Patrick Duffy – Da Atlantide a Dallas solo andata

Tra i miti che più affascinano da ragazzi, ma per qualcuno anche da grandi, c’è quello della perduta civiltà di Atlantide, che sprofondando sotto il mare, di fatto uccide e annega in toto una popolazione antica, misteriosa e avanzata tecnologicamente rispetto agli altri umani sul pianeta. Non si capisce però come poi qualcuno inventò la storia di esseri anfibi, che prosperano e nuotano allegramente nelle rovine perennemente bagnate e umide sul fondo dell’oceano. Scientificamente impossibile, ma dannatamente intrigante e avvincente. Beh, da questa suggestione ci fu chi decise che il piccolo schermo necessitava di mostrare al pubblico queste avventure.

Tralasciando Aquaman, eroe dei fumetti, al tempo troppo dedicato ai nerd anni 70, non ancora sdoganati come “fighi”, fu così che in America si cercò di far diventare qualcosa di matrice “esoterica” ed epica in un prodotto per il grande pubblico, che negli U.S.A non brilla per cultura e profondità di introspezione.

Il plot di base, ideato da Mayo Simon e Herbert F. Solow, prese così il nome di L’uomo di Atlantide (Man from Atlantis), una serie televisiva statunitense, prodotta dalla Solow Production Company. Il progetto nacque con la produzione di quattro film per la televisione, a cui seguì una serie di 13 puntate (per un totale di 17 episodi), andati in onda sul canale NBC Network durante la stagione 1977-1978.

L’idea, sulla carta vincente, in realtà era un flop annunciato, anche grazie alla feroce critica dei media, che all’epoca lo stroncarono sul nascere. Ad esempio il Washington Post lo definì “poco adatto ai bambini e privo di appeal verso gli adulti”. In pratica, gliela tirarono addosso all’istante; e pensare che i presupposti perché potesse diventare una telefilm di successo c’erano tutti: quattro film per la tv accolti favorevolmente dal pubblico e una serie di albi a fumetti editi dalla Marvel Comics.

La storia narra di Mark Harris, uno strano essere umano dotato di mani e piedi palmati e branchie per respirare sott’acqua, rinvenuto su una spiaggia, dopo una tempesta, dalla dottoressa Elizabeth Merrill, membro della Fondazione Ricerche Oceaniche. L’uomo non ricorda nulla del proprio passato, e la dottoressa lo cura, scoprendo poi che Mark era un uomo anfibio, in grado di vivere sott’acqua e dotato di una forza sovrumana.

I due diventano molto amici, e insieme teorizzano che lui possa essere l’ultimo sopravvissuto del popolo di Atlantide (!!!), suffragando anche la tesi del collega di lei, CW Crawford Jr.

In tutto questo si scopre che in realtà la fondazione non è altro che un’agenzia governativa, che conduce ricerche top secret ed esplora le profondità dell’oceano attraverso un sofisticato sottomarino chiamato Cetaceo. Nel mentre che Mark aiuta la truppa, cerca anche di capire e di ricordare chi era e da dove veniva.

Proprio durante il primo film per la TV, Mark scopre un enorme habitat sottomarino costruito dal signor Schubert, uno scienziato pazzo che ha intenzione di distruggere il mondo, grazie a un arsenale nucleare. L’uomo di Atlantide sventa il piano, ma da quel momento Schubert diviene il suo maggior nemico.

Plot lineare, semplice, presupposti chiari e azioni come da consueta sci-fi americana, niente sotto-testi, niente trame complicate, multiple o con più piani di lettura. Una specie di A-Team subaqueo, insomma.

Visti i costi di produzione altissimi e gli ascolti sempre più in calo in USA, fu cancellato, ma nel resto del mondo invece piacque e non poco. Strano, anzi stranissimo: fu il primo telefilm americano a essere trasmesso dalla Repubblica Popolare Cinese.

In Inghilterra arrivò addirittura a battere Doctor Who negli ascolti, cosa inaudita per i nazionalissimi albionici.

E in Italia ? Arrivò nel 1980 trasmesso da TeleMilano, futura Canale 5, e piacque abbastanza al pubblico dello Stivale, non troppo, non pochissimo.

Tutto sembrava concludersi senza troppo clamore; di programmi che non funzionano e vengono “spenti” in fretta e furia è piena la storia.

Però, proprio grazie al flop, al protagonista Mark, ovvero Patrick Duffy fu chiesto di interpretare il ruolo di Bobby Ewing nella fortunatissima serie Dallas.

Da Atlantide a Dallas in cerca di petrodollari fumanti.

Tra le curiosità che potrei far notare c’è la esigua, anzi scarna dotazione di attori nella serie: solo quattro, ovvero

Patrick Duffy: Mark Harris;

Belinda Montgomery: Dottoressa Elizabeth Merrill;

Alan Fudge: Dr. Crawford;

Victor Buono: Signor Schubert.

Più qualche comparsa anonima sparsa negli episodi. Poco più di un anno di messa in onda, poi l’oblio, fino al marzo 2007 con le repliche su Fantasy e poi su Fox Retro dal 6 giugno 2012.

In tanti revival e ritorni di fiamma delle serie tv (pardon, telefilm) vintage anni 70 e 80, L’Uomo di Atlantide non è stata ripescata e mitizzata come tante altre, e tutto sommato un po’ mi dispiace. Sorvolando sul cowboy di Dallas, lascio a chi legge, scoprire la (nutrita) filmografia degli altri tre attori protagonisti, con qualche chicca davvero gustosa.

Viene da chiedersi, se si fosse continuato a girare altri episodi, se la serie si sarebbe evoluta, complicata, regalando suggestioni sottomarine e forse la risposta finale: Atlantide esiste, e chi la abita(va) ?

Quello che rimane, nella mente di un bambino di 7/8 anni (io) e l’imbarazzante costume giallo di Mark, le mani e i piedi palmati da papera o cormorano, e la buffa nuotata ad “anguilla” di Bobby. Troppo poco per passare dalla storia alla leggenda. (Marco Grosso)