Salve, cari mangiabiada a tradimento. Come state? Qui noi ce la caviamo. Passiamo giorni di fermento, come fossimo birre vere e proprie, anziché cavalli illusi di essere uomini. Come mai fermentiamo? Beh, non fate finta di cadere dal pero, neanche foste dei tipi maturi. C’è di mezzo la versione cartacea di SDANGHERRRRR! Tadànnnnne!
Di cosa stiamo parlando? Vediamo se riusciamo a chiarirvi la faccenda. Non si tratta di una fanza. Le fanze nascono per supportare appassionatamente gli sforzi creativi di un artista, mentre noi al contrario preferiamo scoraggiare gli artisti, sia che ci piacciano o meno. Poco è sempre meglio. Se devi realizzare un brano, pensaci mille volte. La tua vita è solo una e anche la nostra.
Avete idea di quanto sia aumentata la produzione di album dal 2020? Troppissimo!
Esatto, ora che il mercato discografico è praticamente morto e la musica è deframmentata in streaminziti mp3, il mondo metallico cosa fa? Realizza più album che nel 1989. Sulle piattaforme pirata compaiono almeno sessanta titoli nuovi al giorno e se ne scoviamo uno decente è grasso che cola, come disse Benigni vedendo Giuliano Ferrara ad agosto a fare la fila alla posta.
Ma noi non siamo meglio.
Ora che la carta è scaduta, le edicole chiudono, le riviste si trasformano in depliant promozionali ed eccoci che realizziamo e proviamo a vendere una… ehm, cosa????
Diciamo una HORSEZINE, d’accordo?
E ora che vi ho detto cosa siamo, vi dico anche cosa NON siamo e NON saremo mai.
Noi non sosteniamo i gruppi di cui scriviamo e non simpatizziamo con l’humus odorifero metallaro.
Non siamo per l’amarcord o le liste compulsive da acquisti collezionistici.
Non ci piace neanche restare nell’orticello specialistico della musica heavy.
Noi sosteniamo noi stessi, in quanto cavalli, in quanto uomini cavalli e in quanto cavalli uomini che ascoltano metal, guardano film malsani e burini, consumano consapevolmente grandi quantità di pornografia on line e leggono storie di spettri libidinosi.
Noi siamo la fanza di noi stessi e scriviamo per noi stessi, sperando di allargare il più possibile, anzi, divaricare, (che è un verbo molto più allettante), la nostra e la mente di chi ci segue.
Non ci nascondiamo dietro la libertà d’espressione, siamo tipi davvero problematici, in perenne conflitto con tutto e tutti, specialmente la mamma. Siamo liberi di scorrazzare nel recinto in cui ci hanno chiusi.
Cerchiamo di evadere dal recinto suddetto zompando a grandi riprese, massacrandoci gli stinchi ogni giorno sul legno staccionante del pensiero riduzionista deathsterso e sulle incrollabili calcificazioni mentali dei trenta-cinquantenni che ancora danno una possibilità all’ultimo dei Metallica ma non vogliono sentir parlare degli Ecclesia o degli Avenged Sevenfold.
Sdangher cartaceo non è un concentrato di provocazioni e trollesche menate. Per quelle c’è il web. Sulla carta abbiamo trasferito il nostro lato più impegnato, per approfondire, argomentare e sentenziare su quello che ci smuove il cranio e il codone, si tratti di un vecchio film sado-cyberpunk o di un gruppo tra i più fraintesi di sempre. Nel caso specifico del primo numero: i Pestilence del periodo Spheres.
Sto cercando di vendervi una boccata d’aria, teste di minchia. Non ne avete abbastanza delle recensioni di Metallonepuntoorgia? Non ne avete abbastanza dell’ennesima intervista promozionale di Cock Hard ai Volbeat? Non vi interessa piuttosto conoscere quando e dove il metal vi è passato davanti senza che ve ne siate accorti in anni e anni? Non volete conoscere il legame profondo tra Jerry Calà e i Venom? Insomma, basta, per cosa stiamo facendo tutto ciò?
Per denaro, ovviamente, ma anche perché ci piace salvare il mondo dal tedio completista e negazionista che affligge intere generazioni di talleri, nascosti ormai tra le chiappe di un divano e l’ennesima serie nostalgica sui fottuti anni 80.
Insomma, Sdangher 1 è vivo, è reale e aspetta di partire per le vostre puzzolenti e polverose stamberghe e ravvivarvi le papille gustative da lettori ancorati a un telefonino del cazzo, con articoli che riconducono l’ironia al vero metallo, come i bei tempi di Metal Shock e soprattutto che alzano la posta, e non solo quella vera, dove siamo praticamente trasferiti negli ultimi giorni a mandar via pacchi su pacchi.
Insomma, cosa aspettate? Rivendicate la vostra copia di Sdangher. Vi promettiamo che sarà come una boccata di mentolo purissimo nel vostro sfintere mentale intasato di top ten di fine anno e di sfighe polemiche sotto l’ombrello fascistonto di Phil Anselmo.