powermad

Powermad – Volevano essere i nuovi Metallica e finirono per diventare gli Italia Uno Action

We stand before the maniacs
Their thoughts consumed by our attacks
Can’t you see the best you’ve had
Have all been crushed, you’re Powermad!

Forse non dovrei raccontarvi certe cose, sono le beghe dietro le quinte di un qualsiasi scrittoruncolo, ma a me piace rendere partecipi i lettori, sempre che ancora ce ne siano, là fuori. Il blog registra visite ogni giorno, anche in buon numero, poi però se andate a vedere la classifica dei post più letti, vi sarà subito evidente che è tutta roba porno. Una delle grandi scommesse (perdute) da Sdangher è che il porno potesse essere anche argomento da lettura. Ovviamente no, ma i motori di ricerca hanno sempre un’erezione quando uno scrive Sandra Torres e Ortega Sisters, quindi…

Ma torniamo alla scrittura. Sono impantanato da settimane su un pezzo di approfondimento dedicato ai Down. Sì, quelli con Anselmo, Pepper e gli altri loro amici. Mi piace fare le immersioni dentro qualche argomento. Passo un sacco di tempo in esplorazione, che si tratti di una discografia, un film, un libro. Mi eclisso a lungo dentro l’argomento prima di scriverne. Cerco di sapere tutto quello che posso, di rifletterci su bene, succhiarne il succo e tirar fuori la mia merda, come direbbero gli americans.

Però succede che quando ci si immerge, può capitare di infilarsi in una grotta buia e avere problemi a venirne fuori. Con i Down, per me è così. Ci sono articoli che si lasciano scrivere e altri che non si lasciano scrivere. Per esempio non mi è proprio riuscita con i Dark Tranquillity, i Cathedral, i Turbonegro e i Gamma Ray. Ci ho provato, per mesi. Niente.

Non sai mai se ne vieni fuori con qualcosa, ecco.

Nel mentre che provo a ritrovare la via d’uscita con i Down, mi dedico ai Powermad.

powermadChi sono i Powermad? A oggi una band thrash-speed americana un po’ imbolsita, riesumata a forza dall’Europa dei festival metallari e che tira avanti in un mercato di estrema nicchia. Un tempo, nella seconda metà degli anni 80, erano quattro pischelli di grandi speranze, che sembravano, soprattutto intorno al 1989, destinati a lasciare un segno. Non accadde. Il gruppo mollò poco dopo l’uscita del primo album, Absolute Power, sorprendendo un po’ tutti.

In questo articolo vorrei parlarvi di loro, della scarna ma carburante discografia e delle ragioni che li spinsero a lasciar perdere tutto quando sembrava che le cose stessero mettendosi bene, per loro.

Sembrava.

Non era così. Non sarebbe stato così.

I Powermad nascono nel 1984, come potete più o meno sgamare zompettando su un qualsiasi sito metal d’archivio, nella città di Minneapolis, che si trova nello stato del Minnesota. Da adolescente avevo una maglietta con su scritto Minnesota. Per un po’, a scuola mi chiamarono così. Minnesota. Ma allora i Powermad si erano già sciolti e io li conoscevo senza sapere di conoscerli. Avevo sentito una loro canzone come sigla del programma TV Italia 1 Action: sapete, no, i film di menare con Van Damme, Steven Siegel, Lorenzo Lamas, ma anche cazzotti e calci più autoriali, tipo, Point Break, Action Jackson e Il mio nome è Remo Williams. Io ascoltavo solo la sigla e poi spegnevo la televisione. Adoravo quel riff doppiato, la ritmica serratissima. Era una roba thrash tipo Anthrax, ma più cazzuta degli Anthrax.

Poi ritrovai la stessa canzone nel film Cuore Selvaggio di David Lynch (Wild At Heart). Comprai subito la colonna sonora che stranamente era disponibile nel piccolo negozio di musica e film vicino casa mia. Non si trovavano i dischi dei Sabs, ma la soundtrack di quel film sì. Powermad. Ecco il nome del gruppo. Ma saranno stati un gruppo vero? Esisteva qualcosa di loro, a parte la canzone, che si intitolava Slaughterhouse?

