Black Winter Fest 2021 – Il cazzo misterioso dei Batushka e la scarsa disposizione equina dei Belphegor!

Eravamo a casa in ufficio, io, signora cavallo e il cuoco. A una certa la signora si volta verso di noi e fa “il 4 Dicembre c’è il Black Winter Fest, volete andarci?”. Rispondiamo con un secco sì. Accendo il computer, selezioniamo il volo migliore, prenotiamo il biglietto del concerto e siamo pronti per partire da Bari a Milano.

Non vi tartasso sul viaggio, che tanto è semplice. Da casa all’aeroporto, e dall’aeroporto al locale.

Prima volta per me un concerto a Milano, quindi un’esperienza tutta nuova in un ambiente vergine da certi cavalli.

L’unica faccia conosciuta e lo zio Algol, bassista dei Forgotten Tomb e organizzatore della serata. Gli altri della band si sono dati alla macchia, cosa che Algol ha spiegato molto meglio “perché se no mi chiedevano l’accredito”.

Giro degli stand veloce e trovo la bandiera dei Belphegor a 5 euro, ma le felpe a 50. C’è qualcosa che non quadra. Poco male, ho il guardaroba già pieno e devo finire di arredare casa, quindi meglio la bandiera.

Allo stand dei Batushka nasce il dubbio. Faccio la domanda: “ma siete i Batushka oppure i Batushka?”. Quelli mi guardano senza cogliere la battuta. Spiego meglio: “dico quelli di bart o di Derph?”. Se la cavano con un sorriso e questa risposta: “the better one!”.

Comunque sono quelli di Bart, altro che better one, e le madonne piovono come una tempesta in Indonesia.

I primi a iniziare sono gli Arcana XII. Mi colpiscono per la particolare scelta di usare due bassisti, oltre a esprimere una certa autoironia in scena. Per esempio, a un certo punto il chitarrista chiede se può almeno annunciare i pezzi. Una grande scoperta nella scena melodic black metal. Insomma, hanno le tastiere e nessuno gli ha cagato il cazzo.

La seconda band la perdiamo, poiché siamo andati alla ricerca di un luogo ove mangiare tranquilli. Non mi metto certo a sgranocchiare sotto il palco in un luogo chiuso.

Gli Almost Dead a seguire sono la pecora nera della serata. Già dal vestiario qualcosa non torna chiaro, poi parte il sound e capisco che non c’entrano un cazzo in tutto il bill. Thrash groove californiano spacca perone e neanche i blackster più intransigenti resistono al richiamo del pogo.

Scatenato come sempre mi lancio in volo sul pubblico, che decide di farmi atterrare sul palco. Incerto sul da farsi, chiedo al pubblico se mi afferra nel caso mi lanci. Qualcuno annuisce, io allora ci provo. Ritentano il miracolo, ma come un parto cesareo, mi spingono dal lato sbagliato e chiedo di poggiarmi perché ho una sola vita a disposizione, anche se non è il massimo.

Il cantante mi prende a esempio e si tuffa pure lui.

Gli chiedo fuori dal locale se si è buttato su mia ispirazione e lui  ammette di sì!

Lurido bastardo, e allora dillo che aspettavi il cavallo di turno per un crash test del pubblico.

Gli Stormcrow sono un’altra band che ascolto da fuori.  Pare infatti che Helmut sia in giro a fare foto e due chiacchiere col pubblico. Io con sguardo incerto, ma sicuro delle mie parole, esclamo: “impossibile!1!1!”. E invece è proprio dietro l’entrata vip dell’area merch che dialoga amabilmente con alcune persone. Ammetto di essere intimorito ad avvicinarmi per una foto, perché sapete come sono gli austriaci; prima ti stringono la mano e poi t’invadono la Polonia.

Nel frattempo sono arrivati i miei amici Muammar e Ḥusayn. Ci avviciniamo tutti assieme come attraversando un campo minato verso la trincea nemica. Chiedo a Helmut se possiamo fare una foto assieme e lui risponde “sure, no problem”. Allora aggiungo: “E se indosso la maschera, ci sono problemi?” Lui mi guarda freddo e risponde secco “No!”. All’inizio credo abbia voluto dire che andava bene, ma appena la metto lui abbaia “No with The Mask!”.

Oooookkkei… Quindi la foto l’abbiamo fatta, ma ho temuto per il peggio. KK Warslut per la stessa richiesta mi mise a 90°.

