L’altro giorno ho accompagnato a Viterbo mia figlia. Voleva sperperare le sue mance in vestiti e mi ha chiesto espressamente di portarla da H&M. Ogni volta che sento questo nome non so bene cosa provare. Da una parte mi suona bene, penso che ai miei tempi, una rivista che acquistavo e leggevo si chiamava più o meno così: Accaemme. Papà andiamo da Accaemme? Quando la bimba mi dice così, io immagino di andare a trovare Barone a casa sua. Mi spiace che sia morto, riposi in pace. Dall’altra parte, sentendo H&M so bene che oggi è solo un negozio di vestiti moderecci, assediato per lo più da adolescenti foruncolosi, Si chiama H & M, ma di heavy ha solo i prezzi. Quanto al metal ci sono le magliette dei Metallica accanto a quelle dei Nirvana, a quelle dei Britney Spears e alle felpe di Stranger Things. Ma so che non c’è niente di più lontano dallo spirito del vero metal di quelle t-shirt metalliche appese sulle grucce di H&M.
Ma non è di questa catena di abbigliamento che volevo parlarvi. Una volta finito con gli acquisti, io e la figliola siamo passati davanti a un’edicola. Le ho chiesto di aspettare un attimo. Prima di tutto mi sono accertato che fosse ancora viva, l’edicola. Non è scontato. Proprio la stessa mattina, attraversando le strade della città ho registrato a malincuore, almeno un paio di decessi. Edicole chiuse per sempre, dopo non so quanti anni di vita fertile e promiscua. Anche a Civitavecchia, vicino a casa di mio cognato, ce n’è una storica, con la scritta vendesi e ai lati riviste del 2021 e vecchi Dylan Dog sbiancati dal sole.
Ma torniamo all’edicola ancora aperta. Sul fianco, in vetrina ho avvistato dall’altro lato della strada, le solite riviste musicali e di cinema. Sono andato a dare un’occhiata e ho scattato poco dopo la foto che vedete sopra. In effetti c’è ancora una bella ammucchiata. Non si trovano più i Classix del Fuzz, ritiratosi dai canali distributivi tradizionali anche lui, ma riorganizzandosi come autarchico fanzinista delux. Gli auguro ogni bene, naturalmente.
Il resto è ancora tutto più o meno lì, persino Nocturno. Sapevo che si era ritirata per vendere solo su abbonamento oppure on line e invece eccola ancora lì, indefessa.
C’è la famigerata collana di libri sul Metal tradotta dal francese. Qui siamo arrivati al numero sugli AC/DC. Mi hanno detto che è davvero troppo costosa per farla tutta. Poi c’è un patetico tentativo di indottrinamento rock-metal dei soliti tipi di Coniglio. Dopo il flop fragoroso di Hard Rock, tornano alla carica con delle monografie su Black Sabbath, Kiss, Deep Purple e Iron Maiden. Non se ne può più.
Della stessa famiglia escono ancora Classic Rock, Prog e dei volumi speciali su cantautori e band storiche varie. La solita fuffa. Quanto ancora avete bisogno di rileggere la storia dei Metallica? No vi domando, cosa non sapete ancora su quei quattro bolzacchioni del thrash? Evidentemente qualcosa cercate. Altrimenti Sprea smetterebbe di pubblicare l’ABC del rock a oltranza.
Guardando la vetrina dell’edicola ho notato Suonare e Amadeus, due testate rivolte al vero grande passato della musica. Non me le sono mai cagate, ma oggi mi viene in mente una cosa. Forse i pachidermi del rock editoriale potrebbero imparare da chi si occupa della Musica Classica e della Lirica. Quelli scrivono di compositori morti da duecento anni e di un genere che non produce più nulla di nuovo da almeno un secolo. Di che cosa possono scrivere? Di come e dove un regista metterà in scena la Turandot? Però eccole lì, le due riviste. Nessuna piange della scomparsa di un mondo, forse perché il mondo di cui raccontano all’infinito è ormai immortale, assimilato dalla Storia e nessuno lo schioderà mai da lì. Noi non siamo sicuri mica che fra trecento anni, qualcuno ancora vorrà scrivere dei Kiss!
E in mezzo a tanta settorializzazione, che ormai sembra la condanna di ogni futuro, ecco a voi Blow Up, dall’alto dei suoi sette euro e del solito, nutritissimo numero di pagine, propone classifiche cinematografiche 2022, classifiche letterarie 2022 e classifiche musicali 2022, più uno speciale sulla techno 85-90 o giù di lì. Alla faccia di chi pensa che sia una rivista di musica rock. E che rock? Mai capito di quale rock parli Blow Up, però mi piace la dialettica, adoro chi collega le cose, crea connessioni tra argomenti in apparenza disparati, anziché segmentare, ridurre tutto a una serie di angusti comparti stagni e stagnanti.
Quindi onore ai tipi di Blow Up che ancora tengono botta. Ho pensato addirittura di acquistare il numero. Poi però mi sono detto che di top venti e trenta del 2022 ne ho piene le palle, visto che sul web non si fa altro che pubblicare elenchi di ciò che ci siamo persi, non abbiamo visto, capito, valutato abbastanza o ignorato completamente. Che bisogno ho di leggere altre classifiche sulla carta? Sono liste dell’eterna spesa compulsiva a cui siamo tutti più o meno avvinti. E poi sospetto che molti siti, le classifiche, se le copino.
Ma su Blow Up c’è anche la techno anni 80-90. Cavolo, proprio ciò che volevo leggere!!!
Scherzo. Però è interessante, dai. La techno anni 80-90… Ai miei tempi sembrava una cosa tanto moderna e infrangibile. Ora è decadente e purulenta come la città che la partorì: Deadtroit.
Ma chi avrà scritto l’articolo sulla techno? Uno che se ne intende davvero o uno scribacchino smanettatore pronto a desumere un pezzo rubacchiando sapienza in rete e rigurgitandola sulla carta?
Insomma, ho rimesso in tasca il portafogli e ho detto a mia figlia che mi spiace le edicole chiudano, ma quando il mondo cambia, bisogna arrendersi, prima o poi.
“Però un momento, aspetta”, le ho detto. E ho sbirciato Rock Hard. Cavolo, è ancora viva. Esce tutti i mesi. Diciamo che è un po’ come quello che si dice sul volo del coleottero. Vola perché non sa di non poter volare.
Rock Hard esce e vende in edicola, nonostante le edicole chiudano a vista. Certo, è sempre sempre più piccina, denutrita, con una carta magra e poco resistente, pure per le uova, temo. Non ho neanche capito cosa abbiano messo in copertina. Eppure eccola lì, cazzo, resiste, a testa bassa. Devo riconoscerglielo, un po’ come le cartine stradali, le Polaroid o il Rock.
La cosa migliore della foto, mi ha fatto notare Marco Grosso, è il manico della scopa. Vi giuro che non l’ho messo io lì ma lo trovo davvero pregno di significati. Volete che vi dica quali?