Lo scoprii anni dopo, grazie a internet. Sebbene i Powermad fossero sotto Warner Bros, non c’era stata mai pubblicità per loro, come direbbe Piccinini, né interviste sulla stampa specializzata. Paradossalmente, come mi fa notare Marco Grosso, erano tra le band più conosciute dal pubblico non metallaro e allo stesso tempo, poco noti tra gli appassionati. Non è che mia sorella avesse il poster della band in cameretta, il mondo sapeva di quel riff di Italia 1, ma se gli facevi sentire Fight Fire With Fire non battevano ciglio, e se gli sparavi Slaughterhouse nel cranio sorridevano annuendo e dicendo “Italia 1 Action, eh?”

Beh, gli Italia 1 Action, o meglio, i Powermad, erano un gruppo che dal 1984 al 1989 diventò la band metal di punta in tutto il Minnesota…

Joel Dubay (cantante e chitarrista): Beh, a dire la verità non c’erano molti veri artisti metal che suonassero musica originale in Minnesota all’epoca. Noi iniziammo a scrivere la nostra musica, a suonare nei club e ricevemmo parecchia attenzione dalla gente di Minneapolis. Non fu perché all’epoca fossimo qualcosa di speciale, ma perché il panorama musicale di quelle parti era privo di gruppi metal che facessero qualcosa di originale. Sai, come si dice, fummo nel posto giusto e al momento giusto. La gente voleva quello che i Powermad offrivano. Pensa che facemmo un piccolo demo e riuscimmo a farlo passare alla KFAI, una stazione radio universitaria. Beh, non ci crederai, ma quando ci esibimmo all’open mic sulla First Avenue, c’erano 600 persone a vederci

Sapete cos’è un Open Mic?

Letteralmente significa Microfono aperto. Mic sta per microfono, esatto. Si fa in qualche locale, di sera. Ci si iscrive e si è liberi di proporre qualsiasi cosa: cabaret, canzoni, flatulenze con l’ascella…

I Powermad erano il maggior gruppo metal di Minneapolis, nonché l’unico. E c’era una così gran fame di metal in Minneapolis, che la gente se li divorò, quasi.

Dal 1984 al 1988, il gruppo realizzò un po’ di roba. Due EP, uno split, cose così. Poi nel 1989, la Warner gli diede una cifra molto alta per realizzare un vero album.

Joel Dubay: Oddio, non è che fosse questa cifrona. Rispetto ai budget di altri artisti dell’epoca il nostro era basso, ma niente di paragonabile a quello che avevamo speso per gli EP. Inoltre, etichette, management e band trovano il modo di divorare quei fondi piuttosto rapidamente. Tuttavia, se avessimo lo stesso budget oggi, potremmo ricavarne due o più dischi. Allora la registrazione digitale era appena agli inizi, e noi incidemmo “Absolute Power” su un nastro da due pollici! Ciò significa che andammo a fare il disco in uno studio grande e costoso dove era possibile registrare solo in quel modo.

I Powermad, come tantissime altre band, non fecero tutto da soli. Di solito quando per un gruppo le cose iniziano a diventare interessanti, c’è sempre di mezzo un manager che ci crede. Almeno succedeva così al tempo in cui il mercato discografico era determinato da diverse figure specialistiche e soprattutto quando era un mercato di soldi veri e autentiche speranze di farne moltissimi.

I Powermad nel 1989 erano giovani, pieni di ottimismo ma il più esaltato di tutti era Kevin Laffey.

Kevin Laffey
El gringo

Joel Dulby: Era il tizio dell’etichetta che credeva in noi. Lui ci aveva scoperti e lui intendeva farci diventare i nuovi Metallica. Ora questa cosa fa quasi ridere, ma al tempo nessuno escludeva l’eventualità che si sarebbe riuscito.

