Ovviamente tutto quello che leggerete è SECONDO ME, questo povero cavallo pazzo che vi scrive da qualche parte del multiverso. Prendetele come ciance personali e nulla più. Non parlo a nome di un movimento culturale, anche se Marco Grosso, Denis Bonetti e Paolo Liguori la vede allo stesso modo. Voglio però condividere con voi una serie di riflessioni sullo scrivere di metal oggi e su come farlo domani.
Credo che sia giunto il momento di smetterla con certe cose e di darci dentro con altre. Questo se vogliamo continuare a essere letti da qualcosa che somigli a un pubblico e non una vaga eterogeneità di cliccatori compulsivi che va sempre più scemando.
Punto uno, è diventato inutile accumulare dati nel nostro cranio e sfoggiare un tipo di sapere informativo fatto di nomi e titoli. Potete essere i più grandi conoscitori ma l’epoca di Lascia o raddoppia è morta. Anche io faccio la mia porca figura a cena con gli amici, se inizio a parlare di certi registi, film, gruppi che conosco da anni: ricordo date, line-up, nomi di sceneggiatori e registi, attori, produttori, titoli di libri, di racconti… ma questo credo ormai equivalga al sessantenne che quando si scatena in pista sa dove mettere i piedi impastando un minestrone di twist e febbre del sabato sera e non si limita a camminare sul posto con l’aria da scemo risentito come i figli della techno e dell’ecstasy.
Paradossalmente il mio sapere si ferma al 2005 o giù di lì. Dopo è tutto una nebulosa vaga ed… è colpa di Internet, già vi sento.
Non voglio che mi fraintendiate. Io stiro e ammiro chi si ricorda intere discografie, inclusi gli EP, le rispettive date, le formazioni, e senza usare il PC. Va bene se sapete già tutta quella roba, se siete cresciuti in un tempo dove non si poteva attingere a un database e ci si doveva affidare alle proprie capacità mnemoniche era inevitabile costruirsi una cultura per via analogica, faticarla disco dopo disco, leggendo e rileggendo vecchie riviste.
Ma ora scrivere sapendo le date e i nomi, a cosa serve? Continuare a ricordare a memoria le formazioni, le discografie… questo non è più reale sapere, capite?
Significherebbe sapere l’alfabeto morse al tempo dei cellulari. So che molti metallari preferiscono andare in calesse e ignorare le automobili, ma questo è abbastanza sciocco, non vi pare?
Potrete fare gli esperti tra amici, ma se siete scrittori potete anche smetterla di sciorinare dati a mani libere. Tanto non vi crederanno. Potrete pure dirlo che non avete usato Wikipedia o Encyclopedia Metallum per scrivere l’articolo sui Motorjesus, ma nessuno se la berrà.
Certo, le fonti in rete sono piene di inesattezze, ma ahimé, anche la vostra memoria lo è.
Certo, si deve appurare una data prima di prenderla per buona da una fonte qualsiasi, ma non è più necessario averla già nel cranio, mi spiego? Una volta accettato questo fatto, sarà tutta discesa.
Seconda cosa, mi spiace perché so quanto ci siete attaccati ma basta recensire. Scrivere di un album esprimendo la propria parzialissima opinione a chi serve più? A voi, forse, al vostro fottuto ego.
I lettori possono andare su youtube e sentirsi l’album in streaming, farsi un’idea e decidere se comprarlo o meno. Non hanno più bisogno di voi “espertoni del gusto” che gli dite cosa è fico e cosa no. Se proprio sentite il bisogno di indottrinare e influenzare il mondo, scrivete su facebook: “il nuovo degli Opeth è una merda!!!1!” e chi vi leggerà avrà la stessa informazione della rece di quattromila battute che pubblicherete su Metalitalia e se ne fotterà comunque.
Terza cosa, fatevi una vera cultura sul metal. No, non le date e i nomi, quelli potete recuperarli in rete. Intendo una vera cultura fatta di esperienza diretta. Esplorate i classici. Ormai potete accedere a milioni di album. Internet è una discoteca enorme a vostra disposizione. Ci sono anche tanti libri da leggere sulla storia del vostro genere preferito, ma è necessario che iniziate a completare la vostra preparazione sull’argomento. Il metal è una cosa seria. Non c’è una laurea ma è il caso che la prendiate ugualmente, mi spiego?
