Questo film non sarebbe stato fatto se non fossi un genitore. Ho osservato i miei figli e ho ricordato la mia infanzia, il che mi ha dato molti stimoli per l’idea del copione. Sicuramente ottieni una nuova sensibilità, non da ultimo attraverso la paura che qualcosa di terribile succeda a tuo figlio. O che tuo figlio faccia qualcosa di terribile. (Eskil Vogt)
Hanno già pensato la definizione più suggestiva per descrivere The Innocents, il ché vuol dire che non devo sforzarmi (inutilmente) di farlo io. Non so chi sia il responsabile ma è perfetta: “Lasciami entrare vs Peanuts“. Che poi è una semplificazione, ovvio, ma rende l’idea al volo e ci permette di arrivare dritti al punto.
Dunque, De uskyldige è un film norvegese, diretto da un certo Eskil Vogt, di cui mi prometto di recuperare l’altro film che ha diretto (Blind) e quello che ha scritto (Thelma), nella vana speranza di ritrovarvi la stessa bravura, ispirazione e maturità che ho gustato in questo suo secondo lungometraggio.
Un film del genere non ti capita di farlo più di una volta, a meno che tu non sia Scorsese o Bergman. Magari Vogt è un nuovo astro cinematico, ma non mi illuderei. Oggi la carriera di uno che abbia davvero una visione personale (o che insegua la propria visione personale) collassa dopo due-tre film indipendenti tribolati o sparisce nel mainstream.
Specie chi gioca duro come Vogt in The Innocents.
Penso che i bambini siano al di là del bene e del male o meglio, che siano “prima” del bene e del male. Ma non penso che i bambini siano angioletti, che le persone nascano pure. Penso che i bambini nascano senza alcun senso di empatia o morale, dobbiamo insegnare loro queste cose. (Eskil Vogt)
Un film del genere non può avere successo perché racconta l’infanzia come nessuno vorrebbe mai saperla. Non stiamo parlando dei bambini assassini di Serrador sull’isola o i piccoli alieni de Il villaggio dei dannati e Baby Killer, qui stiamo parlando dei nostri figli.
Ida (Rakel Lenora Fløttum) non ha nessun super-potere che spieghi la sua cattiveria gratuita nei confronti della sorella o degli animali ed è lei che davvero lascia il segno. Una bambina bionda adorabile, con una spruzzata di lentiggini sul naso e due occhi azzurri come solo il grande nord riesce a procreare.
Non è un mostro sotto mentite spoglie (vedi The Bad Seed) ma una bimba comune. Ha una sorella autistica, Anna (Alva Brynsmo Ramstad) e si diverte a strizzarle con forza la pelle del braccio o della gamba. Arriva addirittura a infilarle del vetro nella scarpa.
La povera Anna non sembra reagire al dolore e questo forse fa sentire meglio Ida, ma non abbastanza da tornare a sfogarsi con lei. Chiaro che la mamma delle due bimbine sta sovraccaricando la sorellina minore di responsabilità verso Anna. La piccola deve rinunciare alle sue vacanze per via della sorella e spesso è costretta a controllarla e badare a lei quando esce a giocare.
Anna mugugna, guarda il vuoto, trascorre ore a lasciar cadere in terra i coperchi delle pentole, festeggiando con un vago sorriso il chiassoso rumore che fanno.
A un certo punto Ida conosce Ben (Sam Ashraf) un bambino solitario, bullizzato dai giovani nordici per via del suo aspetto arabesco. Lui però ha una capacità speciale. Riesce con la forza del pensiero a muovere degli oggetti, a patto che siano molto leggeri. Non facciamo in tempo a provare simpatia per Sam che il piccolo figlio di puttana ci mostra quanto la sua cattiveria raggiunga vette che la piccola Ida può solo rimirare spaventata dal basso.
In una escalation davvero poco amabile di questi tempi, Sam coinvolge l’amichetta nella distruzione di un formicaio, le torture a un povero verme della terra e infine l’uccisione di un gatto in una scena ai limiti della sopportazione generale. Ecco allora che la nostra empatia nei confronti dei due piccini recede.
Eppure, sembra dirci Vogt, non dovremmo fermarci a questo punto, perché Ida e Sam sono bimbi normali, e non dobbiamo ingannarci a fare il confronto con un’altra bimba ancora: Aisha (Mina Yasmin Bremseth Asheim), ragazzina adorabile di origini nord-africane che ha un contatto telepatico con l’autistica Anna.
Aisha e Anna non solo comunicano, ma come gemelle siamesi separate alla nascita, vivono le stesse esperienze fisiche, indipendentemente da quale delle due le sperimenti. Quando la seconda si ferisce il piede per via del vetro che la sorella le ha messo di nascosto nella scarpa, Aisha prova dolore e vede sangue sul proprio piede.