In effetti oggi sappiamo che durante l’anno 1989, i Metallica pensarono a Bob Rock, cambiarono stile di scrittura, si giocarono la carta nel mainstream e fecero asso piglia tutto, ma allora non si immaginava di certo una roba del genere. I Metallica potevano anche essere alla fine della loro ascesa e magari, poco dopo, dei ragazzi con qualche anno in meno e molto testosterone in più, avrebbe potuto dare l’avvio a un nuovo giro di giostra al posto loro.

Joel Dulby: Kevin era il nostro uomo. Lui credeva davvero, ma proprio veramente, nei Powermad. Più di noi messi insieme. Però non faceva il dittatore con noi. Si fidava. Lasciò che prendessimo noi le redini della cosa quando si trattò di decidere con quali professionisti fare il disco. Ad esempio, Kevin ci permise di arrivare a James “Jimbo” Barton e far mixare il disco a lui. Molti addetti all’A&R non ti permetteranno mai di scegliere qualcosa, ma Kevin lo fece. Lui era, ed è fantastico. In termini di numeri, non c’era alcuna percezione o idea preconcetta. Ci guardavano tutti come un nuovo gruppo di artisti all’esordio, senza giudicarci come illusi o cosa. Ai tipi della Warner piacevano i Powermad e volevano che avessimo successo. Poi arrivò il grunge e il mondo della musica voltò pagina. Alcuni arrivarono, altri no.

E diamo sempre la colpa al grunge. Per certi versi è ok. Il mercato non permise ai Powermad di crescere, irrobustirsi e realizzare un altro paio di dischi con cui confermare le buone premesse di Absolute Power. Solo che Absolute Power, analizzandolo con il senno di poi, molto poi, e sapendo quello che sappiamo, che io so ora, non era una buona promessa, ma un’antologia di cinque anni passati a sbattersi fino a  implodere.

Comunque, Absolute Power esce nei negozi ma la Warner non gli fa pubblicità. Chiaramente Dulby, Kevin Laffey e gli altri della band, avevano visto nei tipi dell’etichetta un ottimismo quieto che in fondo era solo apatia nei confronti di questa ennesima band metallara.

Todd Hugh (chitarra): A mio parere abbiamo avuto pochissima pubblicità rispetto ad altre band. E lo spazio che ci riservò la stampa fu tutto merito di quei giornalisti che erano anche nostri fan al 100%. Non scrivevano di noi solo perché gli era stato assegnato di farlo dall’editore. Penso che sia proprio questo il motivo per cui il ronzio sui Powermad continuò per tutto il 1989 e l’anno dopo. È l’unica cosa a cui posso attribuirlo.

E nel 1990, arrivò anche l’apparizione sul film di David Lynch, con la band che suona persino una versione di Love Me di Elvis Prestley con Nicholas Cage alla voce.

Sappiamo della simpatia dell’attore per il genere, ma non fu lui a richiedere i Powermad nel film.

Joel Dulby: “Ancora una volta fu merito di Kevin Laffey. Era a casa di David Lynch e a un certo punto…

Un momento, come faceva Laffey a stare in casa di Lynch?

Lavorava, sempre via Warner, nel management di Angelo Badalamenti, compositore assoluto del regista...

Ah…

Già, Kevin gli domandò il permesso di mettere su il nuovo dei Powermad. Lynch disse ok. Kevin tenne il volume basso, per rispetto verso David, ma lui appena sentì l’attacco di Slaughterhouse ebbe una folgorazione. Si avvicinò allo stereo e mise tutto a palla. Vista la reazione, e Kevin non aspettava altro, disse che noi del gruppo eravamo tutti grandi fan del cinema di Lynch e che ci sarebbe tanto piaciuto se avesse voluto fare un videoclip per una delle nostre canzoni. David disse qualcosa tipo: “Beh, non posso fare un video musicale in questo momento, ma che ne dici se li inserissi nel mio prossimo film?

