Nella vita chi si siede è fottuto!

Non so come iniziare questo pezzo e allora lo inizio dicendo che non so come iniziarlo. Un vecchio trucco da scrittori. Dunque, sono un po’ di giorni che rifletto su una cosa. Ho sempre diffidato dei filosofi e degli intellettuali, di tutti quei pensatori che creano sistemi di pensiero in cui cercano di mettere il mondo intero. Non ce n’è uno che abbia ricamato una coperta abbastanza lunga da contenere le millemila variazioni e incognite della realtà.

Carlo Sini, filosofo e docente, ha detto una cosa interessante sulla letteratura filosofica. Ha detto che non va presa troppo sul serio. Ovviamente è una provocazione, ma il significato della battuta è che il pensiero viaggia e così il percorso mentale dei grandi del pensiero è sempre in movimento.

I libri che i filosofi scrivono nell’arco della propria vita segnano delle tappe di un tragitto continuo, in divenire e che i libri possono tentare di fissare, ma non di seguirne la successiva evoluzione, quella si ferma solo con la morte fisica del tal pensatore. Può aver scritto un ultimo saggio due giorni prima di schiattare, ma state certi che ci mancheranno sempre quei due giorni nell’opera di quel pensatore.

Non esistono saggi filosofici definitivi, concludenti, anche se a scuola ce li fanno leggere come se fossero delle bibbie del pensiero, dove quel certo filosofo mise il punto alla propria visione mentale. Non è così, non può esserlo. Kant diceva, Socrate diceva… ma quando? A che punto della propria vita? Scrivendo un libro, il pensiero è come un corpo immortalato dalla lava di un vulcano. Si fa un errore nel credere che esistano testi definitivi e decisivi del pensiero umano.

La letteratura tutta è solo una sequela di istantanee del viaggio infinito a cui tutti stiamo partecipando interiormente. Sono sicuro che in punto di morte Camus avrebbe voluto aggiungere, correggere, scrivere nuove cose che aveva scoperto, capito o magari frainteso nei suoi libri precedenti. Poi lui morì e ci sono rimasti un certo numero di testi, che sono frammenti di un percorso interrotto dal decesso e ripreso ma poi trasceso dai pensatori successivi e dall’infinità di insegnanti e studenti che ci hanno trascorso anni di studio. Ma è uno studio su rane morte, capite? E quelle rane non sono la morte e nemmeno la vita. Sono dei pezzetti della verità, che è morte, vita e molto altro ancora.

Ora, lascio perdere i filosofi, categoria in via d’estinzione. Non sono in grado e non mi interessa parlarne. Vorrei però tenere con me la faccenda del pensiero che viaggia e non si può concludere, tantomeno conchiudere in un libro. Ci aggiungo una frase del mistico Sri Aurobindo sulla Verità con la v grande.

Lui ha detto che “La Verità non si ferma mai”. La Verità non è lì, o in cima a una montagna, sotto un sasso magico o nelle viscere dell’Inferno. La verità è continuamente in moto. Va sempre cercata, inseguita. Ci è stato concesso questo e basta. Non esistono esperienze definitive che la catturino. Noi tutti crediamo di dover tendere a un risultato, a un fine, un approdo, ma nulla ha fine. Persino il Nirvana, che Aurobindo sperimentò in quanto mistico e yogi, è solo un’altra dimensione possibile, propedeutica ad altri stati di coscienza.

Per questo è così ridicolo credere che la morte sia la fine di ogni cosa. Nessuno direbbe la stessa cosa dello spazio, che esista un numero finito di stelle, eppure di questa esperienza invivibile tutti sentiamo il bisogno di deciderne una versione possibile, o impossibile.

Lo psicologo Giorgio Nardone ha fatto uno studio sulla stupidità e la sua conclusione è questa. La caratteristica che accomuna tutte le forme di stupidità umana è la rigidità, il resistere e persistere nella convinzione che qualcosa sia in un modo e non in un milione di altri. Se voi pensate che una cosa sia sempre… o che non sia mai… allora attenti, potreste essere a rischio di idiozia.

Nella vita non possiamo mai metterci seduti. In nessun caso e in nessun tempo. Possiamo riposarci un po’, se siamo tanto stanchi. Per esempio dopo una storia d’amore finita, è dura ripartire. Bisogna ricaricare le pile. Dopo un lutto grave, dopo un’esperienza traumatica è sano riprendere fiato e attendere un po’ prima di rimettersi in viaggio. Ma a un certo punto bisogna ripartire, lasciare dietro i mai e i sempre che, come un confortevole orticello si sono formati tutto intorno alla nostra stazioncina esperienziale.

