Salve, metallari, ganzi e affini. L’altro giorno, mentre cianciavo di scrittura e giornalismo metal sul podcast di Benzo e Viking, Si stava meglio quando si stava metal, all’improvviso me ne sono uscito con un’osservazione che vorrei sviluppare meglio in questa stalla, assieme a voi zoccoli duri e zoccole impure che mi leggete senza mai perdervi un solo nitrito di questo cavallo baldanzoso e a tratti eroico.Si parte da una domanda: non vi sembra che il metal sia diventato un po’ troppo metal?
Cosa voglio dire?
Ecco, io ho l’impressione che il mio e vostro genere preferito abbia ormai preso la china dell’autofagocitazione di se stesso e quindi suda, defeca e rutta ancora se stesso, ma l’aroma biliare è più svuotato, disanimato, insterilito.
Voglio dire che il metal di oggi è inesportabile.
Non lo capirebbe nessuno a parte i metallari. Bisogna aver seguito tutte le puntate precedenti. Non c’è niente per chi viene da fuori. Non sa di nulla se non si è tra coloro che se ne sono nutriti per venti-trent’anni. Solo loro possono capire in fondo il senso di tutte queste piccole e certosine band, create calcando in modo fiero e un po’ beota le misure dei leggendari paladini del genere negli anni in cui la biochimica era dalla loro.
Vediamo dei ragazzini che si travestono da Raven, da Saxon, da Judas o da Helloween e ripropongono temi, attitudine, suoni in modo talmente perfettino da rasentare l’ossessione.
Se da una parte c’è una esasperata ortodossia, con tutti questi neo-traditionalist metallers e thrasher old skoolerz e deathsters entombist o dismemberist che fanno 45 anni in cinque, dall’altra è evidente che per tutti loro, certi costumini, determinate sonorità e posture mimiche non sarebbero mai state possibili senza quintali di video recuperati e studiati al millesimo su youtube, senza i mercati digitali di vinili e vintage-clothes d’epoca e senza questa neo-cultura nerdista e cosplayéra che è la base giovanile di quasi tutti i millenialini, traghettatori pedanti e poco ispiati delle vecchie battaglie lasciate in sospeso dai loro zii cresciuti nei miticianniottanna: che sia il metal, il raggae, lo slasher, il punk, l’hardcore, il goth, il naziskin, il BR o qualsiasi altro gioco di ruolo revivalistico voglia fare, il pischellian usa un costume rivoltoso in modo devoto e prono.
Siamo davanti a una generazione che reitera il messaggio ribellista e individualista dei padri senza aggiungere nulla che possa davvero far incazzare quei padri. C’è solo un profondo e abulico respect! Johnny Rotten andava in giro con una maglietta con su scritto Pink Floyd fate cagare e invece oggi, sempre e solo RESPECT!
Ma un Respect che non è davvero rispetto: solo vigliacca e supina ossequianza fantozziana, priva di obiezioni, intimidita e castrata. C’è una dedizione da monachelli nei nuovi gruppi della cosiddetta Musica Ribelle. E non c’è quella foga iconoclasta di chi arriva ora e vuole dare al mondo una direzione differente perché quella attuale fa schifo.
Del resto i metallari di oggi ascoltano i Motorhead e i Priest come i patiti della Classica ascoltano Bach e Mozart, bevendo tè e fumando la pipa davanti a un tramonto, solo che a differenza dei melomani dei grandi compositori andati, i primi rimpiangono anni che non sono riusciti a vivere o che peggio, hanno vissuto. Di certo chi sente Bach non rimpiange di non essere vissuto nel secolo di Bach. La musica del pappagorgico tedesco si sposa con il loro vaccinato presente, vedono i violini intrecciarsi con i rami degli alberi di fronte al loro loft e avvolgersi stretti alla gola di vecchi ricordi di autunni lontani.
Il metallaro invece ripensa a quando era diciottenne e andava al negozio di dischi o aspettava il pacco in arrivo con le cassette Nice Price dal catalogo Top Ten o Sweet Music. La musica per lui è una scatola di ricordi e di rimpianti. Il presente possibile è un tuffo nel passato, dove l’acqua è più blu e non quella pisciata da Greta Thunberg (che non so voi ma a me fa sempre pensare a Miss Balbriker di Porky’s da ragazzina)
La cultura di oggi si fa tutta in rete. Dire che ci sono milioni di metallari senza pc è ormai poco credibile, con buona pace di Signorelli, il Rousseau nostrano in fissa col mito del buon selvaggio borchiato. Magari molti metallari non hanno il PC ma lo smartphone sì e basta quello a fotterli. Basta quello per finire nel gorgo algoritmico di google o di facebook, dove dopo due mi piace e qualche ricerca specifica sui motori (“Doro e Lita Ford lesbotette”, “Lemmy porro all’asta”, “Fenriz sindaco”) per ritrovarsi in un piccolo mondo su misura per loro.