Wild at Heart fu un grande successo, vincendo il Festival di Cannes, ma la sola cosa che i Powermad raccolsero da quell’esperienza fu diventare per l’Italia quelli della sigla di Italia 1 Action. Per il resto, le cose precipitarono definitivamente. Il gruppo però non mollò subito subito. All’inizio si diedero da fare a incidere nuovo materiale, ma l’etichetta non pareva trovarlo mai accattivante, a dirla soffice.

Todd Hugh: Facemmo un sacco di demo per la Warner Bros, ma capimmo alla fine che eravamo stati abbandonati. Allora, pensammo, e adesso? Io non avevo nient’altro da fare, non avevo una carriera, a 21 o 22 anni. Per un po’ ci rimettemmo sotto. Dopo Absolute Power perdemmo il batterista e così iniziammo a cercare il tipo giusto. E lo scovammo. Si chiamava Dodd.

Dodd Lower. Risulta nella band dal 2007 al 2011, ma qui stiamo parlando dei primi anni novanta, periodo praticamente morto per i Powermad.

Dodd poteva prendere in mano una chitarra o sedersi a un pianoforte e le canzoni gli uscivano dalle dita come niente. Questo era importante per noi, ci serviva un tipo creativo e con qualcosa da dire. Ma dopo essere stati scaricati dalla Warner, ci trovammo automaticamente senza qualcuno che si occupasse di noi. Kevin era fumato via con l’etichetta e così cercammo un manager capace di aiutarci a tenere in piedi il progetto, trovarci delle date dal vivo, un contratto per un disco, qualsiasi cosa ci desse altra benzina per non mollare tutto. Sfortunatamente non era il nostro momento. Dodd attese per un po’ che le cose si rimettessero in moto ma poi decise di dedicarsi a un altro progetto.

Sulla fenomenale discografia di Dodd in realtà c’è molto poco. Se escludiamo un credits come produttore del primo demo di un gruppo thrash-death, sempre del Minnesota, i Cromelech, che poi successivamente fecero due dischi tra il 1993 e il 1995, non risulta nulla dai nostri numerosi e precisissimi archivi. Segno che il povero Dodd, in ambito metallaro, non avesse tutta questa lungimiranza e dimostrazione di quanta gente di talento ci siamo persi per strada, subendo invece intere discografie di personaggi poco ispirati. Cosa significa? Che nella vita ci vuole tenacia e capacità organizzative. Se ti viene facile suonare e hai tante idee brillanti ma sei scarso in quelle due cose, resti nel tuo garage a produrre demo ai Cromelech. Con tutto il rispetto.

Todd Hugh: dopo che Dodd se ne andò successero parecchie altre cose. Fui assunto in un birrificio vicino casa e mi trovai subito bene, Un giorno però mi ruppi un dito e non potei proseguire a suonare per un po’. Né potevo lavorare, allora mi licenziai e decisi che era arrivato il momento di prendermi una pausa da tutto, lontano dalle Twin Cities (che sarebbero per chi non lo sapesse, Minneapolis e Saint-Paul). Così andai in Alaska per tre o quattro mesi. Tornai e per fortuna mi ripresero senza problemi al birrificio. Lì trovai la mia strada. Amavo la birra ma non mi bastava berla. Iniziai a darmi da fare come creativo in quel mercato.

Ok, ma tornando ai Powermad…?

Todd Hugh: Tornando ai Powermad, se dovessi dirti quando e perché la band si sciolse, ai primi anni 90, ti mentirei. Primo perché la mia versione dei fatti non credo coincida con quella degli altri membri e secondo perché in fondo non ci sciogliemmo mai. Non arrivò un momento in cui dicemmo tra noi, e lo comunicammo poi, che era finita. Ci fermammo e lasciammo andare tutto quanto nella direzione in cui doveva andare.