Ma dicevo, Sam e Ida non sono tanto diversi da come eravamo anche noi da piccoli. Ricordo di aver torturato delle lucertole e dei gatti assieme ai miei amici e una volta tentammo persino di avvelenare il ragazzino scemo che viveva nei pressi di casa mia, facendogli credere che le pastiglie che gli offrivamo fossero delle caramelle buonissime… mentre invece erano, esatto, veleno per topi.
Avevo sette anni e vivevo tutto questo come un gioco. Per fortuna il ragazzino ritardato non lo era abbastanza da abboccare al nostro scherzo cretino, e lo ringrazio ogni giorno.
So che i serial killer da bimbi cominciano prendendosela con gli animali prima di passare ai propri simili, ma non tutti i bimbi che tormentano, fanno a pezzi dei piccoli roditori o dei gattini, poi diventano dei serial killer. Sarebbe davvero troppo facile, no?
Molti di loro passano una fase come quella e poi la archiviano, crescono, hanno figli e gli insegnano la tolleranza e la comprensione del prossimo, come faccio io con le mie bimbe.
Quando Ida si rende conto che il suo amichetto Sam è capace di schiacciare la testa di un gatto moribondo e ridere del rumore che fa il cranio spappolato sotto la sua suola della scarpa, si allontana turbata da lui e dopo quel momento inizia anche a evitare di ripetere certi giochi crudeli con gli insetti e con sua sorella, come se il superamento del limite la inibisca su tutta la linea.
Vedere la violenza e l’odio di Sam la spingono verso un nuovo equilibrio. Ecco perché non possiamo odiare Ida e sminuirla pensando che è solo una piccola arpia. Lei è qualcosa che cresce e che si trasformerà in una brava persona. Sta solo esplorando se stessa, anche attraverso azioni che noi giudicheremmo sbagliate.
Ho letto di uno studio di psicologia infantile in cui un bambino colpisce l’occhio di un animale. Non è necessariamente un segnale di pericolo, i bambini stanno sperimentando e l’empatia si evolve con ritmi diversi a seconda di ogni piccolo individuo.
La moralità inizia con i tuoi genitori che dicono cosa è giusto e sbagliato, ma un vero senso di moralità potrebbe essere radicato già dentro di te, è quello che senti essere sbagliato senza che nessuno ti spieghi il motivo. (Eskil Vogt)
Del resto noi adulti siamo capaci di compiere azioni tremende. Possiamo uccidere la nostra fidanzata e occultarne il corpo. Potremmo sbarazzarci di nostro figlio. Il retto sentiero della giustizia morale è un cordone ombelicale che svanisce nel buio e noi restiamo aggrappati a esso, inoltrandoci nelle tenebre fredde e talvolta afose dell’incertezza esistenziale.
Sam Packinpah dice la stessa cosa che sto scrivendo io in poche immagini fulminanti de Il mucchio selvaggio, quando si vedono dei ragazzini che gustano lo spettacolo di uno scorpione divorato dalle formiche.
D’accordo, lo scorpione del deserto messicano è terribile, letale, se lo merita eh, mentre un gatto che è carino, dolce e fuffoso no, ma i bimbi non stanno giudicando, sono solo affascinati. E anche gli innocenti di Vogt sono curiosi di vedere cosa succede se, lanciando dalla finestra del terzo piano un gatto, questi morirà o si salverà, come dicono le leggende delle nove vite.
Non sto giustificando certe azioni, sia chiaro, dico solo che i bambini non sono innocenti, come sostiene provocatoriamente il titolo del mio film. Nessuno lo è in questo mondo, e non esiste un’età in cui siamo innocenti e poi diventiamo corrotti. Ci sono dei piccoli assassini e dei piccoli ladri e soprattutto dei piccoli figli di puttana che possono compiere le cose più abiette con il sorrisino e la leggerezza degli spot Kinder. (Eskil Vogt)
Vogt ha scritto la sceneggiatura di The Innocents dopo essere diventato padre e questo non è un caso. Una volta che facciamo dei figli nostri cominciamo a capire quanto tutto sia spaventoso anche in ciò che dovrebbe rappresentare la cosa più innocua e buona del mondo. Lo sguardo di un figlio, le sue inaspettate aggressività, le meschinità che ci affrettiamo a sopprimere con una punizione, tutto questo ci terrorizza. (Anche se non è nulla rispetto a quando diventerà un adolescente. Per descrivere quel senso di minacciosa estraneità, bellica e imprevedibile c’è voluto L’esorcista)
The Innocents è sbalorditivo per la bravura dei piccoli attori. Ha un ritmo lento ma è il ritmo giusto per questa storia. Vi farà male, vi lascerà a terra e vi spaventerà di brutto. Se è ciò che volete provare accomodatevi, altrimenti tornate a fotografare i vostri gattini, felici di non aver mai fatto dei figli vostri.