HeavyMMerda’s return! – Il meglio del peggio del metallo in uscita!

Lampi di saldatrici illuminano di blu le finestrelle a bordo strada del covo del famigerato centauro, grida deliranti di bicilindrici maltrattati squarciano la notte, un titubante fattorino arriva con diverse casse di birra, suona il campanello accanto all’ingresso del garage chiuso da una saracinesca coperta di vernice scrostata e velocemente si dilegua, sentendo alle proprie spalle lo sferragliare della stessa che si apre sulla strada semibuia. Trema mondo: sono tornato.
Pronto a denunciare a voi, popolo del metallo, i peggiori tra i peggiori. Con la complicità del mio socio occulto Padrecavallo, sempre capace di ritrovare nell’etere i dischi più discutibili, eccomi qui dopo mesi di silenzio ma più in forma che mai. Birra e benzina non mi mancano, andiamo a cominciare. Sveglia Grimpruzert, mio fido assistente, prendi il primo disco e dai, scegli quello che ti fa meno inorridire e partiamo.

Ed eccoci al primo ascolt… oh, ma questo dove lo hai trovato? Si chiamano Fucking Band, dicono di suonare metal e hard rock e hanno una copertina che non so se definire brutta o vergognosa, certamente adatta a un disco che si intitola Kings Of Memetal. No, non è un errore, ho scritto proprio memetal. E bravo Grimpruzert, hai trovato una bella cosa, tieni bevi una birra mentre la ascoltiamo. La fottuta band (oh, che volete da me, se lo dicono da soli) si ritrae sulla cover con tanto di peli delle ascelle del cantante in evidenza, ed è un disegno ragazzi, l’hanno fatto apposta. Il resto degli elementi disegnati (maluccio) hanno gli strumenti alzati in maniera minacciosa, come a volerlo colpire a sangue e già dal primo pezzo si evince chiaramente il perché di tanto astio. La canzone, introdotta da estratti fintissimi di radio che elogiano il gruppo, ci dimostra quanto il ragazzo americano in questione abbia la indecorosa capacità di farmi amare il tempo che passa veloce. Ascoltare questa schifezza è stato davvero più difficile che sopportare una conferenza di un politico ubriaco in magiaro sottotitolato nella lingua dei Gurr-Goni australiani… e dico così perché si tratta di due lingue che proprio non conosco, nonostante io sappia che nella lingua dei Gurr-Goni la parola aeroplano rientri nella categoria “verdure”, ma questa è un’altra storia.
Giuro.
Una menzione anche ai testi, che sembrano ripetere che il massimo del machismo sia, a parere di questi geniali musicisti, suonare con “All Dicks Out For Heavy Metal”.

Ok, come primo disco dopo il lungo silenzio non c’è male, speriamo che qualcuno li punisca severamente, io mi vergogno di averli ascoltati e voi tutti sapete cosa ho avuto il coraggio di sentir uscire dalle casse del mio stereo! Ritmica scontata, chitarra meno che mediocre, voce da fucilare ridendo a crepapelle con il pisello di fuori. Presto, datemi una birra.
Scartabelliamo in cerca di qualcosa di meno terribile dai, deve pur esserci qualche perla!
Ecco qui un lavoro nemmeno brutto, un disco thrash senza infamia né lode, forse un po’ datato come sound e un po’ scontato, ricalca i cliché di genere senza mai eccellere veramente, ma tutto sommato lo salvo dal giudizio perfido del sottoscritto… se non fosse per la copertina!

Parasitic Humanity degli inglesi Halbeard non avrebbe comunque fatto gridare al miracolo, ma si sarebbe potuto anche ritrovare con qualche estimatore, se non fosse per la scellerata opera di un disegnatore dalla capacità creativa di un geometra del comune, oltretutto bravo come pochi nello sfornare disegni brutti (ma brutti).
Ma dico io, avevano paura di venderlo? Perché così com’è non c’è pericolo che succeda! Dalla mediocrità al baratro il salto è stato breve. Avanti un altro che c’è posto!

Già che sono lanciato scelgo per voi ancora un lavoro dalla copertina triste, ma triste davvero! Gli Hardrocker, che in realtà sono la one-man band di tale Moy Hardrocker, questo tipo qui:

di Città del Messico. Fa tutto lui, più un qualche assolo inciso dai suoi amici. Moy sforna un album che strizza l’occhio a gruppi sulla scia dei vecchi Venom ma più rock and roll e meno metal, ovviamente suonati così così da un tizio che fa tutto lui. Per qualche misterioso motivo nel cantato ha infilato qua e là degli acuti terribili, e già questo mi avrebbe convinto a non consigliare l’acquisto del disco a un pubblico senziente anche senza guardare la copertina, ma ahimè l’ho vista. Ora la pubblichiamo così ve la potete rimirare sghignazzando anche voi. Schifezza degna di Heavymmerda o capolavoro incompreso?