Grazie Photoshop

Gli Impalement sono un’altra grande scoperta. Salgono sul palco ignudi e sporchi di sangue come i Dismember dei bei tempi, e ci regalano un black/death metal spacca tibia. Il pogo ora è più un’arena di battaglia tra pochi audaci, mentre la band spruzza riff mastodontici e blast a prova di headbàmbìm. Se c’è una cosa che mi è mancato dei concerti, era poter sentire un cazzo di assolo come si deve. Peccato il cantante abbia avuto problemi nel mix. Inutili i suoi avvisi alla consolle di alzare il volume della chitarra, è stato completamente sommerso dal suono del basso. Un vero peccato.

Non ricordo se è stato proprio con loro, ma un tipo grosso dieci volte più di me si lancia nel pogo, mi urla qualcosa in spagnolo e poi sparisce come uno spiderman dei poveri.

Ḥusayn, a fine esibizione mi ferma dicendomi che un tipo gigantesco gli è tipo collassato addosso, tipo balena spiaggiata. Gli chiedo: “Ma alto così, capelli lunghi neri?”
“Sì” fa lui.
Beh, non sappiamo se era fatto di acidi, se è morto o che altro, ma ovunque sia grazie per non aver pogato più, amico!

Diabolical altra band che ho sentito da fuori al locale, stavolta in compagnia dei XXII Arcana. Conoscerli è valsa davvero la pena. Bravi ragazzi. Inoltre ho scoperto che uno di loro, Cross Builder, è stato il chitarrista dei Malnàtt, quelli buoni di Bologna. Mi fa notare che è impossibile sia di quelli cattivi, perché ora sono tutti dietro le sbarre.

Si parla di cazzate, della serata prima dei Nanowar che purtroppo non ho potuto vedere, del fatto che a tutti noi non piacciano gli Atroci (sopravvalutati). Si beve e si scherza, biascicando aneddoti su Porz e facendo cornine al cielo mentre un topo passa tra i nostri piedi e qualcuno urla “ma schiacciatelo, cazzo!”.

Alla fine mi regalano anche un cd. Del resto come puoi resistere a una faccia da schiaffi come questa?

È il momento dei Belphegor ora, quello che attendevo. Mi piazzo a meno di un metro dal palco. Pogare non ne ho voglia, quindi sto al bordo sinistro.

Si fanno desiderare con qualche minuto di intro, mentre la saletta si riempie di fumo, che sotto i faretti dona al palco un’aria bluastra. Così denso da sembrare quasi nebbia, al punto da non capire bene quando sono saliti sul palco. “Guarda che il batterista è già seduto”. Davvero? Io neanche ci avevo fatto caso. A malapena vedo Serpent e Helmut. Anzi, per puro culo, dopo mezz’ora sul palco mi accorgo anche del secondo chitarrista. Giuro, mai vista una nebbia così fitta.

Terza volta che li vedo, i Belphegor e li trovo piuttosto in forma. Anzi, noto che Helmut è più allegro del solito. Alla serata di Roma ricordo un’aria più tesa e nervosa, invece qui li vedo quasi giocare con il pubblico, tra chitarre poggiate sulla prima fila e piccoli saluti tipo “porco dio” e “Milano Vaffanculo”.

Il Cuoco mi guarda e fa “bellissimo, lui ci manda a fare in culo e tutti noi siamo felici”. Metallari.

Come perle ai porci getta plettri sul pubblico, e io manco uno riesco a prenderne, dio basterd.

Ma va beh, usciamo fuori a succhiare una boccata di ossigeno e scappiamo subito dentro che stanno per iniziare i Batushka, quelli cattivi di Białystok.

Non ho più grandi aspettative dopo aver scoperto di quale formazione si tratta, ma ormai sono in gioco e tanto vale giocare.

Spingendomi poco a poco riesco a raggiungere il bordo palco accanto alla signora cavallo. A quest’ora il locale è così pieno che la gente si deposita anche nel corridoio.

A parte due pezzi mosciarelli, ammetto che nell’insieme non siano malaccio. Bart ripropone la stessa solfa che vidi la prima volta a Bari anni prima. Sempre i cori, sempre il batterista nascosto dal vetro. Sempre la liturgia, ma sento mancare il qualcosa che mi colpì nel primo disco. Molti dicono che la vera colonna portante dei Batushka fosse Derph. Non so quanta verità ci sia, ma qualcosa sembra mancare. Piccola, ma manca.

Signora cavallo, abituata più all’azione esce verso gli ultimi pezzi. “Sono bravi, ma a lungo andare scocciano”.

Io ho solo una domanda ai Batushka, ad Algol, a tutte le band se posso. Ma anche allo staff e al pubblico. Quando Bart ha aperto l’aspersorio o come si chiama (io di sti oggetti ne capisco poco), sotto al coperchio c’era un foglio rosa con disegnato un cazzo. Qualcuno mi può spiegare che cazzo sta a indicare o forse ho visto un “easteregg” ultra-segreto che nessuno doveva vedere? O forse i Batushka hanno uno strano senso dell’humour?