Abbiamo tutti delle convinzioni.  Tutti cerchiamo di individuare delle dinamiche e stilare leggi comportamentali sulla vita. Difficilmente siamo coerenti nel seguirle, per fortuna. Del resto le esperienze scadono in fretta e non possono essere spalmate su tutto il nostro vissuto passato e futuro. La nostra illusione è capire una cosa una volta per tutte e dirci che sarà sempre così o mai colà e non doverci tornare più sopra. Più cresciamo e più fermiamo le nostre esplorazioni in scadenti libri di testo che leggiamo e rileggiamo compiaciuti di aver capito come va il mondo.

Faccio un esempio.

Avete una moglie che vi mette le corna. Un giorno lo scoprite e la lasciate.

Questa esperienza vi comunica qualcosa. Ne traete una regola per il futuro. “Non bisogna mai fidarsi troppo della donna con cui si sta insieme”.

Ve lo scrivete sulla lavagna del cranio e ripartite nel mondo.

Dopo qualche tempo incontrate una ragazza e vi invaghite. Vi mettete insieme a lei. Magari non la sposate, perché aver divorziato vi ha tolto la voglia di fare altri divorzi. E sposarsi, ormai lo sapete per certo, è il modo migliore per divorziare.

La ragazza con cui state però vorrebbe un matrimonio, ma voi siete inamovibili. Convivete ma niente di più.

Ovviamente, non vi fidate troppo di lei, perché l’esperienza passata vi ha insegnato così.

Lei vi è fedele ma voi la fate pedinare, la spiate, la mandate ai pazzi con paranoie, sospetti e minacce continue di mollarla.

Lei non vi tradisce. Però un giorno vi lascia.

Ne traete una nuova regola. “Non sempre va bene essere poco fiduciosi della donna con cui si convive”. E ripartite nel mondo.

Arriva un’altra donna. Vi innamorate. Siete così felici che vi viene automatico fidarvi di lei. Potreste fare una cosa: fidarvi e non fidarvi, ma è dura rimanere a un incrocio e imboccare ogni volta una via diversa a seconda dei casi. Più comodo tirare un rigo e scegliere una delle due direzioni. Fidarsi. Sì, altrimenti che amore sarebbe?

Lei vi domanda di sposarvi e voi cedete pure a quello.

La sposate. Siete ancora felici. Chi l’avrebbe mai pensato?

Un giorno scoprite che lei vi tradisce. Quando glielo dite lo ammette e vi lascia.

Non ci capite più niente. Siete furiosi. Basta, non volete più saperne di donne. Ne conoscete altre dieci ma ormai siete dell’idea che l’amore è una fregatura e che le donne sono tutte delle troie. Quindi rimanete soli, vecchi e disperati. Poi un giorno vi sentite anche stupidi. Perché avete capito che la vita vi ha preso in giro. E ha fatto bene. Perché volevate mettere un fiume in una provetta e dire questo è tutto il fiume. Il fiume è qui, una goccia e un milione di milioni, sempre una goccia è.

Sbagliato.

Eh, già.

Io l’ho capito e ho ancora solo 42 anni. 43 nei prossimi giorni. Auguri, grazie.

No, non ho detto che nella vita non bisogna mai dire mai o sempre!

Perché sarebbe ancora una volta dire MAI.

Qualche volta è giusto pure dire mai e sempre, sapendo che mai e sempre non sono davvero definitivi. Altrimenti sarebbe ancora una rigidità. Non essere mai rigidi nella vita è ugualmente essere rigidi.

Pure il “non” è sconsigliabile. Non toccare, non guardare, non lasciare… Anche il “non” è una costante. Non entrare, non disturbare (mica ci mettono tra parentesi, qualche volta però si potrebbe) Non è sempre mai.

Non possiamo mettere un loop alle situazioni, alle esperienze, capite?

La verità è che nella vita si deve essere pronti a tutto. A mollare e resistere, a fare rivoluzioni e compromessi, a dubitare e fidarsi, a sposarsi e divorziare, a tradire e tradirsi, a essere rigidi e morbidi, intelligenti e stupidi. C’è tempo e modo di essere tutto e il contrario di tutto. E di sbagliare. Sbagliare tanto. Il torto dei filosofi è stato quello di voler essere infallibili, intelligenti, razionali, sistemici. Invece avrebbero dovuto essere anche ottusi, folli, caotici e incoerenti. Che poi se andiamo a vedere la vita che fecero e i risultati che ottennero… la maggior parte di loro fu proprio ingiusta, squilibrata, patetica e fallimentare.

Tanto erano alti nel pensiero, tanto erano bassi nella vita. E il primo errore fu nel dividere mente e corpo.

Insomma, nella vita bisogna essere coerenti all’incoerenza della vita stessa. E camminare, camminare, camminare chiedendo a tutti se la verità è passata di là…

Ci si può fermare un po’ ma restando in piedi. Le sedie della vita sono le convinzioni, capite? E chi si siede su una convinzione, va a finire spesso la vita stessa gli leverà la convinzione da sotto il culo.

Pace e bene!