A fine marzo avevo scritto un articolo per Sdangher, mai pubblicato per ragioni che non sto qui a spiegare (scelta mia, comunque).
Ne ripropongo alcuni stralci poiché i temi che affronta sono tornati all’improvviso di forte attualità, dopo il Decreto Festività del 23 dicembre 2021.
Aggiungerò qualche altra riga in chiusura.
[…]
Sembrerò il solito metallaro che ce l’ha con la Chiesa, ma stando al Protocollo del 7 maggio 2020, ancora valido nonostante siano trascorsi undici mesi, in zona rossa possiamo tenere aperte le chiese, senza limiti di presenze all’interno (distanza di sicurezza a parte), con la possibilità di celebrare i sacramenti (matrimoni, battesimi…) e di tenere la messa all’aperto davanti a un pubblico numeroso, fino a 1000 (!) persone, se c’è spazio a sufficienza.
Ovviamente ci sono delle regolette da seguire (coro con massimo tre persone, per esempio) ma il punto è: perché posso uscire di casa più volte al giorno per recarmi in un luogo chiuso e stare lì per un’ora con altre dozzine/centinaia di fedeli, ma NON posso andare al cinema seguendo le stesse regole, oppure a teatro, o in un live-club per godermi un concertino di musica jazz, blues, rock acustico o che so io?
Una contraddizione enorme, che diventa grottesca in determinate circostanze. Giusto ieri, nella mia città, mentre sostavo in strada davanti alla porta di uno studio medico, mi è capitato di sentire il suono di una chitarra acustica. Incuriosito, ho sbirciato all’interno del locale e ho visto diversi anziani seduti davanti a una persona che suonava. Un concertino! Ho sollevato lo sguardo e ho buttato un occhio all’insegna sulla porta. C’era scritto CHIESA CRISTIANA, poi il nome di un’associazione di volontariato.
Paradossale, eh?
In oltre un anno le Chiese sono rimaste chiuse solo 2-3 mesi. I locali in cui si fa cultura languono dal primo giorno. Tutti ricordano (in nome della consueta retorica insopportabile) il Papa che attraversa da solo piazza San Pietro, in pochi vedono la via Crucis – lunga un anno – di chi gestisce cinema, live club, teatri o eventi letterari.
Devo supporre che moschee e sinagoghe italiane godano delle stesse concessioni (favoritismi?), ma cambiamo àmbito. Prendiamo la TV. In materia di Covid la Legge dice:
“in quanto alle trasmissioni televisive, non si applica il divieto previsto per gli spettacoli, perché la presenza di pubblico rappresenta un elemento funzionale alla trasmissione”.
Quindi per chi ci governa (perché questa, chiaramente, è una stronzata che arriva dalla politica, non dal Comitato Tecnico Scientifico) se batti le mani in uno studio televisivo sei funzionale, se lo fai a un concerto no.
Eppure partecipare a una messa, o a una trasmissione televisiva, non di è alcun aiuto per la società, non fa girare l’economia. Pagare il biglietto del cinema, sì.
Intendiamoci: tra quelli che da mesi si riempiono la bocca con la parola “cultura”, c’è gente che da dieci anni non va al cinema o in libreria, e che da internet scarica di tutto. In questa risma di ipocriti ci sono, di sicuro, anche dei metallari. Resta il fatto che […] il diritto di una vecchia a scaldare una panca con le sue pie chiappe è pari al nostro di scaldare una poltroncina coi nostri culi blasfemi.
[…]
A quanto già detto aggiungo che in questi primi giorni del 2022 il “DL Festività” esplicita l’obbligo di chiusura fino al 31 gennaio 2022 di tutti i locali e fino al 31 marzo 2022 si impone il divieto di somministrare cibi e bevande.
Nel frattempo i luoghi di culto (qualsiasi culto) continuano a portare avanti le loro funzioni, senza nessuna limitazione, anche per quel che riguarda (ci scherzo su, ma neppure tanto) la somministrazione di cibo e alcolici (ostie e vino).
So di metallari-credenti giustamente incazzati con questo stato delle cose e infatti il mio discorso non vuole innescare uno scontro tra chi crede e chi no, soltanto sottolineare la bassissima opinione della quale gode in Italia il mondo della musica dal vivo, ritenuta un passatempo cui si può rinunciare senza patemi, a differenza del rito religioso, privo di significato per molti di noi ma sospettosamente essenziale per i governi (di uno stato laico) che si sono succeduti nei due anni di pandemia.
Una disparità di trattamento che andava combattuta a suon di watt per le strade, non certo coi comunicati delle associazioni di categoria, regolarmente ignorati da chi ritiene che qualche anziano seduto sulla panchina di una chiesa di periferia faccia girare più denaro di tante persone assetate di buona musica, e soprattutto di birra.
L’elezione del Presidente della Repubblica si avvicina: è troppo sperare che ascolti heavy metal?