Pongo, pastelli e le copertine metal brutte

Inutile giraci intorno, escono troppi dischi heavy metal in Italia, di cui la maggior parte oscilla tra il brutto e l’inutile. Produzioni e canzoni risibili per la maggior parte, certo, ma di questo ne parleremo in un altro articolo. Il focus di questa analisi è che tante band non riescono, non vogliono o non capiscono, è che se vuoi avere una chance di farti notare in mezzo a ottomila uscite settimanali, devi ALMENO cercare di distinguerti a livello visivo, per darti una possibilità in più.Sul piano grafico, ovvero logo, copertine e presentazioni che contengono testo e immagini, si assiste a una fiera dell’orripilante. Artwork inguardabili, fatti dal cugino Pasquale, con accostamenti cromatici sbagliati, disegni infantili, clipart e immagini prese da Internet tutte uguali, oppure completamente anonime, magari fatte in grafica digitale con grande sciatteria.

Non parliamo poi dei loghi, la maggior parte di questi realizzati con i soliti caratteri e font di Word, che non hanno nulla di personale. Ok, fai black metal e sbatti un Old English Text tutto maiuscolo, stile Bathory, e sei esattamente uguale a centinaia di altri.

Che ti chiami Black Ossian, Satan Jugulator o Infernal Minestrina, si confonderanno tutti in quelle foto in bianco e nero di paesaggi invernali, o della band tutta pittata da panda ubriaco.

I loghi del power metal tricolore sono spesso un tripudio di spessori luccicanti, ombre taglienti metallizzate, anch’essi fatti con caratteri anonimi “riverniciati” d’oro e d’argento sul Photoshop craccato da zio Tano; i soliti barocchismi alla “Castello delle Cerimonie” che in confronto il Rondò Veneziano sembra una band pornogrind che si inchiappetta il pono pommellato.

Il peggio del peggio l’ho visto però nel settore “core, groove, post – qualcosa”, dove con la scusa dell’essere alternativi si usano robe stilizzate male da Paint, in genere con effetto “grunge texture”, chissà come mai, o rosso sangue o verde slime. Il classico teschione urlante di Photo Stock ormai grida pietà, da quante volte l’hanno (ab)usato, nei loghi delle radio sul web e su certe webzine mai sentite nominare, che poi hanno la scritta in Arial Rounded un po’ sbiadita.

Sulle copertine poi stendiamo un velo pietoso: sotto un certo livello di “professionalità” (chissà che cazzo vuole dire? O ci campi e sei davvero un professionista, o il termine non dice nulla), il florilegio di pastelli a cera digitali è la regola.

Sento spesso dire da tanti imberbi “musicanti metal” che “eh siamo poveri come i pastori del Gennargentu in cassa integrazione” oppure “sì vabbè, i soldi li usiamo per comprare i pedalini della chitarra, mica per ste cose inutili” o anche “La musica è la sola cosa che conta, se siamo bravi possiamo anche avere la copertina tutta nera e ci apprezzeranno lo stesso”.

Cazzate, cazzate e ancora cazzate!

Tanti di quelli che dicono di non avere un soldo bucato, poi li vedi al sabato sera bruciarsi 50 euro tra birre e alcolici al pub. Vi svelo un segreto (di Pulcinella): se la vostra band già è anonima sul suono, sui pezzi e sul look, se anche la copertina e il logo sono tra quelli sopra citati, siete letteralmente FOTTUTI.

Pensateci, e date retta a un vecchio di merda come me, che già c’era negli anni 80: quanti dischi del cazzo avete comprato perché LA COPERTINA ERA BELLISSIMA?

Siate sinceri, su, un discreto numero, eh?

Non tutti possono essere i Manilla Road di Crystal Logic, che dietro a una merdata di cover celavano un capolavoro. Quindi fatevi furbi, spendete e commissionate un lavoro professionale, nel vero senso della parola, vale a dire che pagate qualcuno per farlo. E non vostro fratello Pippo ma chi ha buon gusto, lo fa di mestiere e sa come realizzare qualcosa che possa colpire nel segno.

Un logo personalizzato e altamente competitivo lo puoi trovare già con 7 – 8 euro, e un artwork a colori dettagliatissimo, con 50, 60, 70 euro. In bianco e nero, sempre professionale, anche 40 euro.

Dove ?

Eh sbattetevi per trovarlo, se cercate bene andrete a colpo sicuro, il bello di crescere come band è anche questo. Se già in partenza non ci credete manco voi in quello che fate, perché dovrebbero crederci gli altri?

Se poi vi basta suonare al Circolo dei Pescatori di Lucci a Casal Borlotto due volte all’anno per la cena sociale, allora come non detto, anche il drago disegnato con i pennarelli Carioca dal cuginetto Gennarino con il logo in Times New Roman va benissimo.

Ecco perché poi qualcuno va avanti e bene anche all’estero, competendo ad armi pari, mentre gli altri si lamentano sui social perché “nessuno mi compra il cd”. Cosa c’è in copertina? Topo Gigio sbudellato dallo Scrondo dipinto dal nonnino e il logo in Comic Sans “Steel Iron Black Attack”?

Tempo di rimozione dalla mente del vostro artwork: 4 secondi.

E per ora mi fermo qui. Carta, penna , forbici e matite, l’Art Attack del Metal Italiano è in pieno fermento, e la stirpe di “ammiocuggino che disegna bene” non sembra estinguersi mai.

(Marco Grosso)