascoltare al tempo. Anche se poi il botto, la Roadrunner lo fece con un lavoro strano e plumbeo come Bloody Kisses dei Type O. E riguardo al nu thrash, lasciarono evaporare il nome più pregiato che avevano in casa. Si accontentarono dei Machine Head e mollarono gli Exhorder a se stessi.

Voglio dire, hai una band del genere in casa ma dopo un paio di lavori è già spompa, cosa è successo? Monte Conner avrebbe potuto chiamarli, invitarli a cena, parlarci come a dei figli reietti, scannare il vitello grasso e arrostirlo, e poi capirci qualcosa. Invece The Law fu il punto finale.

The Law è un lavoro più intellettuale rispetto a Slaughter. Il primo album era una via di mezzo tra le porcherie caccolose di un pugno di ribelli espulsi dal liceo e la sofferenza ormonale, mentre il secondo parla delle stesse cose ma è più contestualizzato. Se nel primo disco l’eroe da omaggiare è il disadattato oppiomane Poe, qui Kyle tira in ballo Nietzsche e Crowley. Lo fa in modo superficiale e cafone, nel tentativo di darsi un tono, ma di fatto recupera bene, prendendo la tangente più esistenzialista e meno macabra. Inoltre, la figura di Crowley è reintrodotta in modo più misterioso rispetto al passato. C’è chi assicura che dall’ascolto del brano The Law, la letteratura di Thelema ha avuto una buona impennata di lettori, nel giro metallaro.

E poi rispetto alle invettive crude di Vatican, l’anticlericalismo e l’antibigottismo sono espressi in modo decisamente più sottile e grottesco in The Law. Prendete Unforgiven, storia di un tipo che va con le mignotte e supplica dio di salvarlo. Alla fine, sul letto di morte, con il cazzo bollito di sifilitiche reminiscenze, non viene perdonato (alla faccia del tanto Dio perdona tutti); Pensate al più inquietante e barkeriano I Am The Cross, dove una specie di incrocio tra il dio dell’antico testamento e qualcosa di non ben definito arringa un piccolo bestiario umano, spolpandogli l’anima dalle ossa.

Ma torniamo a Poe e l’esistenzialismo.

C’è una cosa che forse non molti avranno notato nella discografia classica degli Exhorder. Si apre e si chiude con un funerale. Il primo brano di Slaughter è un pezzo che parla di un uomo sepolto vivo, ok? Si intitola Death In Vain e racconta di un tipo che sente di essere vivo in una bara e spera che qualcuno venga a salvarlo prima di morire soffocato. Più Poe di così si muore, ma in realtà c’è un racconto di Federigo Tozzi che si avvicina maggiormente a questa visione. Si intitola Un morto ma credo che Kyle Thomas non lo conoscesse e non lo conosca neanche ora. Alla fine del brano, la storia culmina con una sorpresa. I vivi scavano, hanno il sospetto che il morto non sia morto. Lui li sente avvicinarsi con le pale, spera di essere salvato, di riabbracciare i suoi cari, di tornare a vivere ma… tadàn, i vivi lo guardano e scuotono il capo. Vedono solo un morto. Bye Bye.

Alla fine di The Law c’è ancora un funerale: Cadence Of The Dirge.

Kyle descrive una parata funebre. Carro, limousine, un corpo, un cielo autunnale, cuori di pietra, foschia grigiastra dei cieli autunnali, i cuori freddi di pietra che si ritraggono tra i coltelli dentro un sogno che si affida al dolore resuscitato da una ghirlanda nera…

Ogni fine di strofa uno stop.

Rispetto a Death In Vain, Cadence Of The Dirge non intona una storia “eiree”, ma una roba molto più profonda e amara. Si parla d’amore e di lamento eterno sul muro della morte. Non è thrash slayeriano che spinge a tavoletta mentre la voce urla un racconto macabro. Si tratta di una cosa più doom. Musicalmente sembra un pezzo dei Nevermore prima dei Nevermore. Provare per credere, a tre anni d’anticipo sul disco del 95 in questo brano già c’è tutta la visione di Loomis e Dane.

E qui mi riallaccio al discorso degli Exhorder come anticipatori di tanta roba. In The Law, per dire, ci sono gli armonici che useranno i Machine Head fino al vomito. C’è ovviamente tutto il groove metal e il southern che sentiremo negli anni successivi, ma soprattutto c’è una versione alternativa al death metal che nessuno prese in considerazione.

Insomma gli Exhorder, negli anni in cui il vecchio thrash tirava gli ultimi schioppi, sembravano davvero il futuro.

In effetti lo sono stati.