dylan dog # 7

Dylan Dog #7 – La zona del crepuscolo

La zona del crepuscolo è un albo molto amato. Rileggendolo, dopo anni dall’ultima volta, sono tornato indietro a una casetta antica dove abitava la nonna di un mio amico. Mi succede sempre quando rileggo questo numero di Dylan Dog. Si parla dei primi anni 90, al tempo della Grande Ristampa. E vi dico questo per mostravi quanto non siamo diversi, io e voi. Dentro ogni albo c’è un pezzetto della nostra vita, che proprio alla stregua del pulviscolo che svolazza in contro-luce quando iniziamo a sfogliare un vecchio albo, anche i ricordi si infilano nel naso e scendono a pizzicare gli occhi. E dopo questo incipit ampolloso passiamo a una rilettura ragionata del volume in questionz.

Per prima cosa La zona del crepuscolo è uno dei tipici Frankenstein di Sclavi. Me lo immagino nella sua cameretta, mentre si aggira lungo gli scaffali zeppi da esplodere di libri, VHS, fumetti indicibili. Se ne sta lì col suo bicchiere di Chevas Regal e lascia andare la mente come una mosca capricciosa, scegliendo un film e assemblandolo con un vecchio racconto e via così fino al titolo: The Twilight Zone.

Nessuno ha mai associato, o almeno dubito che sia accaduto fino a verso il 1995, La zona del crepuscolo con la famosissima serie di Rod Serling, così come l’uscita del primo numero della serie, L’alba dei morti viventi, non fece scattare il collegamento con il film di Romero che si intitola così. E questo è semplice. La serie Twilight Zone (letteralmente La zona del crepuscolo) era celebre in Italia col titolo Ai confini della realtà e il film Zombi non faceva riferimento a un’alba da qualche parte.

Ma questo è niente, se vogliamo ricostruire il puzzle di citazioni che forma il numero sette.

Lo spunto di partenza è In una piccola città, un romanzo breve dell’autore fanta-horror del giro lovecraftiano: Frank Belknap Long, Il titolo originale è più esplicito rispetto alla traduzione italiana, Last Earth Be Conquered.

Dunque, per capirsi. La citazione dal romanzo breve di Long è palese da subito. Ci troviamo in una biblioteca e i due addetti, la signora Long e il signor Belknap (esatto, Long e Belknap) tirano un brutto scherzo a Mabel, la giovane e un po’ nevrotica protagonista. L’uomo ha un pezzo di faccia penzoloni mentre le porge con disinvoltura il volume sulla Storia dei duchi di Argyll.

Allora. Momento. I duchi di Argyll esistono davvero, non è un nome buttato lì da Sclavi. E occupano da secoli il castello di Inverary. Quindi anche la città dove si svolge la storia esiste ed è collegata a questi duchi. Inverary è in Scozia, dove si erge il castello di Argyll.

Mabel è una ragazza piacente e brillante, ma trascorre il proprio tempo in una vecchia biblioteca a fare ricerche su argomenti poco eccitanti, così per dirci quanto la sua esistenza sia una roba da zombi ancora prima che un morto vivente le riveli in quale incubo abiti senza saperlo.

Il romanzo di Belknap Long è un fanta-horror con alieni che invadono sotto mentite spoglie un piccolo centro abitato degli Stati Uniti, in stile Santa Mira di Jack Finney. A un certo punto della storia c’è in effetti una scena in cui uno di questi alieni si strappa la pelle del viso, anticipando i Visitors, davanti a una sconvolta bibliotecaria. Io ho letto l’intero romanzo, trovandolo noioso e pure irritante. Una cosa noiosa alla lunga irrita. E posso assicurarvi che lo “spunto” sbandierato da Sclavi e altri si riduce sostanzialmente a questo: un uomo che si scuoia la faccia in una biblioteca.

Mabel fugge dai due bibliotecari, i quali però in combutta riescono a fermarla e tramortirla. Quando si sveglia le sembra di aver aver fatto un brutto sogno. E così chiama l’indagatore più adatto a quell’esperienza.

Piuttosto di In una piccola città, uscito sia nella collana Urania molti anni fa e più di recente, sempre per la Mondadori, in coda a una raccolta di Frank Belknap Long, traduzione della celebre antologia I segugi di Tindalos. Dicevo, piuttosto di quella roba, la vera fonte d’ispirazione de La zona del crepuscolo credo sia un piccolo, geniale film diretto da Gary Sherman nel 1981, uscito in Italia come Morti e sepolti e che in originale si intitola proprio così, Dead And Buried. Se non l’avete mai visto, recuperatelo per dio (il dio che preferite, s’intende).

In questo film c’è l’ottanta per cento della storia di Sclavi, compreso il finale a sorpresa. E se mi è concesso vorrei aggiungere un altro film che potrebbe essere stato una fonte d’ispirazione per il Dyd numero 7: Il messia del diavolo, capolavorissimo co-diretto da Willard Huyck e Gloria Katzche, uscito nel 1973.

Dubito che Sclavi avesse visto questo capolavoro nel 1987. Al tempo le bobine originali erano in uno scantinato a prendere muffa. Ma l’atmosfera de La zona del crepuscolo che c’è in quel film, io trovo sia anche più coerente con l’albo dylaniato, rispetto a Morti e sepolti.

Con questo non voglio togliere alcun merito al babbo di Dylan Dog, solo specificare che La zona del crepuscolo ha certe fonti d’ispirazione: alcune taciute e altre sbandierate in modo quasi eccessivo.

Eccessivo come nel caso di Edgar Allan Poe.