E tutto rimase lì.

Joel Dulby: Eravamo ancora molto giovani nel 1991-92. Avevamo firmato l’accordo con la Warner l’estate in cui mi diplomai al liceo. Passammo dal liceo ad avere un contratto discografico con una importante casa discografica. Saltammo l’intero processo di essere un adulto e di lavorare. Quando l’etichetta ci scaricò, con il grunge che esplodeva e il resto, circa 70 gruppi, esattamente come capitò ai Powermad, furono licenziati in un solo trimestre.

Todd Hugh: E forse fu meglio così. La Warner non pubblicò più nulla di quello che facemmo ma quel materiale non era affatto simile allo stile dei Powermad.

Viene naturale pensare a cosa avrebbero potuto fare i Powermad se il mercato li avesse aiutati, ma parliamoci chiaro: dal 1984 al 1989 sei negli Stati Uniti, suoni thrash-speed prodotto dalla Warner Bros, che altro ti manca per farcela?

Forse è perché non si sono mai trasferiti a Los Angeles, da Minneapolis, oppure per via della poca produttività. Dal demo ai due EP tra Combat Records e Reprise (Warner) si contano cinque delle dieci canzoni poi inserite in quello che doveva essere l’album della vita, Absolute Power.

Credo che il compito di un critico musicale sia di riportare alla luce, nel proprio piccolo, qualche tesoro sepolto (e seppellire vivi quegli artisti ignobili che invece non vogliono morire) ma nella fase delle rivalutazioni, si rischia sempre di esagerare. Chiaro che un album thrash-speed del 1989 nutra l’autore di suggestioni, affezioni preconcette, nostalgie infantili e supposizioni visionarie. Del resto su internet, chiunque riproponga un qualsiasi album di merda degli anni 80 e 90, si ritroverà i commenti esaltati di qualche scemo che urla alla “criminale sottovalutazione!!!11!”. Bisogna però prendersi la responsabilità di rimettere nella buca e coprire ciò che non poteva proprio rinascere. E nel caso di Absolute Power dei Powermad lascerei fuori giusto la testa, ovvero il riff di Slaughterhouse, l’agghiacciante socks-look del video di Nice Dreams e il testo di Plastic Town.

Plastic Town è una gran canzone

Due notti fa sono venuti dall’inferno/ inventando le bugie che hanno creato la mia cella/Il mondo dell’inganno ha violentato la mia anima/Per 19 anni ho pagato il pedaggio/Cerchiamo queste persone e insieme/Armati di fiamme della verità eterna/Sciogliamo le persone di plastica/Poi sciogliamo la loro città di plastica/La fiamma che ha fuso le mie sbarre/Non mi ha lasciato tempo per pensare o farmi domande/Cerchiamo quelli con il cuore di plastica/ E facciamo a pezzi il loro mondo di plastica/Diciannove anni fa sono venuto/ In un mondo che non conosce vergogna/Mi ha strappato al mio posto legittimo/La vendetta è mia, non lascerò traccia/

Fico, no? Molto insurrezionale e spietato. La rabbia di un diciannovenne fresco di liceo. Firma per la Warner Bros e inneggia a dare fuoco a tutti gli ipocriti di questo mondo, mica male! La fiamma è chiaramente musicale, ma qualcuno avrebbe potuto prendere il testo alla lettera. Questo danzare sul filo tra metafora e incitamento alla violenza è il segreto che ha permesso al metal di sopravvivere così tanti anni.

Ah, Kevin Lafey ha continuato a lavorare nel mondo della musica. Alcune sue produzioni risalgono fino al 2016, con una pausa di dieci anni dal 1995 al 2006, sempre in seno alla Warner Bros. Dopo i Powermad non ha più avuto a che fare con il metal e anche prima non è che fosse avvezzo al genere musicale. Magari anche questo aspetto può aver pesato sulle sorti del gruppo, contare solo su persone che non sapevano granché di heavy metal.