Spesso chi scrive di metal ha una cultura sul genere venuta su un po’ a cazzo: sapete tutto di un sottogenere con cui siete cresciuti, conoscete gli Iron Maiden, i primi cinque dischi dei Metallica ma forse non avete mai assaggiato un album intero dei Running Wild e vi permettete di ignorare bellamente Scum dei Napalm Death e i primi album dei Celtic Frost. Non potete conoscere solo quello che vi piace e ingurgitare compulsivamente i “dischi del 2019, del 2021 e del 2021 da coprire per la zinne su cui scrivete”, questo non è diventare competenti, chiaro?
Se volete scrivere di metal dovete conoscere tutti i lavori fondamentali e non solo quelli. Dovete sospendere il vostro giudizio su quello che è fico e quello che non è ed esplorare territori che non vi sono mai piaciuti. Potete conoscere tutto sul doom dal 1980 a oggi ma che mi dite del Nu Metal o del Deathcore? Ci sono dischi fondamentali anche lì. Vi fa schifo tutto?
Ma insomma, secondo voi un professore di Storia ignora Mazzini o Hitler perché gli stanno sul cazzo? Un professore di lettere può permettersi saltare a piedi pari D’Annunzio perché gli sa stronzo? Voi scrivendo di metal sostenete implicitamente una competenza sull’argomento che non avete. Siete dilettanti, amatori ma pontificate e millantate di conoscere abbastanza l’argomento al punto da potervi permettere di silurare un disco che vi è toccato coprire per logiche webzinare.
Conoscete il metal e di conseguenza gli altri generi che l’hanno ispirato e nutrito negli anni: punk, postpunk, hardcore, industrial, techno, elettronica, progressive, Sinfonica, il pop dei Beatles e degli U2, sentite di tutto, anche se vi piace solo il cazzo di metal.
Bisogna fare i compiti a casa se si vuole scrivere di metal. Non basta più la collezione di dischi. Con internet un pischello di quindici anni può saperne più di voi delle versioni demo di Pleasure To Kill, mentre voi avete quattro edizioni del disco sullo scaffale e basta.
Per scrivere, analizzare, approfondire, interpretare, ricostruire il metal come storia, movimento culturale, fenomeno sociale o patologia moderna, e farlo in modo sano e nutriente è d’obbligo mangiare variegato. Chi si ciba solo di pizza non ne sa più della pizza di chi mangia pasta e fagioli, tortellini, sushi e tortino di patate. Chi si ciba solo di pizza ha sicuramente il colon irritato e l’epidermide flaccida e pustolosa. Sostituite alla parola pizza il metal e capite cosa voglio dirvi.
Conosco gente che sente solo death metal. E conosco gente che sente solo i Death. Questo riduzionismo, che è un male sociale a tutti i livelli, non è sano. Significa essere coltissimi su un argomento e avere la patente di ignorare tutto il resto. Come se ogni cosa non fosse collegata a quel cacchio di resto. Pensare frammentario è il peggio che possiate fare. Ascolterete frammenti e penserete di conoscere a fondo le cose solo perché quei frammenti li state esplorando al microscopio da 40 anni.
Altra cosa, basta suddividervi in compartimenti stagni! Scrivere di metal significa scrivere. Prendete un disco o un gruppo e non vi limitate a fare i metallari che scrivono. Avete una laurea in botanica o una in psicologia? Non vi sono servite a un cazzo perché lavorate alla Cassa del Conad? Bene, usateli quando affrontate il metal.
Siete appassionati di filosofia o di ermeneutica? Allora dateci dentro. Perché avete smesso di essere psicologi dopo che avete consegnato la tesi di laurea? Il metal ha bisogno di storici, di filosofi, di avvocati, di melomani scatenati. E questo per dare più profondità e ampiezza possibile ai dischi, alla musica che amate.
Siete romanzieri? Ottimo, usate la vostra capacità narrativa per descrivere le visioni che un disco vi suscita o per raccontare dal di dentro la morte di Cliff Burton. Si può scrivere un biopic su Napoleone ma nessuno può farlo su Chuck Schuldiner? Perché?
Siete laureati in letteratura moderna? Allora prendete le liriche dei Priest e analizzatele dal punto di vista metrico e sul piano esistenziale. Avete una grande competenza in marketing? Bene, spiegatemi le copertine dei dischi dei Darkthrone dal punto di vista pubblicitario.