Prima ho detto che il genere non è esportabile ma cosa intendevo?
Faccio l’esempio della mia compagna. Lei non è mai stata in fissa con il metal, le piace il rock e a volte altra roba davvero imprevedibile, tipo i Bauhaus oltre Bela Lugosi’s Dead.
Se io le faccio ascoltare i White Zombie lei li ascolta con piacere. Se metto i Type O Negative o i Napalm Death, i Darkthrone, gli Opeth, i vecchi In Flames, i Dokken, gli Entombed, i Carcass, i Cannibal Corpse, gli Annihilator, la mia ragazza ci sta, nel senso che sembra interessata, coinvolta… e io mi sento felice di poter condividere con lei anche i miei gruppi preferiti, oltre alle bollette e la saliva. Le cose vanno bene pure con i Metallica, persino gli Iron Maiden, ma se le faccio sentire un gruppo black metal come i Fluisteraars o magari i randellatori death Archspire, i Portrait o i Metal Fist, ecco che fatica a nascondere la sua indifferenza per ciò che ho messo da sentire mentre mangiamo.
Che è ‘sta roba?
Ma niente, cose mie.
Vaglielo a dire che a me i Fluisteraars, i Portrait, i 1914 piacciono perché i primi aggiungono le trombe alla cloaca post-black nerdvegese ed è già qualcosa rispetto al passato, no?
Oppure che i Portrait sono fichi perché sposano i primi Helloween con i Mercyful Fate e in effetti è una commistione mai fatta da quasi nessuno, sai, cara?
E che i 1914, immensi, scrivono dischi interi dedicati sempre allo stesso argomento: la prima guerra mondiale ma lo fanno usando passaggi doom anni 90 che da un po’ non mi capitava di sentire e che oltretutto sono croati! “Amore, se fai attenzione è palese che sono croati! Senti che sound croato”
Il mondo là fuori non sa cosa farsene dei nostri ultimi anni di metal. La sola cosa che può sopravvivere oltre la cortina di Nergal sono i Ghost, qualche cosa dei Mastodon… il primo disco dei Kvelertak già è una cosa postmoderna e quindi sa di tappo, in fondo in fondo.
Ma cosa ce ne frega del mondo là fuori, dice il metallaro true.
Anzi, Tvue.
Giusto. Peccato che il mondo là fuori…
A me frega del mondo là fuori. E non mi piace questo senso di isolamento, di compiaciuta autarchia che c’è oggi nel metal. Quanto pensate che possa durare? Ci stiamo cibando di noi stessi, siamo arrivati a scavare talmente in profondità nel vecchio che persino roba come gli Icon o i Battle Bratt non ci sembrano tanto male. Quando è chiaro che il metal è una cultura e come ogni cultura che sia tale, ha bisogno di contaminarsi per crescere e sapere ancora di qualcosa che non sia polvere e passato.
Sapete cosa è il passato?
Il passato è ciò che è morto. Ve lo dice Krishnamurti.
Molti sostengono che oggi le nuove band non tengono il confronto con quelle del passato. Chiaramente si muovono in un contesto discografico troppo diverso. Il 2001, con Napster e tutto il resto, è stato per certa musica dipendente dal formato fisico, l’Underground Zero.
Ma ci dimentichiamo che il metal non è nostro.
Il metal è di tutti.
Il mondo ha bisogno di urlare fanculo mamma! ogni tanto. C’è un momento in cui tutti alzeranno il volume su un vecchio pezzo dei Metallica. Avranno perso il lavoro, bucato la gomma dell’auto, litigato con la ragazza, detto addio a un amico. Allungheranno una mano sul cellulare e digiteranno Reininbòppd Stayer (aiutami T9).
E quel metal lì, quello degli Slayer, i Motorhead, i Maiden, è sempre stata la voce lacerata e incazzata di chiunque, anche di mio padre.
Oggi se spingo play e attacca il nuovo dei Crescent, esattamente chi dovrebbe riconoscere e sentir decantare la propria rabbia in quella versione black-death 1992 di un moderno ululato anti-sociale?