Dall’Argentina arrivano invece i Vapuleador, gruppo che, alternativamente, cerca di ottenere un effetto alla Slayer con l’uso di una chitarra solista che ricorda vagamente le ultime fatiche del duo Holt/King (senza avvicinarsi allo stile e alla dirompente violenza della band americana) o si orienta verso fonti di ispirazione classiche del metallo più comune degli anni novanta. Come? Se ho smesso di ascoltare il disco già a questo punto? Ma no, figuratevi, il lavoro della chitarra solista è il lato migliore di ciò che si propone in questo Cantico Al Cosmos! Già sul fronte musicale, quindi, c’era un sentore di scopiazzamento, riuscito solo in parte, anche per la sezione ritmica incazzata ma non raffinata a sufficienza che ogni tanto si perde in maniera a mio avviso incoerente. A questo aggiungete una voce proprio brutta che, in spagnolo, bofonchia testi ridicoli senza avere lo spessore o la forza necessari per risultare meno che ridicola. Metteteci pure, qua e là, dei coretti al limite del demenziale che fanno il verso a questo strazio e avrete un’idea abbastanza vicina al vero del livello raggiunto. Sentenza vostro Onore? Ovviamente colpevoli. Concediamogli l’appello visto che i ragazzi ce la mettono tutta, in fondo non sono proprio così terribili (a parte il cantante, che spero si renda conto da sé e si dedichi ad altre attività) e potrebbero fare di meglio senza difficoltà se si mettessero d’accordo sulla linea da seguire. Intendo prima di suonare, non durante. E taccio sulla copertina stavolta, parla da sola.

Ora tenetevi forte, sta arrivando il disco della settimana, quello che se ve lo regalano e li picchiate a sangue nessuno potrebbe condannarvi, che se lo ascoltate una volta per intero, una settimana dopo potreste ritrovarvi piegati in due dal ridere senza sapere perché. Lo abbiamo cercato per voi ed eccolo qui, brutto da vetrina, in questo The Ultimate Nuclear Core Explosion dei Terror Firmer non si salva nulla. Ma proprio niente. Premetto che il grind a me non piace, l’elenco di gruppi che mi hanno impressionato favorevolmente nel genere in questione è davvero breve e non seguo tale scena più di tanto, ok, questo può avermi portato a guardare l’ennesimo disco in tema con sospetto. Un album che si presenta con una copertina come quella di questo capolavoro, poi, già di suo parte male.

Il disegno è veramente brutto da ogni angolazione, tanto che vi ravviso un che di affascinante per quanto risulta triste e scarno. È talmente brutto che ne ho cercato l’autore e l’ho trovato (ha stato lui, vostro Onore, ce lo giuro) sul bandcamp della Despise The Sun Records (che ha prodotto tale scempio). Posso guardare per venti minuti la copertina di questo the Ultimate etc etc non provando nulla, una sorta di deprivazione sensoriale indotta dalla repulsione. La faccetta rinco del mostro in primo piano che vomita, il doppio fungo nucleare da esplosione sullo sfondo (uno non bastava), lo scheletro al volante dell’auto che pare stitico più che disciolto da una qualche forma di radiazione… Non potevo non ascoltare un cd del genere. Intro, voce registrata che ci dice che moriremo tutti. Credo tratta dal doppiaggio italiano de I Morti Non Muoiono, la commedia con Neil Murray, sbaglio? Poi comincia la musica, vai con le danzeeeee: dal primo al sedicesimo e ultimo pezzo (se non contiamo la intro) si sussegue un mix di sezione ritmica che martella senza infamia e riffoni di chitarra su riffoni di chitarra, il tutto condito da una voce che alterna growl e scream in un miscuglio difficilmente sopportabile da orecchio umano. Ora, a qualcuno potrebbero piacere. Non so a chi, sinceramente, ma a qualcuno potrebbero piacere. Tecnica: Non valutabile, da ciò che ho ascoltato poca, sarò sincero, ma almeno a volte vanno veloce. Questo glielo devo. Risultato? Accolti con piacere nella rubrica che punta il dito contro il peggio del peggio siore e siori! Ho anche cercato di trovare un pezzo da preferire agli altri, ma davvero ragazzi, non c’è stato verso. Anche il povero Grimpruzert il Macinateschi si è rintanato nella sua gabbia e rosicchia ossa non ben identificate guardando torvo le casse dello stereo. E non ha visto la copertina.
Piuttosto che riascoltarlo mi bevo una lattina di olio per motori.

Passiamo ad altro, che è meglio. È il momento buono per gli Steaksauce Mustache. Sì sì. Camice hawaiane, suoni stridenti e irritanti, copertine dai disegni lisergici anni settanta e tanto umorismo da diventare demenziali contraddistinguono la band, che però non mi fa ridere più di tanto. Canzoni fatte apposta per mostrarci la loro capacità di cambiare tempo molto spesso (eureka!) e una voce miagolante che mi risulta noiosa dopo trenta secondi, boccacce, colori fluo e aria californiana. Basta, non ci ho visto altro. Il disco in mano mia (muhahahahaha-risata inquietante) è All Juice No Noise e spero sia l’ultimo perché loro ci si mettono a cercare di farci ridere, ma a me non trasmettono che noia. Se voglio ridere ascolto i Green Jelly, almeno sono sicuro che funzionano. Che noia terribile, al terzo pezzo sono sfinito. Al quinto invoco l’estinzione di massa. Alla fine del disco di essere comprensivo non se ne parla proprio.
Per me è no, non mi ci trovo proprio, non sono di mio gusto.

Ho raggiunto il mio limite per oggi, vieni fido assistente, prendiamo le moto e andiamo a fare un po’ di casino, scoliamoci qualche birra. In fondo la vita è tutta un gioco, basta non prenderla seriamente. E smettila di canticchiare quella robaccia che poi ti sogni le cose brutte!