Tutto è stato già stato scritto sul metal. Quarantanni di Metal Shock, di Beppe Riva, di Classix Metal hanno già coperto ogni argomento ma in modo ormai scaduto, stantio. Io posso anche leggere un articolo sui Metal Church pubblicato da Rock Hard ma cosa c’è di diverso rispetto a quello che trovo su Wikipedia Inglese?
Si tratta di cronaca e info. Non c’è niente sull’ossessione di chi scrive, sulla fantasia di chi scrive e sul cuore di chi scrive. Perché mi interessa? Perché può esprimere anche la mia ossessione, la mia fantasia e il mio cuore.
Tutte le band sono state raccontate, i dischi recensiti, i sottogeneri canonizzati e messi a verbale, ma in modo sbrigativo, superficiale, agiografico e didascalico. La scrittura è uno strumento esplorativo. Quante volte vi capita di sapere cosa pensate di una cosa dopo averne scritto? Potete usarla per esporre il vostro sapere, ma la scrittura è un’attività mentale e fisica che può condurvi in luoghi impensabili. Non abbiate paura di scrivere e di affidarvi alla musica.
Il metal non è solo metal, così come la vostra passione per il metal non è solo una fisima da nerd per un genere da disadattati qualunque. C’è il vostro cazzo di uccello preso nella tagliola di questa musica, c’è la vostra anima in queste canzoni, la vostra vita, quella che forse non state vivendo abbastanza a fondo.
Iniziate a riversare tutti voi stessi in quello che scrivete e vedrete che ogni cosa è da riscrivere da capo, soprattutto ciò che è già stato scritto migliaia di volte sempre nello stesso cazzo di modo.
La storia degli Iron Maiden? Chi mi dice cosa provava Steve Harris quando fece la prima prova insieme a Blaze? Come fate a saperlo? Come fece Shakespeare a descrivere l’anima di Amleto? Voi non siete Shakespeare, nessuno può esserlo tranne lui, ma la tecnica è quella.
Prendete i Manowar. Sono stati ispirati da Wagner e da Nietzsche? Non basta dirlo. Bisogna entrare nella cameretta del filosofo tedesco, complessato sessuale, fisicamente fuori-forma, nevrastenico e prossimo alla follia. All’improvviso si apre una parete della sua camera e prima che gli cadano in terra gli occhiali ormai quasi inutili, lui vede degli strani ceffi in mutande pelose che suonano una versione infernale di una roba vagamente wagneriana. Ecco cosa voglio dire.
Penserete, cosa ce ne facciamo di simili vaneggiamenti? A noi interessano la musica, i dischi, le band.
Voi avete bisogno di suggestionarvi, di nuovi ingredienti che amplino la vostra percezione della musica, dei dischi e delle band e di allargare il più possibile il contesto di una canzone.
Una canzone è quella che è ma anche molto di più. Se la testa la si amplifica di visioni e di suggestioni extra-metallare, anche la canzone inizierete a percepirla in un modo più ricco ed esteso.
Un esempio: prendete The Thing That Should Not Be dei Metallica. Se l’ascoltate senza conoscere Lovecraft, il brano vi contagerà con quei ritmi battenti e i riffoni, farete su e giù con la testa e fingerete di suonare una chitarra. Bravi. Può bastare? Nell’86 sì, ma dopo quasi quarant’anni di chitarre invisibili e colli rotti?
A me no. Se ci aggiungo le descrizioni putride e minacciose dei Grandi Antichi, ecco che quel riffone centrale diventa la trascrizione mefitica dei cavalloni marini, la cui agitazione è nutrita da strani smottamenti sotterranei di qualcosa che sta svegliandosi e che riemerge fin sotto al vostro letto. Sentite di nuovo quel riff ma non è più la stessa cosa, dopo aver letto la fonte letteraria che l’ha ispirato. Lo troverete più grande e minaccioso. Questo su internet non c’è. Ecco cosa sto cercando di dirvi.
Scrivere di metal diventa difficile così, vero? Non basta più buttar giù quintali di rece su una webzine o fare gli esperti delle line-up? Ma se qualcosa deve sopravvivere, è necessario che faccia uno sforzo e si evolva, altrimenti muore.