Scatterbrain, chi se li ricorda? Per la verità io non ne sapevo nulla fino a una settimana fa. E almeno qui in Italia, immagino siano davvero pochissimi a custodire una qualche nozione di loro. In Australia no, lì diventarono delle star e probabilmente Mr. Crocodile Dundee ancora si ricorda di loro.
La canzone che divenne una hit in Australia, con grande sorpresa della band (e dell’etichetta In-Effect che ci aveva investito) si intitola Don’t Call Me Dude. La ascolto e riascolto senza capire dove sia il gancio che infilzò tutti quei canguri ma non riesco a trovarlo. Il disco in cui è contenuta è il primo dei tre realizzati dalla band: Here Comes Trouble. Non stiamo parlando di un classico, però è il più rappresentativo per gli Scatterbrain che dopo quell’incipit non hanno mollato l’andatura pasticciona di thrash metal, funky e demenzialità rappettona.
Gli Scatterbrain nascono (dalle ceneri dei Ludichrist, yes) probabilmente per due motivi: uno, dare sfogo definitivo alla smania di contaminazione del frontman Tommy Christ e il chitarrista Glen Cummings e due, fare i soldi. Già nel 1989 era abbastanza chiaro alla vista di quei bricconi, cosa stesse muovendosi nella scena pesante americana e così tentarono di farsi trovare pronti.
Dunque, ora un po’ di date per capirsi: nel 1989 i Ludichrist erano belli e archiviati, dopo l’uscita del fichissimo Powertrip. E nel 1989 arrivarono sul mercato due bestioni futuristici inimmaginabili: The Real Thing dei Faith No More e Mother’s Milk dei Red Hot Chili Peppers. Bisogna dire una cosa curiosa su questi due album: entrambi all’interno convivevano a fatica con l’elemento heavy ma da fuori sembravano starci alla grande con quelle sonorità un po’ pesanti.
I primi infatti, i Faith No More, già da un po’ mal sopportavano la presenza nervosa e urside del chitarrista Jim Martin, unico metallaro fiero e inamovibile del gruppo, ma sempre più insofferente agli stravolgimenti sociali e lavorativi dovuti al successo crescente della band; i secondi, i Red Hot, accettarono pentendosi subito dopo, di inserire le chitarre metal in un loro disco. Oggi se potessero, rifarebbero Mother’s Milk senza le distorsioni di chitarra.
Il successo di questi lavori diffuse nel giro metallaro una smania funky-rap senza precedenti. Una roba che persino Steve Harris, e in punto di morte lo confesserà, fu tentato quasi di inserirne qualche giro nel nuovo dei Maiden. Beh, lui magari no, ma gente come Alex Skolnick dei Testament dichiarò apertamente che avrebbe desiderato tantissimo l’inserimento del funk nel thrash dei Testament. Non fu un caso che poco dopo le cose andarono come andarono tra il chitarrista e il resto della band.
Dalle intenzioni parossistiche di molti, sull’unione di metal e altri generi musicali sempre più improbabili e zuzzurelloni, posso personalmente riconoscere due momenti particolarmente riusciti, anzi tre: Pornograffiti degli Extreme (1990); In This Life degli incompresi Mordred (1991) e il matrimonio abbastanza telefonato ma sfarzosissimo e dannatamente trascinante tra i Public Enemy e gli Anthrax con il singolone Bring The Noise (sempre 1991).
Gli Scatterbrain erano usciti a fagiolo nel ‘90 con Here Comes Trouble e avevano fatto la loro piccola breccia nel mercato discografico australe. Purtroppo, nel 1992, quando uscì Scamboogery (la traduzione dozzinale di questa parola è Truffa) il momento buono per il funky-rap-metal era già finito.
Ma come suona oggi Scamboogery e perché voglio scrivere proprio del secondo album degli Scatterbrain, lasciando perdere il ben più rappresentativo Here Comes Trouble? Beh, ho un debole per l’anno 1992 e ne ho un altro per i dischi fallimentari, quelli che o la va o la spacca e che poi non la va e tanto meno la spacca.
Scamboogery, va ricordato, fu Top Album sul Metal Hammer di gennaio 1992, ma nella recensione, il redattore Claudio Cubito ammetteva di averlo scelto perché… ehm, quel mese non c’era di meglio. “Certo”, scriveva, “è comunque un buon lavoro ma ha una produzione un po’ moscetta per essere un disco di quelli grossi… di quelli che vi fanno sborrare le casse”. Quest’ultima cosa sullo sborrare le casse l’ho aggiunta io.
Scamboogery è un lavoro divertito e scanzonato e già qui capiamo, considerando il mood di quel tempo, quanto fosse un buffonesco tiro in tribuna. Certo che avremmo dovuto pensare a spassarcela nel 1992, ma il trend, avviato l’anno prima con Nevermind dei Nirvana era al più sardonico per non dire disperato. Solo un altro gruppo entrò a gamba tesa conciato da Elvis a quel funerale (e il video di November Rain per me ha sempre rappresentato alla grande come andarono le cose tra il 1991 e il 1992 nel mondo del rock, fateci caso) vale a dire i Def Leppard, che offrirono un primo assaggio del pur buono Adrenalize con un singolo che sembrava scritto e scartato nel 1987, vale a dire Let’s Get Rocked.
Let’s get, let’s get, let’s get, let’s get rocked
Let’s get, let’s get, let’s get, let’s get rocked
Let’s go all the way
Get it night ‘n’ day
C’mon let’s get, let’s get, let’s get, let’s get rocked
Esatto, gente, roccatevi a merda.
Ma se un brano del genere oggi potrebbe apparire come un dito medio alla tendenza depressiva del grunge e del nuovo metallone scuro e quadrato dei Metallica, in favore di una festa anni 80 da trasportare nella decade successiva, al tempo quel singolo apparve al pubblico come un patetico party-hit da rocker rincoglioniti con le bandane. Ma che vuoi roccare, idiota? Non lo vedi che qui c’è un morto e questo morto è proprio il tuo fottuto dio del rock, sembrò dire il pubblico?
In realtà non era morto ancora niente e nessuno, ma qualcuno si sarebbe sparato un colpo in testa due anni più tardi.
E gli Scatterbrain con i loro testi demenziali e innocui (Bartender, Swiss Army Girl) mettevano in guardia l’intero carrozzone rock and roll, così in vena di flirt mortiferi di andarci piano con i piagnistei: Fun is what you gotta have or you’re gonna crack!
Giusto, ma il rock aveva bisogno di un crack, evidentemente e inoltre, Big Fun non aveva la forza trascinante di un inno natalizio salva-anime. Era solo un hippy metal song con i fiati e le sincopi sguille del funky-spomp.
Dopo Scamboogery, che magari con il suono di Pornograffiti avrebbe scoppiato la nuca ai preti, Glen Cummings, smise di venire e se ne andò dalla band. Formò una gruppo rap-metal, gli Stone Deep, di cui nessuno in Italia ha mai sentito una nota prima dell’arrivo di Internet.
Il resto degli Scatterbrain tennero duro fino al 1994, quando pubblicarono un EP di sette brani del tutto trascurabile intitolato imperscrutabilmente Mundus Intellectualis, uscito per Pavement Music (Musica da marciapiede), che nonostante l’attitudine cazzona ancora ostentata, sembrava privo, oltre che dell’ispirazione di Scamboogery e Here Comes Trouble, anche di un buon umore autentico. Insomma, sapevano di essere prossimi a morire una canzone dietro l’altra, si sente bene, e così fu. Amen.