Nello “spiegone” al culmine dell’avventura, il dottor Hicks, il cui nome mi ha sempre fatto pensare al cattivo di Operation Mindcrime dei Queensryche, cita Rivelazione mesmerica e Testimonianza sul caso del signor Valdemar, due racconti dell’autore, che sembrerebbero essere stati importantissimi per i risultati conseguiti dallo scienziato con i cittadini di Inverary.

Poe non è una citazione di sguincio. La storia di Sclavi si interrompe e cede il posto a una trasposizione a fumetti del Valdemar secondo Montanari & Grassani, i quali detto per inciso, pur trasformando i personaggi in pupazzetti, sanno rendere le ombre meglio di tutti gli altri disegnatori della serie. Infatti sono spesso loro a darsi da fare con i pennelli se dalla mente di Sclavi caracolla un vecchio villaggio di campagna o un castello infestato.

Poe e il mesmerismo.

Ma sapete chi era Mesmer?

No, non Messner, quello è lo scalatore che beve la Levissima.

Mesner, ritratto sopra, era uno scienziato tedesco, geniale ma controverso, che scoprì il magnetismo animale ed oggi considerato il precursore dell’ipnosi. Poe ipotizzò, in quella coppia di brevi racconti, che un discepolo del mesmerismo applicasse le tecniche ideate da Mesmer per intrappolare l’anima di qualcuno nel momento del passaggio dalla vita a ciò che convenzionalmente definiamo Aldilà. E il mesmerista ci riesce praticando una specie di ipnosi sul moribondo. Facendo così riesce miracolosamente a bloccarlo nell’atto di varcare la soglia e può sottoporlo a un ghiottissimo interrogatorio su tutto ciò che vede, sente o vive durante il fermo immagine del proprio processo di morte.

Rivelazione mesmerica dura poco e per fortuna, perché è una palla. Il caso di Mr. Valdemar è uno dei più celebri e riusciti racconti di Poe. A dire il vero, di orribile vi accade ben poco. Si tratta di uno scorcio sull’ineffabile che non conduce molto lontano la conoscenza dello scienziato protagonista e che si conclude con il sipario truculento abbassato di colpo dalla morte spazientita. Finale memorabile, come in molti dei racconti di Poe.

“Nello spazio di un minuto il suo corpo si rapprese, si putrefece totalmente, disfacendosi sotto le mie mani. Sul letto, davanti a noi tutti, giaceva una massa di liquame, repulsivo, repellente putridume”.

Sembra un testo dei Cannibal Corpse, n’est pas?

Beh, a guidare il dottor Hicks verso la zona del crepuscolo non c’è solo Mesmer. Quasi da subito ricompare, sei numeri appena dopo il “fulgorante” esordio, Xabaras, che sembra aver bazzicato una vecchia torre infestata di un castello di Inverary, mezzo secolo prima (nel 1937) quando in una precedente incarnazione si faceva chiamare Vergerus. E già allora tentava esperimenti sui morti.

Un incendio, che secondo Dylan Dog appiccò proprio suo padre, collega La zona del crepuscolo a L’alba dei morti viventi in un modo che non mi ha mai convinto appieno.

Per carità, può starci che gli appunti di Xabaras/Vergerus, scampati miracolosamente alle fiamme, siano stati poi raccolti e sviluppati da un modesto medico di campagna, il dottor Hicks, ottenendo risultati che lo stesso Xabaras si sarebbe sognato. Ma non so, è come se questa correlazione tra Inverary e Undead, sempre in Scozia, sia sempre stata un po’ forzata, al punto che nel riepilogativo numero 100 non rivela chissà quali sviluppi specifici.

Due cose ho notato rileggendo La zona del crepuscolo. Il primo è che Mabel ha un vestiario davvero improbabile per essere una fanciulla prigioniera di un villaggio scozzese incagliato in un tempo in cui le donne con i pantaloni venivano ancora bruciate sul rogo del giudizio e delle maldicenze di paese.

La seconda cosa è che nonostante i morti viventi, le insidie del villaggio e gli incubi di Mabel, alla fine l’azione è davvero pochina. Nel finale il dottor Hicks non alza un dito contro Dylan e non usa i suoi zombies per togliere di mezzo un pericoloso testimone (ma chi gli crederebbe mai ai testimoni degli horror?) e la storia prende una piega decisamente filosofica, con l’indagatore che maledice e sprezza il mirabolante traguardo raggiunto da Hicks: una non-morte navigata a vista.

L’immortalità, sembra dirci Sclavi, e con lui più direttamente il suo personaggio principale, significa vivere eternamente in una routine di funzioni domenicali, di ricerche sui duchi di Argyll, su uscite garbate in automobile e continui rattoppi anatomici ogni volta che un dito si stacca o un lembo di pelle scivola via dal viso.

Allora meglio disfarsi come Mr. Valdemar, che lascia lo scienziato troppo audace con un palmo di polvere organica sul naso e ancora più domande di prima nella testa.

Ah, Dylan qui non si scopa la cliente. Sarebbe stato necrofilo se l’avesse fatto. Ma a pensarci bene, in altre storie lui scopa donne morte viventi (Morgana) e un po’ necrofilo in fondo lo è, dai.

Se dobbiamo trovargli un difetto, direi che non è la permalosità come dice la Barbato, ma che si scopa i cadaveri di tanto in tanto, da bravo inglese.

Ah, da qui in poi voglio avviare una rubrichetta in appendice.

Si intitola:

“Quanto ha guadagnato Dylan Dog indagando e cazzolando?”

Risposta:

Nulla!

Mabel lo contatta ma non gli manda nessun anticipo. Lui e lei si incontrano poco e male, e non c’è occasione di parlare di soldi. In più Dylan rompe il maggiolone e per ripararglielo, il meccanico zombie gli chiede una cifra da vero cannibale. E lui accetta di pagarla. Alla prossima puntata con… IL RITORNO DEL MOSTRO!